Liliana Segre contro il premierato voluto da Meloni: “Ci sono aspetti allarmanti, non posso tacere”
"A mio giudizio, il disegno di riforma costituzionale proposto dal governo presenta vari aspetti allarmanti", dunque "non posso e non voglio tacere". La senatrice a vita Liliana Segre, 93 anni, ha aperto così il suo intervento al Senato durante il dibattito sulla riforma del premierato, proposta dal governo Meloni, che porterebbe all'elezione diretta del presidente del Consiglio. Sulle riforme costituzionali, ha detto Segre, "occorrono non prove di forza o sperimentazioni temerarie, ma generosità, lungimiranza, grande cultura costituzionale e rispetto scrupoloso del principio di precauzione".
La senatrice non ha risparmiato critiche al modo in cui l'esecutivo sta gestendo questa riforma: "Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan ‘scegliete voi il capo del governo'. Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate".
Tra i rischi che sarebbero collegati al premierato ci sarebbe quello di "produrre un'abnorme lesione della rappresentatività del Parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale". Insomma, per quanto si parli di dare più libertà di scelta agli elettori, in realtà ci si troverebbe con un sistema che favorisce unicamente il partito che ha preso più voti, mentre schiaccia tutti gli altri. In passato, ha ricordato Segre, già due leggi elettorali sono state bocciate dalla Corte costituzionale perché erano "lesive del principio dell'uguaglianza del voto. Dunque, mi chiedo come è possibile perseverare nell'errore".
C'è poi il fatto che il presidente della Repubblica subisce un "drastico declassamento", perché "viene privato di alcune fondamentali prerogative", per cui "sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare". Non solo, ma "anche la carica di presidente della Repubblica può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza".
Così, chi prende più voti alle elezioni "sarebbe in grado di conquistare in un unico appuntamento elettorale il presidente del Consiglio e il governo, la maggioranza assoluta dei senatori e dei deputati, il presidente della Repubblica e, di conseguenza, anche il controllo della Corte Costituzionale e degli altri organismi di garanzia. Il tutto sotto il dominio assoluto di un capo del governo dotato di fatto di un potere di vita e di morte sul Parlamento".
"Nessun sistema presidenziale o semi-presidenziale consentirebbe una siffatta concentrazione del potere", ha concluso Segre. Rispetto al presidenzialismo che era inserito nei programmi elettorali dei partiti del centrodestra, quindi, "siamo di fronte ad uno stravolgimento ancora più profondo e che ci espone a pericoli ancora maggiori".
Dal governo sono poi arrivate delle repliche. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha detto che Segre "ritiene che il Parlamento debba essere tutelato, cosa che ritengo questa legge rafforzi. A indebolirlo negli ultimi vent'anni è stata la decretazione d'urgenza. Non è una riforma che spacca il Paese. Nei prossimi anni avremo la necessità di governi autorevoli e veloci nelle decisioni". Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio, ha detto a sua volta: "È un'opinione legittima della senatrice, non è che perché è un personaggio autorevole dobbiamo per forza andare d'accordo. Il capo dello Stato non perde i poteri, è una riforma per dare stabilità".