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Covid 19

Le scuole restano aperte: le Regioni chiedono di chiuderle, ma il governo dice no

Le Regioni hanno chiesto al governo di chiudere le scuole in seguito all’aumento dei contagi in Italia. Ma l’esecutivo rifiuta la richiesta, ritenendola contraddittoria: “Chiedere la riapertura delle attività economiche e la chiusura delle scuole è una contraddizione di fondo”, è la replica di Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari regionali.
A cura di Stefano Rizzuti
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Riaprire le attività economiche, ma richiudere le scuole. Andare al ristorante la sera, ma applicare sempre la didattica a distanza. Per il governo è una “contraddizione” che non può trovare ascolto, ma la linea delle Regioni – o comunque di molte di esse – è quella di chiudere le scuole, ritenute una delle principali cause dell’aumento dei contagi. Durante l’incontro tra governo e Regioni le divisioni sul tema della scuola è emerso più evidente che mai. Alcune Regioni, capeggiate da Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Campania hanno chiesto di far valutare al Comitato tecnico-scientifico l’impatto della scuola in presenza sulla situazione epidemiologica. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha proposto di tenere le scuole chiuse fino a che non saranno vaccinati tutti gli insegnanti.

Il governo dice no alla chiusura delle scuole

La replica del governo viene affidata alla ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, che chiarisce come sia un controsenso chiedere più aperture per le attività produttive e, allo stesso tempo, la chiusura delle scuole: “Chiedere la riapertura delle attività economiche e la chiusura delle scuole è una contraddizione di fondo”. Stessa linea seguita dal ministro della Salute, Roberto Speranza: “Difficile parlare di chiusure delle scuole da una parte e di riaperture di attività commerciali dell’altra”. La valutazione sulla chiusura delle scuole, secondo Speranza, andrà fatta volta per volta, sulla base della situazione epidemiologica.

Le richieste delle Regioni sulle scuole

Dopo l’incontro il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, spiega: “Per stabilire aperture e chiusure serve un’evidenza scientifica che consenta di ponderare l’impatto della scelta e prendere decisioni consapevoli, senza penalizzare attività che non comportano un ampio rischio di contagio”. Per Michele Emiliano “se vogliamo la scuola aperta in presenza, dobbiamo vaccinarla: nel giro di 20 giorni al massimo, se ci impegniamo, noi potremmo vaccinare tutto il personale della scuola ed evitare le eventuali accuse delle procure sull’inosservanza delle misure di sicurezza sul lavoro, avendo fatto tutto ciò che è possibile per evitarlo”.

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, spiega ancora: “Ho chiesto formalmente che il Cts si esprima ufficialmente rispetto all’apertura delle scuole. La scuola è una realtà sacra, quando decisi la chiusura parlai chiaramente di una sconfitta ma, se la guardiamo dal lato epidemiologico il Cts ci deve dire perché altre forme di aggregazione sono pericolose e la scuola no. Perché noi non siamo in grado di esprimere una valutazione scientifica”. Il governo, però, al momento non sembra voler cedere sulla scuola, continuando con la didattica a distanza solo nelle zone in cui i contagi sono maggiori, come già previsto dalle regole sulla suddivisione in zone gialle, arancioni e rosse.

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