L’Italia sta spendendo meno fondi del previsto dal Pnrr: tra ritardi e rincari, cosa sta succedendo
L'Italia nel 2022 spenderà, per il Pnrr, circa la metà di quanto aveva stimato inizialmente. È quanto scritto nella Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza pubblicata dal ministero dell'Economia, ed evidenziato da un'analisi di Openpolis. La spesa in meno non è un segnale positivo: significa che molti cantieri non sono ancora stati avviati, e che i tempi dei lavori dovranno procedere più velocemente per chiudersi entro il 2026.
Circa due settimane fa, Giorgia Meloni e Mario Draghi hanno discusso sul punto: la leader di Fratelli d'Italia ha detto che ci sono "evidenti ritardi" nell'attuazione del Pnrr, mentre il presidente del Consiglio in carica ha risposto che "se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi". In effetti, alcuni giorni prima la Commissione europea aveva confermato che l'Italia avrebbe ricevuto la seconda rata di finanziamenti, pari a 21 miliardi di euro, perché le 45 scadenze fissate per i primi sei mesi del 2022 erano state raggiunte. Anche per la terza tranche di pagamenti, secondo il governo uscente, non dovrebbero esserci problemi.
Tuttavia, la Nadef riporta che quest'anno l'Italia spenderà molti meno fondi europei di quanto aveva previsto, perché diversi lavori non sono ancora aperti. Questo deriva in parte dall'aumento dei costi delle opere pubbliche (materie prime, energia…), ma anche dalle complesse procedure burocratiche richieste dal Pnrr. Il Piano prevede che tutti i progetti siano conclusi entro il 2026 ma, data la storica difficoltà italiana a investire i fondi europei, questo richiederà uno sforzo importante.
Su un totale di 191,5 miliardi di euro che l'Unione europea ha assegnato all'Italia fino al 2026, nel 2022 il Documento di economia e finanza (Def) prevedeva di spendere circa 29,4 miliardi. La Nadef, che come suggerisce il nome ha aggiornato il Def, ha abbassato quella cifra a 15 miliardi di euro. Praticamente la metà.
La tabella di marcia prevede, quindi, delle tappe forzate nei prossimi anni (e per il prossimo governo): per non sprecare i fondi, l'Italia dovrà investire 40,9 miliardi di euro nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi nel 2025 e infine 35,6 miliardi nel 2026.
Aiutare gli enti locali per risolvere i problemi tecnici e burocratici
"La concreta attuazione dei progetti del Pnrr si sta rivelando complessa", scrive la Nadef. Tra le motivazioni per il ritardo ci sono le pratiche burocratiche, che mettono in difficoltà soprattutto gli enti locali. Spesso, infatti, i Comuni – specialmente i più piccoli – hanno una quantità limitata di personale e di competenze tecniche specifiche. Per questo, il governo ha previsto delle iniziative come l'assunzione temporanea di personale da parte delle amministrazioni coinvolte.
Si tratta, però, di 1000 esperti per gli enti locali (un numero limitato, che equivale a poche decine per ciascuna Regione) e di 2800 assunzioni per le pubbliche amministrazioni del Sud Italia, dove però si sono già registrati diversi casi di mancata accettazione della proposta di assunzione. Il motivo, probabilmente, è la retribuzione scarsa e per un tempo determinato. Perciò, il governo ha impiegato altri funzionari pubblici con competenze simili, ma senza nuovo personale il ritardo non è stato diminuito.
Ridurre i costi delle materie prime e dell'energia
Per la pubblica amministrazione, i ritardi nell'avviare i lavori sono arrivati anche dall'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime. Tra le misure previste dal governo per intervenire ci sono l'annullamento delle aliquote per l'elettricità, la diminuzione di quelle per il gas e dei contributi straordinari alle imprese sotto forma di credito d'imposta, oltre alla riduzione delle accise e dell'Iva sui carburanti.
Alcuni fondi sono stati stanziati o potenziati appositamente: un fondo per la realizzazione dei progetti che coinvolgono i Comuni con più di 500mila abitanti, uno a sostegno delle proposte di interesse europeo, uno per l'housing universitario introdotto con il decreto Aiuti ter e infine un fondo per le opere indifferibili, che esisteva già ma ora si può applicare anche ai progetti del Pnrr.
A questi si aggiunge il fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, che si potrà utilizzare anche per limitare l'aumento dei prezzi. Nel complesso, tramite il sistema di fondi vengono stanziati oltre 12 miliardi di euro di risorse nazionali (non europee), che vanno a coprire il periodo fino al 2026 per limitare il picco dei prezzi.
Non c'è ancora un sistema per controllare come procede il Pnrr
Fino a ora, come ha sottolineato Mario Draghi, i problemi nella realizzazione dei progetti del Pnrr non hanno causato ritardi significativi e i finanziamenti europei sono arrivati regolarmente. Nei prossimi mesi, però, aumenteranno gli obiettivi del Pnrr da raggiungere per continuare a ricevere i fondi, e le difficoltà che si stanno accumulando potrebbero avere un peso sempre maggiore.
I sistemi di monitoraggio pubblico sui progressi del Pnrr sono Regis, un sistema informativo che dovrà raccogliere tutti i progetti in corso ma attualmente è ancora in fase di realizzazione, e il portale Italia domani, che però risulta aggiornato al 31 dicembre scorso. Per un quadro completo e aggiornato sui lavori del Pnrr, si aspetta che le amministrazioni comunichino tutte le informazioni richieste, ma per ora è impossibile avere un'immagine chiara. Un monitoraggio puntuale sarà fondamentale per non accumulare ritardi e, così, rischiare di perdere i fondi europei.