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L’Italia è sempre più vecchia: i giovani scappano e nel 2050 oltre un cittadino su 3 sarà anziano

Secondo un recente rapporto della Fondazione Leone Moressa, nel 2050 la popolazione non raggiungerà i 59 milioni e perderà, rispetto alla situazione attuale, il 3% degli abitanti. A diminuire fortemente sarà la popolazione tra i 15 e i 64 anni mentre la popolazione con almeno 65 anni aumenterà di 6 milioni di unità.
A cura di Charlotte Matteini
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La popolazione italiana sta invecchiando a vista d'occhio e ben presto la platea dei lavoratori sarà così ristretta da non essere più in grado di sostenere il peso del sistema previdenziale. Secondo un recente rapporto della Fondazione Leone Moressa, nel 2050 la popolazione non raggiungerà i 59 milioni e perderà, rispetto alla situazione attuale, il 3% degli abitanti. A diminuire fortemente sarà la popolazione tra i 15 e i 64 anni, che subirà una contrazione di 7 milioni di unità, mentre la popolazione con almeno 65 anni aumenterà di 6 milioni di unità. In sostanza, tra 32 anni l'Italia sarà un Paese di pensionati.

Mantenendo lo stesso livello occupazionale del 2017, dunque, gli occupati diminuirebbero di quasi 4 milioni di unità e al contempo andrebbero ad aumentare i pensionati, che arriverebbero a diventare numerosi quanto gli occupati. Oltre un italiano su tre, nel 2050, si stima sarà in età da pensione (il 12% in più di oggi).  Il Paese, dunque, se non si avrà un'inversione di rotta a livello demografico, si avvicinerà a quello che comunemente viene definito un vero e proprio "inverno demografico".

Evidenzia la Fondazione Leone Moressa che "osservando la differenza tra nati e morti nel 2017 (saldo naturale), appare una netta frattura tra i Paesi europei. In particolare, la crescita demografica più forte si registra in Francia (+164.600) e Regno Unito (+147.900)" mentre la "situazione più critica si registra in Germania e Italia, con rispettivamente 785mila nati e 933mila morti (saldo -148.000) e 459mila nati e 650mila morti (saldo -191.000)".

Inoltre, nell'ultimo anno l'Italia ha registrato una perdita di oltre 100mila abitanti. e il saldo naturale negativo (-191mila) non è stato compensato dal saldo migratorio, che si è attestato su livelli piuttosto modesti (+85mila). "Negli ultimi anni l’Italia ha registrato un calo degli ingressi di immigrati nonostante gli sbarchi abbiano avuto una enorme risonanza mediatica, in termini numerici sono stati molto inferiori rispetto agli ingressi per lavoro degli anni pre-crisi. Così l’immigrazione non riesce più a compensare il calo demografico", evidenzia il rapporto. In generale, dal 2008 gli italiani emigrati sono per lo più giovani e qualificati: il 65% degli iscritti all’Aire ha tra i 18 e i 64 anni e il 31% degli emigrati italiani con più di 24 anni nel 2016 risulta essere in possesso di una laurea.

Per quanto riguarda il capitolo immigrazione, Moressa evidenzia che "la presenza degli stranieri non ha modificato solo l’aspetto demografico, ma anche quello economico. Nel 2011 gli occupati stranieri erano pari al 9%, nel 2017 hanno raggiunto quota 10,5. Questi 2,4 milioni di occupati producono un valore aggiunto pari a 131 miliardi (8,7% del valore aggiunto nazionale). Si tratta prevalentemente di occupazione “complementare”: la maggior parte degli occupati stranieri svolge lavori poco qualificati (e quindi faticosi e poco retribuiti), mentre gli occupati italiani si collocano nelle professioni più qualificate. Gli imprenditori stranieri rappresentano il 9,2% del totale imprenditori, dato in crescita negli ultimi cinque anni del 16,3% in controtendenza con la diminuzione degli italiani (-6,4). Dal punto di vista fiscale, i lavoratori stranieri dichiarano 27,2 miliardi di euro (stima) e versano 3,3 miliardi di Irpef. Inoltre il loro contributo previdenziale è pari a 11,9 miliardi di euro che aiuta a finanziare il sistema di protezione sociale. Redditi e imposte sono inferiori alla media italiana in quanto provengono da lavori poco qualificati. Un aumento della mobilità sociale degli stranieri, suggerisce l’indagine, inciderebbe in modo positivo sull’impatto fiscale italiano". 

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