Facciamo un gioco, cari Democratici. Facciamo che per una volta leggete quel che ha scritto Alessandro Di Battista e ci pensiate davvero su, senza rubricare tutto a idiozie populiste e terzomondiste e a banalità antipolitiche. Perché dietro la retorica di Dibba, sconnessa, incoerente e complottista quanto volete, si nasconde la critica più forte e sensata che da anni viene rivolta al Pd, senza che il Pd sia mai riuscito, eletti ed elettori, a farla propria: quella di essere il PDP, il Partito Del Potere, la rappresentazione di un ceto politico programmato per occupare spazi e poltrone di governo, incapace di essere forza sociale e forza d’opposizione.
Il partito più ipocrita d’Italia, lo chiama Di Battista, e può anche pure essere una definizione ingenerosa, ma alzi la mano chi non la trova credibile, o perlomeno verosimile. Il Pd è l’ex partito comunista che ha passato vent’anni a dire peste e corna di Bettino Craxi e che ha passato i successivi vent’anni a cercare di occuparne lo spazio politico. È il partito che ha demonizzato per vent’anni Berlusconi, che ne ha fatto lo spauracchio per costruire coalizioni che andavano da Bertinotti a Mastella e Dini, per poi finire a governarci assieme e a fare assieme a lui patti per cambiare la Costituzione. È il partito che diceva mai coi Cinque Stelle, senzadime, preferisco di no, nemmeno per berci un caffè, e che ora con Di Maio & co si sta alleando persino alle elezioni regionali.
Mettetevi nei panni di Dibba, per un momento: vi fidereste o no, di voi stessi? Davvero non pensereste di essere semplicemente il tram per il potere perduto di una classe dirigente che senza potere non sa stare, terrorizzata dall’idea che il centrodestra possa scegliersi un Presidente della Repubblica che non sia post-democristiano o post-comunista o post-bankitalia, dall’idea di perdere il governo di regioni come l’Emilia – Romagna o l’Umbria, che il Partito Comunista e i suoi erediti presidiano indisturbati da settant’anni e rotti, trascinando stancamente un mito del buongoverno che appare sempre più distante, nel tempo e nelle sembianze.
Con questo non stiamo dicendo che sia tutto da buttare. Nella comunità politica del Pd ci sono parlamentari di valore, dirigenti capaci, amministratori appassionati, militanti generosi. Ma se tutto questo vale solo il 20% dell’elettorato, se nemmeno lo spauracchio di Salvini riesce a riportare al seggio tutto l’astensionismo di sinistra, se nemmeno i decreti sicurezza e i tagli delle tasse ai ricchi riescono a ricompattare l’elettorato sul fronte opposto, se neppure il Pil che smette di crescere riesce a far crescere il consenso per l’opposizione, vuol dire che qualcosa che non funziona, perlomeno qualcosa, c’è. E non può essere solo colpa della Casaleggio, della Bestia leghista, o degli hacker russi, così come ieri non era solamente colpa delle tre televisioni del Cavalier Berlusconi.
State vicino alla gente che soffre, dice Di Battista. Ecco: quanti dirigenti del Pd c’erano ieri e l’altro ieri a Napoli insieme ai lavoratori della Whirlpool? Quanti sui siti delle altre 182 crisi industriali? Quanti davanti alle scuole che cadono a pezzi? Quanti davanti agli ambulatori senza medici e infermieri? Sono domande populiste, ma toccano il vero nervo scoperto di quella comunità politica che si chiama Partito Democratico: la sua incapacità di fare politica senza stare al governo.
Non è un caso che oggi il Pd sciorini rosari di successi – abbiamo David Sassoli alla presidenza del Parlamento Europeo, Paolo Gentiloni Commissario all'Economia, e siamo al governo in Italia – sebbene nessuno di loro abbia ancora dato segni della propria presenza, nei palazzi del potere. Per dire: Quota 100 non si toccherà per non far regali a Salvini, e i decreti sicurezza saranno cambiati il minimo indispensabile, per lo stesso motivo. Sia chiaro, tra il peggio e il meno peggio c’è tutta la differenza del mondo, ma se qualcuno pensasse che i dem siano andati al governo semplicemente perché senza governo non ci sanno stare faremmo fatica a confutarne la tesi.
Va dato merito a Zingaretti di averlo detto più volte, in questi mesi da segretario, che il Pd deve tornare a essere forza sociale, che debba tornare a stare tra la gente, a essere periferia e margine senza doverci andare, a fare politica senza necessariamente essere un ufficio di collocamento per posti di sottogoverno per i militanti, a sapersi relazionare con le forze sociali – dai sindacati ai comitati di quartiere – senza complessi di superiorità, a fare opposizione senza dover per forza presentare leggi di bilancio ombra – addirittura due, lo scorso anno: una di Martina e una di Renzi – giusto per far finta di essere al governo.
Leggetevelo, Di Battista, cari democratici. Soprattutto perché non sta parlando con voi. Sta parlando coi suoi, e gli sta dicendo di non diventare come voi, di rifuggire dalla tentazione del potere per il potere attorno a cui anche il Movimento si sta pericolosamente avvitando. Saranno pure le parole di un guitto in cerca d’autore, come spesso lo rubricate, ma ascoltarle male non fa. Perché magari non siete così, cari democratici. Ma è così che vi vede chi vi ha abbandonato.