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Inchiesta in Liguria e arresto di Giovanni Toti

Liguria, Toti incontra i suoi: “Non ho intascato un euro per me, sono molto più povero di 9 anni fa”

In un vertice a porte chiuse Giovanni Toti, appena tornato in libertà, ha incontrato gli esponenti della sua lista per discutere dei prossimi passi in vista delle Regionali. “Non mi candiderò”, ha ribadito. E sulle sue dimissioni ha spiegato: “nessun isolamento politico, anzi ringrazio Nordio, Santanchè e Salvini per la vicinanza”.
A cura di Giulia Casula
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Si è svolta a Genova la riunione a porte chiuse tra Giovanni Toti e gli esponenti della sua lista. Dopo oltre 80 giorni l'ex presidente della Liguria è tornato in libertà a seguito della decisione del giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni di revocare gli arresti domiciliari, arrivata ieri mattina.

È il primo impegno fuori dalla villa ad Ameglia per Toti. Dopo il vertice con i fedelissimi per decidere sulle prossime mosse in vista delle elezioni regionali, l'ex governatore ha ribadito che non si presenterà "né come candidato presidente né come candidato consigliere. Ho dato tutto quello che potevo dare: certamente darò il mio sostegno. La Liguria è qualcosa a cui tengo più che a me stesso, ma ora i protagonisti saranno altri".

"Non si deve perdere il programma, lo spirito di abbrivio né l'alchimia tra i partiti di governo e la gamba civica che ha portato uno schieramento a vincere qualsiasi cosa in questa regione la gamba civica dovrà esserci, ci sarà, dovrà dire la sua sul candidato presidente", ha aggiunto. Sui futuri candidati alle regionali liguri pesano ancora diverse incognite, con il centrosinistra orientato sul nome del dem Andrea Orlando e il centrodestra ancora in bilico dopo il dietrofront del leghista Edoardo Rixi. 

"Nei prossimi 15-20 giorni sarà più chiara la geometria. Quest'anima civica dovrà essere garanzia verso gli elettori che questa espressione politica non cambierà il suo modo e la sua attitudine di governare questa regione", ha proseguito l'ex governatore.

Toti è poi tornato sull'inchiesta che lo vede coinvolto con l'accusa di corruzione, auspicando "un intervento sulle leggi". La magistratura "applica le leggi. Il Parlamento ne prenda atto: se vuole, c'è una riforma organica della giustizia in corso. Non ce l'ho con il magistrato, ce l'ho con il legislatore che gli ha consentito di fare queste accuse", ha dichiarato.

"A fronte di questa inchiesta domani non credo che nessun amministratore pubblico prenderebbe un euro da un privato e gli imprenditori fuggirebbero. Mi pare evidente che questo paralizzi l'intero sistema di finanziamento dei partiti", ha aggiunto. "Le accuse di corruzione non comportano il fatto che Giovanni Toti abbia intascato un euro per se stesso o un'utilità dedicata alla sua persona o alla sua famiglia. Posso orgogliosamente dire di essere assai più povero di nove anni fa", ha detto ancora.

"Si giudica e si qualifica come reato un'attività di azione e sprone politico che ritengo siano il core business del meccanismo e dell'azione politica della mia maggioranza in questa regione l'attività di impresa sul territorio è un bene di interesse pubblico. In questa regione ci sono amministrazioni che sono ‘friendly' nei confronti di tutti coloro che portano ricchezza e sviluppo del territorio". Secondo Toti, "chi pensa che l'impresa sia qualcosa di maleodorante da guardare con sospetto a prescindere è molto lontano dal mio modo di vedere la politica, la società e l'economia".

L'ex governatore si è detto sicuro di non "aver fatto discriminazioni nella mia attività politica: chi finanziava la mia attività e chi votava centrodestra ha avuto lo stesso trattamento di chi non mi finanziava e non mi votava. Ogni atto che è stato prodotto è legittimo, francamente non saprei dire molto di più", ha spiegato. "Il magistrato può sbagliare l'interpretazione delle norme, il tema in questo caso è del legislatore che ha dato a un magistrato la possibilità di un'interpretazione diversa della legge da quella che io ritengo o non congrua a quella che ritiene gran parte della politica", ha proseguito.

Il fondatore di Noi Moderati ha poi sottolineato di aver "scelto" di dimettersi. "Non voglio parlare di forzature o ricatti. Certo, questo processo corre lungo un crinale tra politica e giustizia che mette insieme tante cose. La politica non può non interrogarsi sul finanziamento dei partiti e i limiti dell'azione di indirizzo politico di un esponente amministrativo del territorio rispetto ai suoi finanziatori", ha dichiarato.

La sua decisione di fare un passo indietro dalla guida della Regione "non è stata dettata da alcun isolamento politico, non c'è stato alcun isolamento politico, anzi grazie a chi mi ha fatto sentire grande vicinanza come Salvini, Nordio, Santanché", ha assicurato.

"Sicuramente, con l'avvocato Savi, se avessimo fatto ricorso in Cassazione, lo avremmo fatto anche contro la seconda ordinanza, però sarebbe stato un muro contro muro che mi avrebbe sì martirizzato, ma la procura non avrebbe cambiato posizione, avremmo combattuto una battaglia sulla pelle della Liguria", ha proseguito,"Abbiamo deciso che la cosa più logica era dare la parola ai liguri, e non ci siamo messi di traverso neppure sul giudizio immediato, che complicherà la vita a noi e ai magistrati. Io continuo a dire che ho capito quali sono i reati che mi vengono imputati ma non penso di essere colpevole, quindi la cosa migliore è incontrarci in un'aula di giustizia dove davanti a giudizi terzi ognuno dirà la sua", ha concluso.

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