Nella lettura grillina, il ritratto a tinte fosche, tratteggiato da Eugenio Scalfari nel suo editoriale domenicale, del Paese e dell'Europa che verranno se a vincere le elezioni (europee per ora) dovesse essere il Movimento 5 Stelle è solo l'ultimo atto di una vera e propria campagna di stampa volta a mantenere in piedi ciò che resta del Sistema. Un attacco cui è seguita la reazione di Enrico Letta in merito alla presunta disinformazione di Grillo (in realtà del Corsera…) sulla questione degli incentivi per la lotta alla disoccupazione giovanile. Questioni diverse ma che si inseriscono nel solco di una escalation della reazione della politica tradizionale all'avanzata a tutto campo delle truppe a 5 Stelle, rivitalizzate e compattate dalle ultime scelte (comunicative e programmatiche) di Beppe Grillo. Una reazione che sta avendo direttrici diverse, dalla marginalizzazione in Parlamento del lavoro grillino (di cui vi abbiamo parlato qui), alla ristrutturazione interna dei partiti tradizionali (dalle primarie del Partito Democratico che probabilmente incoroneranno Renzi al ritorno a Forza Italia, fino alla ristrutturazione di Scelta Civica), passando per una abbondante concessione al populismo di alcune scelte governative per arrivare ad alcune scelte di carattere più formale che sostanziale (voto palese su decadenza Berlusconi, desecretazione dei verbali del caso Schiavone, contenimento dei costi di Camera e Senato eccetera). Il punto è che l'urgenza della reazione alla mobilitazione grillina (nel senso concettuale del termine) poggia su una serie di considerazioni di grande rilevanza. Insomma, da cosa parte il contrattacco?
1 – Siamo già in campagna elettorale. È questo l'assunto base dal quale partire: la campagna elettorale è già cominciata o, per meglio dire, non si è mai chiusa. Anche perché l'appuntamento delle elezioni europee rischia di trovare i partiti tradizionali "nelle peggiori condizioni di sempre", con l'abbraccio mortale delle larghe intese e tutte le spine della sfida europeista. In tal senso Grillo avrà le mani libere di affrontare la sfida sul campo a lui più congeniale: quello della contestazione grossolana, populista e qualunquista all'Europa dei burocrati e dei banchieri. I sondaggi del resto collocano il M5S tra il 20 ed il 25 percento: un dato per difetto, lo sanno tutti, proprio perché non tiene conto della devastante capacità di mobilitazione dell'elettorato dell'ex comico e dell'effetto polarizzazione delle ultime settimane prima del voto. E l'idea di un Movimento intorno al 30% terrorizza i partiti, non c'è molto altro da dire.
2 – L'Europa dei popoli, che non esiste. Il secondo punto è strettamente connesso al primo e ovviamente riflette una sensazione molto diffusa tra i politici di lungo corso (soprattutto in casa centrodestra), con una domanda che circola insistente: siamo proprio sicuri di volerci legare le mani difendendo "questo modello di Europa?". Già, perché oltre i calcoli elettorali, c'è la nitida sensazione di un processo che definire rivedibile è usare un eufemismo. Nota Panebianco sul Corsera: "Soprattutto, bisognerà riconoscere che la responsabilità dell’ondata antieuropeista ricade interamente sulle spalle di quelle élite che con le loro politiche e i loro errori l’hanno provocata. L’Unione Europea va ripensata. Bisogna prendere atto che le divisioni che l’attraversano sono ormai troppo profonde e che l’unico modo per non esasperarle ulteriormente è cambiare registro. È inutile, e controproducente, continuare a spendere vuota retorica a favore di una ipotesi di super Stato — gli Stati Uniti d’Europa — che probabilmente non nascerà mai e che, comunque, in questa fase storica, non interessa alla maggioranza degli europei".
Di contro la saldatura sui temi e nel merito delle scelte fra i partiti antieuropeisti ed i loro elettorati è già in fase oltremodo avanzata. Ve ne parlavamo in merito al rapporto fra Movimento 5 Stelle e Front National: "Se c'è infatti un punto su cui Grillo e Le Pen concordano è il disprezzo per “questa Europa”. In un suo recentissimo post Beppe Grillo parla espressamente di una “crociata contro l'Unione Europea delle banche e dei burocrati” e di “cambiare l'attuale modello di Europa, fondato sulla finanza, perché i cittadini desiderano un'Europa solidale dove uno Stato in difficoltà, come è successo per la Grecia, non sia lasciato morire per salvare i bilanci delle banche tedesche e francesi” (mentre già in passato si era spinto a mettere in discussione vincoli e trattati, nonché a chiedere una riflessione sull'euro moneta unica). Marine Le Pen segue a ruota, proponendo un programma in 4 punti: “La fine dello spazio di Schengen, l'addio all'euro, il patriottismo economico e la superiorità del diritto nazionale sulle direttive europee”.
