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L’Italia è un Paese sempre più vecchio: l’ultimo censimento dell’Istat

L’Istat ha pubblicato i dati relativi agli anni 2018 e 2019, aggiornando così il censimento della popolazione. Una fotografia del Paese che mostra un’Italia sempre più vecchia, spopolata nel Mezzogiorno e ancora alle prese con ampi divari di genere e territoriali. Un quadro in cui la componente straniera gioca un ruolo importante, abbassando l’età media della popolazione e contrastando il calo demografico.
A cura di Annalisa Girardi
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L'Italia è un Paese sempre più vecchio, sempre meno popolato nel Mezzogiorno e con un divario ancora ampio tra Nord e Sud per i livelli di istruzione e occupazione. Questo il quadro che descrivono gli ultimi dati pubblicati dall'Istat, l'Istituto nazionale di statistica, sul censimento della popolazione. Sono infatti stati rilasciati i numeri relativi agli anni 2018 e 2019, che permettono di avere una fotografia aggiornata rispetto alla popolazione nel nostro Paese. Vediamo quindi che cosa è emerso.

Lo spopolamento del Mezzogiorno

La popolazione censita in Italia al 31 dicembre 2019 si ferma poco sotto i 60 milioni: 59.641.488 per la precisione. Si tratta di circa 175 mila persone in meno rispetto all'anno precedente, ma risulta sostanzialmente stabile se confrontata con i numeri registrati circa dieci anni fa. Rispetto al 2011, anno dell'ultimo censimento di tipo tradizionale, diminuiscono però i residenti nel Meridione e nelle isole mentre aumentano quelli nel Centro e nelle isole. Continua quindi lo spopolamento delle Regioni nel Mezzogiorno. La metà del totale della popolazione, comunque, è concentrato in cinque Regioni che sono Lombardia, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia. A spopolarsi sono principalmente i piccoli Comuni, quelli con meno di 5 mila abitanti, mentre crescono i residenti delle grandi città. Una dinamica dovuta principalmente ai cittadini stranieri.

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Se la popolazione cresce è solo grazie agli stranieri

In generale, se rispetto al 2011 c'è stato un lieve aumento della popolazione, questo è unicamente ascrivibile alla componente straniera. Infatti, dal 2011 al 2019 si contano circa 800 mila cittadini di nazionalità italiana in meno, mentre quelli stranieri sono aumentati di più o meno un milione. I cittadini stranieri, inoltre, stanno aumentando praticamente in tutte le Regioni della penisola (ad eccezione della Valle d'Aosta). Quelli italiani, invece, crescono solo in quattro Regioni, che sono Lombardia, Lazio, Trentino Alto-Adige ed Emilia-Romagna. Sia tra italiani che stranieri, le donne sono in maggioranza.

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Un Paese sempre più vecchio

Il nostro è un Paese sempre più vecchio. L'età media aumenta di due anni, arrivando a 45. La Campania è la Regione con la popolazione più giovane (media di 42 anni), mentre la Liguria è quella in cui l'età media è più elevata (49). L'Istat sottolinea che anche nel 1951 queste erano le Regioni con rispettivamente la popolazione più giovane e più vecchia, con l'unica differenza che questo dato era di 13-14 anni più basso.

Anche in questo caso, la presenza degli stranieri rallenta l'invecchiamento della popolazione. Infatti l'età media registrata tra i cittadini con nazionalità straniera è di circa 11 anni e mezzo più bassa di quella riscontrata tra gli italiani e si ferma a 34,7 anni. La presenza straniera è più elevata al Nord.

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Il divario di genere nell'occupazione

Rispetto al 2011 ci sono meno persone che hanno al massimo la licenza media e quelle che non hanno concluso con successo gli studi. L'anno scorso sono aumentate le persone in possesso di un titolo di studio elevato. Tra la popolazione con più di 15 anni la forza lavoro ammonta al 52,5% (nel 2011 era al 50,8%). Gli occupati aumentano, arrivando al 45,6% e calano gli inattivi. La quota di disoccupati passa però dal 5,8% al 6,9%.

Aumentano le donne che lavorano, anche se non di molto. Se nel 2011 le lavoratrici erano il 41,8% del totale degli occupati, ora sono il 42,4%. Ad ogni modo il mercato del lavoro continua a subire l'impatto degli squilibri di genere. Il tasso di occupazione femminile rimane infatti al 37,4% contro il 54,4% di quello maschile e quello di disoccupazione al 15,1% contro l'11,6%.

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