“Gli italiani hanno spalancato le porte delle proprie case e delle scuole ai profughi ucraini, con quel senso di accoglienza che è l’orgoglio del nostro Paese. Continueremo a farlo, grazie al lavoro incessante e alla grande professionalità delle Regioni, dei Comuni, della Protezione Civile, degli enti religiosi, di tutti i volontari. Perché davanti all’inciviltà l’Italia non intende girarsi dall’altra parte”.
Appuntiamocele da qualche parte queste parole di Mario Draghi, pronunciate in replica al discorso al parlamento italiano del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. E magari togliamo “ucraini”, dopo “profughi” già che ci siamo, visto che nel mondo, purtroppo, l’inciviltà non si è fermata a Kiev. Forse, semmai, è la nostra accoglienza , che l’ha fatto. Perché ci siamo "girati dall’altra parte" tante di quelle volte che ormai abbiamo perso il conto.
Ci giriamo dall’altra parte ogni volta che un essere umano muore nel canale di Sicilia, sui barconi e sui gommoni di quarta mano con cui provavano a raggiungere Lampedusa. Nel solo 2021, nel sono morte più di duemila. Nei primi due mesi del 2022, quasi duecento. Ma né noi, né l’Unione Europa abbiamo più attivato missioni governative di ricerca e salvataggio da quando è stata cancellata l’operazione Mare Nostrum.
Ci giriamo dall’altra parte quando definiamo taxi del mare o amici degli scafisti le Ong che si sono prese la briga di salvare i migranti in mare, mentre noi facciamo accordi e forniamo mezzi e denaro alla guardia costiera libica, che rispedisce i migranti in Libia, dove vengono rinchiusi in veri e propri lager dove l'inciviltà è di casa tanto quanto a Mariupol.
Ci giriamo dall’altra parte quando distruggiamo le reti di accoglienza diffusa come le reti Sprar in favore di campi di prigionia e rimpatrio in cui gli atti di autolesionismo sono all’ordine del giorno, e che diventano la casa anche di un minore che si macchia del “terribile reato” di “immigrazione clandestina”, che ancora non ci risulta essere stato cancellato dal nostro codice civile.
Ci giriamo dall’altra parte quando non è mai il momento per lo Ius Soli e per la cittadinanza ai figli di migranti nati in Italia.
Ci giriamo dall’altra parte pure ogni volta che vendiamo armi nei cosiddetti Paesi Mena – acronimo di Middle East & North Africa – ossia nella zona del mondo in cui c’è la più alta concentrazione di conflitti disumani e regimi totalitari. 18,4 miliardi di euro, stando alla “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” del governo italiano, relativa all’anno 2020, in cui si racconta che vendiamo armamenti di ogni tipo all’Egitto di Al Sisi, al Qatar, agli Emirati Arabi Uniti, sino alla “rinascimentale” Arabia Saudita, cui fortunatamente un paio d’anni fa abbiamo smesso di vendere le bombe aeree che servivano a ridurre a cenere le città yemenite.
Ci giriamo dall’altra parte, ogni volta che l’inciviltà si riversa contro qualcuno che non ci assomiglia, o quando non è trasmessa in diretta sulle televisione o sullo smartphone, o è abbastanza lontana da non entrarci in casa.
Ci giriamo dall’altra parte, e torneremo a farlo prestissimo, magari quando gli stessi ucraini che oggi “accogliamo a braccia aperte” diventeranno troppi per le nostre braccia, e per le nostre case.
Ci giriamo dall’altra parte, ma almeno evitiamo di raccontarci diversi da quello che siamo. Che magari un giorno nemmeno troppo lontano qualcuno chiederà conto di quelle parole e di quegli ipocriti applausi.