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L’Italia non è ancora pronta ad accogliere i profughi ucraini: il piano del governo fa acqua

In attesa della legge quadro sull’ospitalità ai profughi, previsti solo 75 mila posti (di cui 60 mila in famiglia) per chi scappa dall’Ucraina. Non è chiaro chi dovrà svolgere i controlli e le mediazioni. A Napoli, Roma e Milano tutto affidato ai volontari ed enormi ritardi nei piani di accoglienza.
A cura di Antonio Musella
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Il flusso di profughi che sta arrivando in Italia dall'Ucraina è costante e continuo. Ai valichi di frontiera la Polizia, l'Esercito e la Protezione Civile registrano ad ogni ora del giorno e della notte l'arrivo di autobus, van e semplici auto provenienti dai confini ucraini, principalmente dalla Polonia e dalla Romania. Secondo le stime dell'associazione Italia-Ucraina in Italia potrebbero arrivare tra gli 800 mila e i 900 mila profughi di guerra, un numero che non ha precedenti nella storia del nostro paese, mentre complessivamente la cifra potrebbe arrivare a 10 milioni secondo le parole del portavoce del segretario delle Nazioni Unite Stephane Dujarric. Il governo italiano è già in ritardo e in notevole affanno sul fronte dell'accoglienza, all'interno del decreto sulla riduzione delle accise della benzina, c'è un primo provvedimento per l'accoglienza che però non è ancora attivo in attesa di una legge quadro. Sono stati immaginati ad oggi appena 75 mila posti per accogliere i profughi, un numero che rappresenta poco più del 10% del flusso stimato, una cifra assolutamente insufficiente, all'interno di un provvedimento che presta il fianco a possibili e terribili speculazioni.

Solo 75 mila posti tra centri e famiglie, ma chi controlla?

Gli articoli riguardanti l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina del provvedimento sulla riduzione delle accise indica l'impegno di trovare 15 mila posti all'intero delle strutture di accoglienza per migranti già esistenti (CAS e SAIE) e 60 mila posti presso le famiglie disposte ad accogliere. L'impegno di spesa previsto è di circa 400 milioni di euro, con la possibilità di prevedere un contributo economico giornaliero per tutte le famiglie per ogni profugo accolto. A quanto apprende Fanpage.it il contributo dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 euro al giorno a persona. Non è chiaro però a chi spetta l'organizzazione di questa rete di accoglienza. Le strutture di accoglienza già esistenti dipendono direttamente dalle Prefetture e dal Ministero dell'Interno, quindi dovranno essere queste insieme agli enti gestori dei centri, a reperire i 15 mila posti di accoglienza richiesti. Una particolarità del flusso migratorio dei profughi di guerra dall'Ucraina, rischia di complicare notevolmente questo processo. Chi arriva in Italia sono per la stragrande maggioranza donne e bambini, mentre la rete di accoglienza in Italia, fondate sui CAS e sui più efficienti SAIE, è costruita principalmente intorno agli uomini adulti. Pertanto reperire posti nelle stesse strutture sarà molto complesso.

Ma il vuoto normativo più grande è ad oggi quello legato all'accoglienza in famiglia, non è chiaro infatti quale ente dovrà selezionare le famiglie disposte ad accogliere i profughi, a chi sarà affidata la vigilanza sociale del processo di accoglienza, chi dovrà garantire i servizi minimi a queste persone (scuola di italiano, corsi di formazione e di inserimento al lavoro, assistenza legale e sanitaria), ed ancora chi dovrà vigilare sui possibili fenomeni di sfruttamento. Come già denunciato da Fanpage.it, proprio nel fenomeno dell'accoglienza volontaria si sta annidando il rischio dello sfruttamento delle persone che scappano dalla guerra. In molti chiedono di accogliere donne sole oppure con un solo bambino. Richieste anomale che possono aprire a fenomeni di riduzione in schiavitù, costrizione ai lavori domestici in cambio dell'accoglienza, oltre a un fenomeno speculativo per il quale più profughi di ospitano e più si guadagna, senza badare alla dignità del tipo di accoglienza che si offre. Chi vigilerà su tutto questo? Non è chiaro. Si resta in attesa della legge quadro che dovrà normare il meccanismo dell'accoglienza che ad oggi non c'è, dopo un mese dall'inizio del conflitto e con la presenza qui ed ora di già 67 mila profughi sul nostro territorio.

