Stanno facendo molto discutere le inchieste realizzate da Fanpage.it sulle primarie del Partito Democratico che si sono tenute domenica 3 marzo. In queste ore siamo stati letteralmente subissati di critiche, insulti e accuse di disinformazione da parte di elettori ed esponenti democratici, come del resto già accaduto qualche anno addietro, sia in occasione delle primarie milanesi del 2016, che in quelle napoletane del 2016 e, infine, in quelle nazionali del 2017. Anche in quelle occasioni, avevamo infatti documentato comportamenti anomali in grado di condizionare la libera e consapevole espressione del voto dei cittadini, e controlli piuttosto superficiali, tali da rendere possibile votare più volte, addirittura nello stesso seggio, in barba al regolamento.
Le reazioni scomposte alla pubblicazione dei due lavori (che potete vedere qui e qui) ci hanno particolarmente colpito, anche perché arrivano da coloro i quali si sono da tempo auto-proclamati "l'altra Italia", quella che preferisce il ragionamento all'insulto, il dialogo al tifo da stadio, il rispetto per gli altri allo scontro. Ecco, stavolta il tenore dei commenti critici nei confronti del lavoro della redazione è drammaticamente simile a quello che registriamo quando parliamo di temi "scomodi" per l'elettorato che sostiene il governo. Accuse di manipolazione, di taglia e cuci, di "fabbricazione di fake news", i classici "chi vi paga?", le teorie del complotto, gli insulti sessisti (eh), gli insulti in privato e via discorrendo. "L'altra Italia" insulta, delegittima e attacca i giornalisti. Evidentemente, per qualcuno, la difesa della libertà di stampa è un altro di quei temi su cui si può avere una posizione diversa a seconda delle stagioni politiche e della propria convenienza. Non un valore in se, ma un valore "se…".
Qualche tempo fa, ragionavamo su come lo strumento delle primarie rischiasse di trasformarsi in un’arma utile più ai cosiddetti portatori di voti che ai cittadini desiderosi di contribuire alla selezione della classe dirigente. Quello che abbiamo fatto, in questi giorni come in passato, è stato proprio accendere una luce laddove il voto consapevole e la partecipazione informata dei cittadini rischiavano di passare in secondo piano rispetto al voto organizzato e pilotato dai cacicchi locali. Evidenziare le disfunzioni e le falle del sistema primarie è il solo modo per preservarle e impedire che da vero strumento di democrazia partecipata diventino un meccanismo utile ai capibastone per “contarsi”, far valere la loro posizione e poi passare all’incasso in termini di candidature e incarichi.
Francamente, noi pensiamo che sia proprio questo il compito dei giornalisti: guardare dove gli altri non possono o non vogliono guardare, accendere i riflettori su ciò che non sempre è visibile a tutti, mettersi al servizio dei lettori, anche della comunità degli elettori e simpatizzanti del PD, che merita di contare, non solo di "farsi contare".