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Le sei ragioni dello stop all’impeachment di Napolitano

Napolitano non sarà messo in stato d’accusa: ecco i sei motivi per i quali la richiesta del Movimento 5 Stelle non ha trovato (e non poteva trovare) accoglimento.
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La richiesta di messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stata archiviata per manifesta infondatezza: in tal senso si sono espressi 28 membri del comitato parlamentare, mentre solo in 8 hanno votato per il proseguimento delle indagini (i membri di Forza Italia non hanno partecipato al voto). Non si tratta di una chiusura definitiva, dal momento che l'archiviazione può essere impugnata con l'appoggio del 25% dei parlamentari. Al di là delle valutazioni politiche sull'operato di Napolitano come Capo dello Stato e nella considerazione della legittimità delle diverse opinioni sulle conseguenze di alcune scelte, resta di un certo interesse capire in che modo si è arrivati all'archiviazione del caso dopo solo due sedute del comitato.

La richiesta del Movimento 5 Stelle si basava su 6 "capi di imputazione", che a loro dire avrebbero dovuto immediatamente portare alla messa in stato d'accusa del Presidente. Ovviamente il riferimento era all'articolo 90 della Costituzione, che sancisce la possibilità di mettere in stato d'accusa il Presidente della Repubblica (sull'utilizzo del termine impeachment si veda qui). Ma andiamo con ordine, provando a spiegare il perché con buona probabilità il Comitato si è opposto (in attesa di conoscere il dettaglio delle motivazioni).

1. Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d'urgenza. Nella critica dei 5 Stelle Napolitano avrebbe promulgato una serie di decreti per i quali il Governo aveva adottato la procedura d'urgenza, compiendo così una forzatura rispetto agli articoli 70 e 77 della Costituzione. Inoltre, Napolitano sarebbe in qualche modo responsabile della "qualità" del contenuto degli stessi (la critica è sia alla reiterazione, stigmatizzata dalla Consulta, che ai cosiddetti "decreti omnibus"). Il punto è capire in che modo una valutazione di ordine politico (sulla qualità del contenuto) possa rappresentare una violazione costituzionale, soprattutto in assenza di rilievi di costituzionalità sui decreti firmati dal Capo del Governo. Ed è difficile dare come "dato di fatto" (non come interpretazione di ordine politico, dunque) la pretesa trasformazione del "Governo parlamentare" in "presidenziale o direttoriale".

2. Riforma della Costituzione e del sistema elettorale. Il riferimento in questo caso era al tentativo di impostare le riforme istituzionali ed elettorale tramite la deroga all'articolo 138 della Costituzione. Stando alla ricostruzione dei grillini, Napolitano avrebbe "promosso l'approvazione di una legge costituzionale derogatoria, tra le altre, della norma di chiusura della Costituzione – ovvero l'art. 138 Cost. – minando uno dei principi cardine del nostro ordinamento costituzionale: la sua rigidità". Inoltre, nelle motivazioni compare un riferimento agli incontri per definire la legge elettorale del 24 ottobre 2013, dai quali sono stati esclusi i soli rappresentanti dell'allora opposizione parlamentare. Anche qui però, si scambia la legittimità in termini costituzionali del comportamento del Capo dello Stato con valutazioni di ordine politico. E, quanto alla questione delle riforme, si confonde la moral suasion con l'ingerenza diretta. Peraltro, relativamente ad un progetto naufragato e dunque solo abbozzato (anche grazie all'opposizione del Movimento 5 Stelle) e infine senza scendere nel merito della legge delega al 138 (che non sembrava presentare accezioni di incostituzionalità e che in ogni caso è stata accantonata).

3. Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale. La critica in questo caso è chiara: Napolitano poteva e doveva rinviare alle Camere norme "viziate da incostituzionalità manifesta" come il Lodo Alfano e il Legittimo impedimento. È evidente che in tal caso l'operato di Napolitano sia ampiamente criticabile, ma il Capo dello Stato è sempre responsabile fino in fondo delle decisioni "successive" della Consulta sulla costituzionalità delle leggi? È questo sufficiente ad autorizzare l'impeachment? È il potere di rinvio "una possibilità" o no?

4. Seconda elezione del Presidente della Repubblica. Questa cosa è francamente assurda e il comitato l'avrà liquidata in poche battute. La Costituzione non prevede limitazioni dirette in questo senso e la cronaca dei fatti mostra come la rielezione non fosse tra i desiderata di Napolitano. Dire il contrario, sostenendo l'ipotesi di un complotto e di trame oscure per ottenere la rielezione, è davvero una forzatura. Ps: poi sulla necessità di soluzioni diverse rispetto al reincarico siamo completamente d'accordo e più di un costituzionalista è concorde nel sostenere che "sette anni sono abbastanza".

5. Improprio esercizio del potere di grazia. La questione è particolarmente delicata, soprattutto se posta in questi termini. Per il Movimento 5 Stelle i casi Sallusti e Romano sono aperte violazioni costituzionali, anche in riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 2006 che limita l'istituto dell'art. 87 della Costituzione ad "eccezionali ragioni umanitarie". Sull'opportunità della grazia a Romano, ad esempio, molto è stato scritto in questi mesi e le perplessità restano tutte: è arduo però che ciò possa tradursi in "sospetti" di alto tradimento, come del resto solo "accennato" dagli stessi parlamentari grillini in conferenza stampa. La commutazione della pena di Sallusti merita poi un discorso a parte, ma evidentemente per il Comitato neanche questo rientra nell'accusa di "distorsione ai fini risolutivi di controversie relative alla politica estera ed interna del Paese".

6. Rapporto con la magistratura: Processo Stato – mafia. L'accusa è chiara: "Anche nell'ambito dei rapporti con l'ordine giudiziario i comportamenti commissivi del Presidente della Repubblica si sono contraddistinti per manifeste violazioni di principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, con riferimento all'autonomia e all'indipendenza della magistratura da ogni altro potere statuale". I riferimenti sono alla trattativa Stato – mafia e in particolare alla sollevazione del "Conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo, in merito ad alcune intercettazioni telefoniche indirette riguardanti lo stesso Capo dello Stato". Chiarendo che anche la richiesta del Movimento 5 Stelle è volta a far chiarezza su vicende sulle quali spesso cala il silenzio, vale però la pena di sottolineare che la fattispecie di "attentato alla Costituzione" non può adattarsi al legittimo utilizzo (ripetiamo, discutibile o meno) del conflitto di attribuzione oppure ad una richiesta di chiarimenti avanzata in maniera pubblica. Insomma, ancora una volta si riscontra una sovrapposizione fra la critica politica e la scorrettezza procedurale: piani distinti, evidentemente, anche nella lettura del Comitato. Il punto è che, per stessa ammissione dei grillini, l'impeachment era un atto eminentemente politico e come tale è stato trattato.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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