Napoli, Roma e Milano: gestione dell'emergenze demandata alle reti sociali

Il flusso principale dei profughi dall'Ucraina si sta riversando sulle principali città italiane che stanno avendo tempi e modalità di reazione molto diversi. C'è da dire che la cabina di regia sui territori è affidata alle Regioni ed alle Prefetture, mentre i Comuni sono stati esclusi pur essendo le istituzioni più prossime. Ed i comportamenti degli enti locali sono molto diversi da città in città. Il Comune di Napoli ad esempio non è ad oggi in grado di fornire nessun tipo di sistemazione ai profughi che arrivano dall'Ucraina. Nonostante la previsione di 100 mila arrivi in città, da parte del Sindaco Gaetano Manfredi, l'Assessore al Welfare Luca Trapanese del Movimento 5 Stelle ha spiegato che la città non ha posto e che non si possono usare le strutture destinate ai minori italiani all'accoglienza dei profughi ucraini. Al netto delle posizioni abbastanza singolari dell'Assessore, resta sostanzialmente il vuoto nei termini dell'accoglienza, della mediazione culturale e dell'orientamento per le persone che arrivano. Le circa 100 persone arrivate in città con la carovana dell'associazione Mediterranea Saving Humans non hanno ricevuto alcun sostegno da parte del Comune di Napoli e sono state ospitate da famiglie ed enti religiosi grazie alla mediazione dei volontari dell'associazione impegnati nel soccorso in Ucraina e sul confine polacco.

Il Comune di Roma invece si sta affidando alla rete Refugees Welcome per incrociare la disponibilità delle famiglie ad accogliere e la richiesta di accoglienza da parte dei profughi. La Protezione Civile e la Regione Lazio invece stanno mettendo a disposizione circa 6 mila posti, in collaborazione anche con le istituzioni ecclesiastiche.

Un modello di accoglienza è quello del VIII Municipio guidato da Amedeo Ciaccheri: "Abbiamo creato un hub per informazioni e tutte le esigenze di accoglienza, per gli ucraini ma anche per tutti gli altri migranti – spiega il Presidente a Fanpage.it – noi siamo uno dei municipi dove c'è il principale flusso di arrivo in città, con la rete "Municipio solidale" fatta da centri sociali, chiese, associazioni, stiamo monitorando l'arrivo nella zona di Ostiense, con un flusso massimo di 300 persone al giorno che arrivano e da li si smistano su tutto il territorio romano. Si tratta principalmente di persone che vengono accolte dai parenti. Diamo una prima assistenza alle persone che scendono dai bus, sia di tipo sanitario che burocratico sui documenti. Poi diamo una mano per l'accoglienza supportando Refugees Welcome, inoltre proviamo a fare un bilancio delle competenze delle persone che arrivano per prepararli all'inserimento lavorativo, li stiamo indirizzando presso le scuole di italiano, in sostanza facciamo una presa in carico di queste persone".  Ma quello che sta avvenendo nel Municipio di Ciaccheri non è omogeneo sul resto della città: "Come amministrazione comunale siamo un po' indietro, ci sarebbe bisogno di più hub sul modello di come lo abbiamo organizzato noi su Ostiense. Altra criticità è sulla mediazione linguistica, non ci sono risorse da parte del governo per garantire questi servizi che sono fondamentali per i percorsi burocratici presso le Questure e le Asl" sottolinea Ciaccheri.

A Milano invece non si conosce il numero di persone arrivate fino a questo momento, il flusso dei profughi viene assorbito principalmente dalla comunità ucraina. La Regione Lombardia e la Prefettura di Milano non hanno ancora predisposto un piano preciso: "Abbiamo i centri di accoglienza straordinaria pieni, posti non ce ne sono, siamo al momento in attesa della legge quadro per capire quanti fondi ci sono e quanti posti si potranno allestire"  spiega a Fanpage.it Selam Tesfai attivista del "Cantiere" . Per ora anche il Comune di Milano si sta rivolgendo alla rete Refugees Welcome che si sta occupando, da struttura privata, della mediazione tra le famiglie disposte ad accogliere e la richiesta di ospitalità. Ma il tutto complessivamente è demandato agli enti del terzo settore, del volontariato ed alle esperienze autogestite.  "Noi stiamo provando ad accogliere all'interno dello Spazio di Mutuo Soccorso che gestiamo – sottolinea l'attivista milanese – per fare una presa in carico di medio – lungo periodo in modo da orientare e indirizzare verso i servizi le persone che arrivano. I punti di criticità sono molteplici a cominciare dalla scarsa qualità dei centri di accoglienza, spesso in condizioni precarie ed i gestori spesso pensano sempre alla dinamica di business piuttosto che quella dell'accoglienza".

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