Mentre da domani il Parlamento tornerà a discutere delle riforme istituzionali, a bocce praticamente ferme si continua a trattare sulla riforma della legge elettorale. Stavolta però sembrano esserci delle scadenze ben precise, come testimonia il nervosismo che filtra dai piani alti dei partiti. Stando a quanto lascia intendere a Repubblica Maurizio Migliavacca, uno dei pontieri democratici, infatti: "Tra una settimana o abbiamo messo l'accordo per iscritto, oppure la riforma elettorale non si farà più: entro sabato speriamo di sapere qualcosa". In effetti resta sempre l'idea di partire dalla bozza Alfano – Bersani, anche se negli ultimi giorni sono emerse altre (e difficilmente sormontabili) problematiche.
Il ritorno al proporzionale – E' questa l'ultima "provocazione" che filtra dal Popolo della Libertà, i cui mediatori continuano a ritenere possibile un accordo sulla base dell'assegnazione per via proporzionale di oltre il 70% dei seggi (Giovanna Casadio su Repubblica parla addirittura dell'85% sul modello greco). Un orientamento giudicato insostenibile dal Partito Democratico, che invece si mostra più aperto su un possibile "ritorno delle preferenze" (almeno per una parte degli eletti e evitando di intervenire tout court sulle liste bloccate). Stessa confusione intorno alla questione del premio di maggioranza (15% forse), che i democratici intenderebbero assegnare alla coalizione che conquista la maggioranza relativa dei voti (opzione che trova favorevole il Pdl ma scettici i centristi).
Ovviamente restano distanze "anche" sull'obbligo di dichiarare prima del voto la coalizione "di Governo", mentre in pratica è passato sotto silenzio il no della commissione Affari costituzionali del Senato all'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Un ennesimo intoppo che certamente influenza una discussione che sta assumendo contorni paradossali, con il "rischio di un ennesimo stallo sulle riforme costituzionali ed elettorali, dopo l'eventuale fallimento del tentativo sperimentato in questi mesi, che non sarebbe senza effetti per il Paese. Le forze politiche presenti in Parlamento si giocano su questo terreno larga parte della loro credibilità", per citare i senatori democratici Ceccanti e Chiti. Insomma, le posizioni restano distanti ed il tempo per trovare punti d'incontro sta per scadere (anche perché sembra ormai naufragata l'ipotesi avanzata da Marcello Pera di una nuova Costituente), tanto da far pensare a due scenari possibili. O un compromesso al ribasso (sperando non si ripresenti un pastrocchio in stile Porcellum), oppure il rinvio della discussione alla prossima legislatura. Noi, restiamo pronti a scommettere.