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L’Italia è ultima in Europa per occupazione: tra i più penalizzati ci sono i giovani e le donne

L’Italia registra il tasso di occupazione più basso in Europa, con un divario crescente rispetto alla media UE, in particolare per donne e giovani. Nonostante lievi miglioramenti su base annua, le disparità restano marcate, evidenziando criticità strutturali nel mercato del lavoro.
A cura di Francesca Moriero
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L'Italia continua a occupare una posizione di retroguardia in Europa in termini di occupazione, come evidenziato dai più recenti dati Eurostat relativi al quarto trimestre del 2024. Nonostante alcuni segnali di miglioramento, il divario con il resto dell’Unione Europea continua ad ampliarsi, con particolare riguardo alla partecipazione femminile e giovanile al mercato del lavoro. Come evidenzia Eurostat, infatti, il Paese registra il tasso di occupazione più basso tra gli Stati membri, con una distanza di 8,7 punti percentuali rispetto alla media UE. Questo scarto, che non accenna a ridursi, mette in luce alcune problematiche strutturali che frenano la crescita economica e lo sviluppo sociale, come la difficoltà di conciliare il lavoro con la vita familiare e le limitate opportunità per chi si affaccia per la prima volta nel mercato del lavoro.

Un mercato del lavoro in difficoltà

Secondo le ultime rilevazione di Eurostat, nel quarto trimestre del 2024, il tasso di occupazione in Italia si è attestato al 62,2%, in leggero aumento rispetto all'anno precedente ma ancora distante dalla media europea, che è superiore di quasi nove punti, e si attesta sopra il 70%. La distanza di quasi nove punti percentuali evidenzia le difficoltà persistenti del Paese nel migliorare la partecipazione al lavoro in modo sostenibile, un problema che ha radici profonde e che coinvolge diverse categorie sociali, dalle donne ai giovani.

Le donne lavorano sempre meno e il divario con l'Europa cresce

Il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi d'Europa, fermandosi al 53,1%, a fronte di una media UE che sfiora il 66,3%. Questo scarto di 13,2 punti percentuali è aumentato rispetto al 2023, segnalando un rallentamento nei progressi verso l'uguaglianza di genere nel lavoro. La situazione è ancora più grave tra le donne nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni, dove il tasso di occupazione è del 64,6% in Italia, mentre la media europea è del 77,8%. Le difficoltà di conciliare carriera e famiglia, un fenomeno amplificato dalla carenza di infrastrutture adeguate come asili nido e scuole a tempo pieno, continuano a rappresentare un ostacolo significativo per le donne italiane, impedendo loro di accedere e rimanere nel mercato del lavoro a parità di condizioni rispetto ai colleghi uomini.

Gli uomini reggono meglio, ma restano indietro

Nonostante un tasso di occupazione maschile più elevato rispetto a quello femminile, anche gli uomini italiani non riescono a colmare il divario con i colleghi europei. Il 71,3% degli uomini italiani lavora, certo, ma la media dell'Unione Europea è del 75,4%. Nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni, il gap si riduce leggermente, con l'84,4% degli uomini italiani occupati rispetto all’87,5% della media europea. Sebbene gli uomini siano più propensi a rimanere nel mercato del lavoro rispetto alle donne, anche loro devono affrontare difficoltà legate a una crescente precarizzazione dei contratti e alla scarsa disponibilità di posti di lavoro qualificati.

I giovani restano fuori dal mercato del lavoro

I dati più preoccupanti riguardano in generale l'occupazione giovanile: tra i 15 e i 24 anni, solo il 19,2% dei giovani italiani è occupato, un dato che è notevolmente inferiore alla media europea, che si attesta al 34,8%. Questo divario, in continua espansione, riflette le difficoltà di accesso al mercato del lavoro per i giovani italiani, che spesso sono costretti a entrare nel mondo del lavoro in età più avanzata rispetto ai loro coetanei europei, o a farlo attraverso contratti precari e mal retribuiti. La scarsità di opportunità professionali qualificate e la difficoltà di intraprendere una carriera stabile costituiscono barriere significative, impedendo ai giovani di costruirsi un futuro solido e contribuendo a un rallentamento generale della crescita economica del Paese.

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