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Liste d’attesa, Donini (Regioni) a Fanpage.it: “Decreto del Governo non rispetta la nostra autonomia”

Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni, spiega a Fanpage.it perché le Regioni hanno bocciato il decreto del governo sulle liste d’attesa: “Abbiamo contestato sul piano della legittimità costituzionale l’articolo 2, che a nostro giudizio oltre a compromettere in fortemente i rapporti tra Stato e Regioni, invade le prerogative regionali”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Raffaele Donini, assessore alla Sanità dell'Emilia-Romagna e coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni
Raffaele Donini, assessore alla Sanità dell'Emilia-Romagna e coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, a maggioranza, con l'unica eccezione della Regione Lazio, ha espresso parere negativo al decreto del governo per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie, che è stato licenziato dal Consiglio dei ministri all'inizio di giugno, un pacchetto di misure che comprende una piattaforma nazionale per abbattere le liste d'attesa e garantire i tempi delle prestazioni sanitarie, e l'abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario.

In particolare, le Regioni "ritengono imprescindibile lo stralcio dell'articolo 2 la cui attuale formulazione è quanto meno lesiva del principio di leale collaborazione, laddove prevede che a fronte delle segnalazioni di cittadini, enti locali ed associazioni di categoria (che dovrebbero essere innanzitutto trasmesse alle Regioni interessate) l'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria possa accedere presso le Aziende sanitarie, scavalcando le Regioni e le Province Autonome, anche avvalendosi del supporto del Comando Carabinieri per la tutela della salute (anziché delle Regioni stesse)".

Questo è il primo importante punto contestato. Le Regioni e le Province Autonome, quindi, valutano che "l'attuale formulazione, ove non emendata, presenti dei profili di illegittimità costituzionale e considerano quantomeno necessaria una riscrittura condivisa di questo articolo che, nel prevedere lo svolgimento dei monitoraggi e dei controlli delle prestazioni sanitarie sulla base di dati raccolti nella Piattaforma nazionale delle liste di attesa di cui 2 all'articolo 1, abbia un chiaro riferimento nella collaborazione interistituzionale e nel rispetto delle rispettive competenze istituzionali: lo Stato controlla le Regioni, le Regioni controllano le Aziende sanitarie e si confrontano con il livello ministeriale", si legge nel parere.

Nonostante la chiara bocciatura il governo però potrebbe anche decidere di andare avanti lo stesso, ignorando il parere della quasi totalità delle Regioni. Ne abbiamo parlato con Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni. "Per prima cosa vorrei sottolineare una criticità, che auspichiamo che non accada di nuovo in futuro, e cioè il fatto di rincorrere un provvedimento che non è nato da un confronto con le Regioni, ma da una decretazione d'urgenza del governo. Probabilmente se ci fosse stato un confronto preventivo certi temi sarebbero stati declinati con un maggior grado di condivisione", ha detto Donini, raggiunto telefonicamente da Fanpage.it.

"Le Regioni hanno contestato sul piano della legittimità costituzionale l'articolo 2, che a nostro giudizio oltre a compromettere fortemente i rapporti tra Stato e Regioni, invade le prerogative regionali, non rispetta l'autonomia delle Regioni. Perché quando lo Stato controlla le Regioni fa il suo mestiere. Quando controlla i direttori generali delle Asl fa il mestiere delle Regioni", ha spiegato Donini. "Così il governo dà l'idea che il tema delle liste d'attesa sia un problema di disorganizzazione delle Regioni, pur essendo un tema nazionale, altrimenti non si spiegherebbe il decreto emanato. Ovviamente non è così, il problema è più complesso, necessitiamo di risorse aggiuntive del Fondo sanitario nazionale. Perché, come hanno detto tutti, dai premi Nobel alla Corte dei Conti, il Fondo è incapiente. Non ci sono risorse in questo decreto, al contrario di quanto affermato dal ministero, anche per provvedimenti giusti che si trovano al suo interno, come le piattaforme nazionali digitali o la defiscalizzazione dell'attività aggiuntiva dei professionisti, misure che però sono prive di risorse finanziarie".

Eppure il ministro Schillaci aveva replicato alle Regioni un mese fa, spiegando che il decreto ha tutte le coperture necessarie: "Per assicurare le coperture di ulteriori spese ci sono due modi: uno è quello che ha scelto il governo, secondo cui le ulteriori spese vanno coperte con le risorse che lo Stato ha già destinato alle Regioni. Peccato che la coperta sia molto corta; l'altro modo sarebbe quello di assicurare risorse aggiuntive per le misure che vengono messe in campo, che è quello che chiediamo. Il Ssn costa di più rispetto a quanto dà lo Stato, è un dato di fatto ampiamente certificato". 

"Noi abbiamo dato la nostra disponibilità totale al ministro Schillaci, affinché si prenda in considerazione quello che nel decreto non c'è, e cioè il lavoro sulla riorganizzazione della medicina territoriale e sull'appropriatezza delle prestazioni, visto che nella domanda di prestazioni sanitarie c'è una fascia che non è appropriata rispetto alla richiesta. Occorre in questo senso un lavoro comune tra medici specialisti e medici di medicina generale, l'impiego di nuove tecnologie come la telemedicina. Su questo sappiamo che il ministro della Salute è sensibile. Aspettiamo di essere coinvolti su questi temi per poter dare il nostro contributo. A fronte di una situazione di netta contrarietà da parte delle Regioni il governo dovrebbe fermarsi un attimo e aprire un tavolo di discussione per condividere una nuova formulazione del decreto". 

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