Lo dice uno che con le larghe intese finora ha avuto poco a che fare, Nichi Vendola: "Le dichiarazioni del Pdl in risposta a Napolitano segnano il punto di non ritorno". Lo ribadisce anche uno dei leader sul campo del Movimento 5 Stelle, il vicepresidente della Camera dei deputati Luigi Di Maio: "Non funzionano, è inutile, ci si accanisce su degli inerti. Andiamo a votare e facciamo valutare ai cittadini". Ma la sensazione è che ormai lo pensi anche lo stesso Presidente del Consiglio Enrico Letta: le larghe intese non esistono, non funzionano, non servono. E, per paradossale che possa sembrare, le colpe dell'esecutivo sono minime.
Del resto, se già c'erano dubbi sulla possibilità che "questo centrosinistra, questo centro e questo centrodestra", dopo vent'anni di (presunti) scontri e di (alterne) contrapposizioni, potessero lavorare insieme per il bene del Paese, figuriamoci quale possa essere la valutazione dopo le ultime vicende legate alla storia politico – giudiziaria di Silvio Berlusconi. Del resto, pare abbastanza arduo che a portare il Paese fuori dal pantano possano essere partiti – alleati che, scegliendo fior da fiore:
- si rinfacciano "un colpo di Stato" (peraltro nell'applicazione di una legge votata insieme…)
- minacciano di staccare la spina al Governo almeno una volta a settimana (almeno)
- si dividono su femminicidio e omofobia
- hanno approvato 2 leggi di iniziativa parlamentare in 5 mesi di lavoro
- ci hanno messo 3 mesi per eleggere un vicepresidente della Camera
- sono in disaccordo su Imu, Iva, Cig, esodati, per esempio
- litigano a mezzo stampa su ministri, sottosegretari e via discorrendo, con la stessa frequenza con cui rinviano provvedimenti cruciali
La sensazione, senza girarci troppo intorno, è che Popolo della Libertà, Partito Democratico e Scelta Civica siano concordi solo nella volontà di autoconservazione. Nell'evitare il salto nel vuoto di nuove elezioni, che del resto probabilmente non sono nemmeno la soluzione. Perché non si avrà una nuova maggioranza, certo. E perché senza la legge di stabilità il rischio è che salti tutto, come si ostina a ribadire Letta, al quale però nemmeno Napolitano può chiedere di continuare a farsi logorare in questo modo (vedendo peraltro annacquati in Parlamento anche la gran parte dei provvedimenti su cui il Governo non pone la fiducia, come accadrà anche per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ne siamo certi).
Letta, che ha gestito dignitosamente una fase che definire complessa è essere ingenerosi nei suoi confronti, deve prenderne atto. E staccare la spina all'ultimo governo tenuto in piedi dal carrozzone della politica, togliendo ad un colpo solo ogni alibi residuo al Popolo della Libertà e mettendo compiutamente il Partito Democratico di fronte alle proprie responsabilità. Perché se andare al voto adesso è un azzardo, lo è anche continuare a litigare sulla musica da suonare mentre la barca affonda.