"Nel Consiglio dei ministri odierno procederemo all'eliminazione dello stipendio dei ministri aggiuntivo rispetto all'indennità parlamentare. La somma ricavata andrà a tutela di chi perde il lavoro". È questa la prima anticipazione, tutto sommato nemmeno tanto rilevante considerata la mole di lavoro che aspetta i membri dell'esecutivo, del Consiglio dei Ministri in programma oggi, dopo l'incontro di Enrico Letta con il segretario di Stato americano John Kerry. Così, durante l'Assemblea di Rete Imprese Italia, Enrico Letta si lascia andare a qualche considerazione di carattere più generale sulla sua esperienza di Governo: "Cominciamo un cammino che sarà faticosissimo e non sono qui a spargere ottimismo superficiale. Il Paese è in grande difficoltà e non so quanto il cammino sarà lungo ma io e i miei ministri ce la metteremo tutta per far sì che l'Italia riparta […] siamo venuti qui, io e i ministri del governo, per ascoltare: il nostro compito è individuare le priorità che saranno messe subito in azione. Dialogheremo con tutti, ma non diremo tutti sì: la politica è dire anche dei no".
Un discorso sul senso stesso di un Governo così costituito, "al completo servizio del Paese", che dimostra come il premier sia perfettamente consapevole delle difficoltà che la sua azione inevitabilmente incontrerà. Del resto, a pochi giorni dall'avvio della nuova fase, non è difficile rintracciare i germi di quella che rischia di essere la malattia endemica dell'esecutivo Letta. La contrapposizione di istanze diverse, la necessità di garantire "visibilità e rappresentatività" alle varie correnti, la cura del "particulare" delle singole forze politiche ed il clima da perenne campagna elettorale. Caratteristiche che sembrano evidenti anche nell'approccio al tema del lavoro, questione complessa cui dichiarazioni come quella odierna ("le indennità dei ministri a chi perde il lavoro") rischiano di fare soltanto del male.