I partiti continuano a litigare sull’invio di armi all’Ucraina
La questione delle armi all'Ucraina continua a dividere i partiti che sostengono il governo a tre mesi e mezzo dallo scoppio della guerra. I toni stanno cominciando a rialzarsi in vista del 21 giugno, data in cui il presidente del Consiglio, Mario Draghi, tornerà in Parlamento per riferire a Camera e Senato in vista del prossimo Consiglio europeo. In cui, naturalmente, i leader europei discuteranno di come sostenere il governo ucraino nella resistenza all'aggressione russa. "Spero non ci sia bisogno di votare nessun nuovo invio di armi", ha commentato il leader della Lega, Matteo Salvini. "Più armi si mandano, più si allungano i tempi della guerra e più è difficile portare le parti a un dialogo", ha poi aggiunto.
Sulla stessa linea il presidente del Movimento Cinque Stelle: sottolineando come l'Italia abbia già sostenuto a livello militare Kiev, Giuseppe Conte ha ribadito che adesso è arrivato il momento del dialogo e delle diplomazia. "L'Ucraina a questo punto è bene armata. Ci sono Paesi come gli Stati Uniti che continuano a rifornirla di ogni genere di armamenti e quindi non è di aiuti militari che ha bisogno. Ha bisogno di governo che spingano a livello internazionale per un negoziato di pace". Una posizione che ha creato non pochi attriti con gli alleati del Partito democratico, che invece sostengono pienamente l'azione di Draghi e del governo. Chiaramente per i pentastellati si pone anche un tema interno. "Se Conte pensa che Draghi stia sbagliando sulla politica estera, il leader grillino deve chiamare Di Maio e chiedergli di dimettersi, ma non lo farà mai", ha sottolineato Matteo Renzi in un'intervista al Corriere della Sera.
L'ipotesi di uno strappo nel governo, però, viene smentita da tutti i principali leader. "Questo governo deve tenere fino all'ultimo giorno", ha detto il leader del Pd, Enrico Letta. E ancora: "Noi abbiamo tenuto una linea concordata con il resto della Ue e credo che qualunque sia la posizione nel Parlamento, ci debba essere una linea in continuità con l'alleanza europea. Quella discussione in Parlamento non può che essere in continuità a meno che il 21 giugno succeda qualcosa che cambia tutto". È d'accordo Antonio Tajani, numero due di Forza Italia, che sottolinea come sia necessario muoversi in sintonia con il governo per arrivare alla pace.