L’Italia ha violato i diritti di una bambina nata con Gpa, arriva la condanna della Corte Ue
Lo Stato Italiano ha violato i diritti di una bambina nata in Ucraina tramite gestazione per altri (a volte chiamata ‘maternità surrogata'), perché ha rifiutato di riconoscere come genitore il suo padre biologico e così la neonata è rimasta per anni senza documenti, considerata di fatto apolide, senza cittadinanza. A stabilire la pena è stata una sentenza (per il momento disponibile solo in francese) della Corte europea dei diritti umani: le autorità italiane dovranno pagare 15mila euro alla famiglia per i danni causati, e 9.536 euro per i costi legali. Non è una sentenza definitiva, il governo avrà tre mesi da oggi per fare eventuale ricorso.
Il caso è quello di una bambina nata a Kiev nel 2019 con la gestazione per altri e poi portata in Italia, in particolare in Veneto. I genitori (padre biologico e madre intenzionale) hanno cercato di farla riconoscere come propria figlia, ma gli uffici locali dell'anagrafe hanno più volte rifiutato. Anche i tribunali italiani hanno negato il riconoscimento, non solo della madre (cosa che in Italia non è permessa e di per sé non sarebbe stata una violazione delle norme europee), ma anche del padre, che è a tutti gli effetti un genitore biologico.
Questo ha creato una situazione per cui la bambina, che non aveva una nazionalità, è rimasta in uno stato di "grande incertezza giuridica" da quando è nata, hanno scritto i giudici. L'avvocato della coppia, Giorgio Muccio, ha spiegato all'Ansa che la bambina non ha né una tessera sanitaria né i documenti d'identità, e non può quindi accedere né alla scuola pubblica né al servizio sanitario nazionale. Non ha una cittadinanza (perché le leggi ucraine prevedono che chi nasce tramite Gpa prenda la cittadinanza dei genitori), non ha un indirizzo. Formalmente, la bimba di 4 anni non ha nemmeno un cognome. "I tribunali italiani hanno fallito nell'adempiere all'obbligo di prendere una decisione rapida per stabilire il rapporto giuridico della bimba con il padre biologico", ha stabilito la sentenza.
Insomma, in una situazione in cui al primo posto avrebbe dovuto esserci l'interesse della bambina, il sistema amministrativo e giudiziario italiano non ha saputo garantirle il suo diritto alla vita familiare e privata. Il ricorso a Strasburgo era partito già nel 2021, e sono serviti due anni per una sentenza. Il quotidiano Repubblica aveva raccontato il caso alcune settimane fa: "Mentre lei cresce e si affaccia alla vita sociale, siamo finiti in un girone infernale di processi e ricorsi", aveva dichiarato il padre.
L'avvocato Muccio aveva commentato: "In gran parte dei casi si riesce in tribunale a far valere i diritti dei minori, imponendo ai comuni la trascrizione dell’atto di nascita integrale. In questo caso invece c'è una bambina che la legge ha reso ‘orfana' di due genitori, che invece esistono e la amano". Ora il caso ha avuto una svolta, e se l'Italia non deciderà di presentare ricorso tra tre mesi si concluderà. Intanto, il Parlamento riprenderà i lavori per rendere la Gpa un reato universale.