3 – La crescita "qualitativa" del Movimento 5 Stelle. I bei tempi andati in cui gli eletti grillini studiavano per capire come presentare una mozione, un odg o una proposta di legge sono ormai un ricordo e la lenta ma inesorabile crescita del livello qualitativo della classe dirigente grillina è sotto gli occhi di tutti. Ed è uno dei campanelli d'allarme per Pd e Pdl, anche in relazione alla chiarezza e alla forza con cui stanno provando ad imporre la discussione all'interno dell'opinione pubblica (mentre in Parlamento scontano ancora la difficoltà ad incidere "contro un blocco molto più omogeneo di quanto sembri", come ci confidò Roberto Fico qualche settimana addietro). Dal piano carceri alla presentazione del piano per il reddito garantito (ma non solo), gli eletti 5 Stelle stanno mettendo in campo uno sforzo enorme di legittimazione politica, che sconta solo marginalmente i limiti dell'impianto "monarchico" del Movimento (e non è un caso se Grillo sta intervenendo sempre meno direttamente nei meccanismi di lavoro). Certo, ci sono ancora alcuni limiti, dovuti probabilmente a qualche "effetto collaterale" della prima esperienza parlamentare, con alcuni interventi francamente improponibili in Aula ed un eccesso di retorica e "pressappochismo" in alcune impostazioni (sulla difesa della Costituzione da non si sa quale attentato, in primo luogo, ma anche sull'impeachment a Napolitano ad esempio), ma in tal senso le attenuanti sono tante. E con una classe dirigente matura e allo stesso tempo vincolata al confronto diretto con la base (che al momento ancora non c'è, sia chiaro, al di là delle sciocchezze sulla democrazia diretta e sul sistema operativo) non ci sono dubbi sul fatto che il Movimento si presenti come forza di Governo alle prossime politiche.
4 – Le larghe intese, la pietra tombale sul finto bipolarismo. Questo è il punto più spinoso. Grillo lo dice da anni: sono tutti uguali, danno vita ad una finta contrapposizione da vent'anni, si interessano solo di poltrone e se ne fregano degli interessi del Paese. Ecco, le larghe intese non solo hanno dato forma e sostanza all'immagine "dell'inciucione Pdl – Pdmenoelle", ma hanno legittimato la polemica e la critica distruttiva contro la casta. Insomma, le scelte di Napolitano, Berlusconi e Bersani hanno preparato il campo affinché Grillo possa presentarsi "solo contro tutti", in un nuovo e rinnovato bipolarismo che non può che premiare un partito nuovo e per nulla colluso con le precedenti esperienza. A maggior ragione in un momento di crisi economica. Ecco perché ad esempio Matteo Renzi non accetterà mai di farsi logorare per anni come segretario del Partito Democratico e sponsor del Governo Letta. Il Sindaco di Firenze non può correre il rischio di vedersi appiccicata l'etichetta del "politico tradizionale cane da guardia del Sistema" (che del resto non gli appartiene) e i suoi strappi con Letta e maggioranza vanno letti in questo senso.
5 – L'assenza o quasi nei nuovi luoghi della politica. Questo è un luogo comune, siamo d'accordo. Ma, pur senza esagerare, appare sempre più evidente la forbice fra la presenza delle istanze grilline sui social network e "nei nuovi luoghi della costruzione del consenso" e quella dei politici di lungo corso. Un divario evidente, che spesso implica anche che il messaggio finale che passi sia contraddittorio e pieno di inesattezze (lo ripetiamo, sul finanziamento pubblico ai partiti e sulla questione delle riforme istituzionali c'è un magma tra disinformazione, pressappochismo e propaganda che rende complesso ogni intervento "chiarificatore"). Ma anche una frattura in costante ampliamento, con i partiti tradizionali che hanno lavorato poco e male per restare al passo con i tempi. E nonostante avessero come competitor un Movimento che, al di là della vulgata ufficiale, utilizza piuttosto male le nuove tecnologie per il coinvolgimento attivo dei militanti (ma per questo aspetto rimando ad un vecchio articolo sul blog di Fabio Chiusi). Insomma, questo è un altro nervo scoperto. E non meravigli che la reazione sia partita proprio dai giornali "cartacei"…