L’Italia non è più un porto sicuro a causa del Coronavirus
Per tutta la durata dell'emergenza coronavirus, l'Italia non potrà più essere considerata un porto sicuro. E in quanto tale non permetterà quindi l'attracco alle navi umanitarie che salvano i migranti nel Mediterraneo. "Per l'intero periodo di durata dell'emergenza sanitaria nazionale, derivante dalla diffusione del virus Covid-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (luogo sicuro), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca e il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell'area Sar italiana": questo il contenuto di un decreto interministeriale firmato dalla ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Un provvedimento che arriva settimane dopo la dichiarazione dello Stato d'emergenza che, come ricordato nello stesso decreto, è stato proclamato a fine gennaio. Ma che è stato prontamente firmato nel momento in cui ci sono 150 persone a bordo della Alan Kurdi, nave umanitaria della Ong tedesca Sea-Eye, che si avvicinano alle coste italiane in attesa, appunto, di un porto sicuro di sbarco. I migranti sono stati soccorsi dalla Alan Kurdi in due diversi salvataggi: in uno di questi, raccontano gli attivisti, alcuni miliziani libici hanno anche esploso diversi colpi in mare contro i naufraghi.
L'appello della Ong
Sempre in riferimento a questo secondo salvataggio, la Ong ha anche chiamato in causa il nostro Paese, denunciando il mancato intervento della nave italiana Asso Ventinove, ben più vicina al luogo in cui si trovavano i migranti in difficoltà segnalato da Alarm Phone rispetto alla nave umanitaria. "Tramite una nota, i ministeri italiani e maltesi hanno chiarito al Ministero degli affari esteri tedesco che non avrebbero acconsentito a uno sbarco, anche nel caso in cui si fosse accordata la redistribuzione delle persone soccorse", ha continuato Sea Eye in un comunicato.
La Ong ha poi ribadito su Twitter: "Anche quando la vita in Europa si è quasi fermata del tutto, i diritti umani vanno protetti. I migranti soccorsi hanno bisogno di un porto sicuro". Che però non troveranno in Italia, a quanto stabilisce il decreto firmato da quattro ministri.
Che cosa stabilisce il decreto
Ma vediamo che cosa stabilisce il decreto nello specifico: "In considerazione della situazione di emergenza connessa alla diffusione del coronavirus e dell'attuale situazione di criticità dei servizi sanitari regionali e all'impegno straordinario svolto dai medici e di tutto il personale sanitario per l'assistenza ai pazienti Covid-19 non risulta allo stato possibile assicurare sul territorio italiano la disponibilità di tali luoghi sicuri, senza compromettere la funzionalità delle strutture nazionali sanitarie, logistiche e di sicurezza dedicate al contenimento della diffusione del contagio e di assistenza e cura ai pazienti Covid-19".
In altre parole, l'Italia non può essere considerata un porto sicuro in quanto la disponibilità dei servizi sanitari al momento è interamente dedicata al trattamento del coronavirus, così come le strutture logistiche e di sicurezza sono impiegate nel contenimento del contagio, e non potrebbero quindi farsi carico dell'accoglienza dei profughi. Ma ci sono diversi punti delicati e controversi rispetto a quanto affermato il decreto, oltre al fatto che questo arrivi circa settanta giorni dopo la dichiarazione dello stato d'emergenza.
"Considerato che alle persone eventualmente soccorse, tra le quali non può escludersi la presenza di casi di contagio Covid-19, deve essere assicurata l'assenza di minaccia per la propria vita, il soddisfacimento delle necessità primarie e l'accesso ai servizi fondamentali sotto il profilo sanitario, logistico e trasportistico", la situazione attuale in Italia non permette di considerare il Paese un luogo sicuro, si legge. Si sottolinea quindi che l'Italia, colpita com'è dall'epidemia di coronavirus, non può assicurare l'assenza di minacce alla vita dei migranti, se questi dovessero sbarcare sul suolo italiano. Come se non si trattasse di persone in fuga da guerra, abusi e violenza.