A scanso di ogni contestazione a priori: le "storie" del Front National e del Movimento 5 Stelle sono nettamente, radicalmente diverse e la formazione culturale dei gruppi dirigenti è sostanzialmente di matrice opposta. E ogni pretesa convergenza ideologica è smentita proprio dall'impostazione stessa del percorso dei due movimenti. Infine, non c'è modo di sovrapporre le esperienze individuali di Marine Le Pen e Beppe Grillo, lontani, lontanissimi per formazione culturale, provenienza sociale e riferimenti ideali. Detto questo, possiamo passare alla cronaca politica, alla cruda realtà dei fatti e ad alcune "proiezioni" che solo i prossimi mesi potranno smentire.
La cronaca politica parte da una considerazione banale, scontata: il Movimento 5 Stelle ed il Front National sono i veri spauracchi della "politica tradizionale" in previsione delle elezioni europee del giugno 2014 (ben più degli euroscettici tedeschi, relegati al 4% dalla cancelliera Merkel, o del partito anti – immigrati norvegese). La conferma arriva dai sondaggi elettorali, che danno il Movimento 5 Stelle al 22% circa (in realtà, a parere di chi scrive, andrebbe necessariamente tenuto conto del carattere "mobilitante" delle campagne elettorali grilline) e il Front National oltre il 24%, primo partito in Francia. Dati che, se confermati, vedrebbero l'ingresso in massa di grillini e lepenisti al Parlamento Europeo.
E quindi? In effetti, ad autorizzare un parallelo e ad immaginare la preoccupazione da parte "europea" concorrono le proposte ed i programmi dei due movimenti. Se c'è infatti un punto su cui Grillo e Le Pen concordano è il disprezzo per "questa Europa". In un suo recentissimo post Beppe Grillo parla espressamente di una "crociata contro l'Unione Europea delle banche e dei burocrati" e di "cambiare l'attuale modello di Europa, fondato sulla finanza, perché i cittadini desiderano un'Europa solidale dove uno Stato in difficoltà, come è successo per la Grecia, non sia lasciato morire per salvare i bilanci delle banche tedesche e francesi" (mentre già in passato si era spinto a mettere in discussione vincoli e trattati, nonché a chiedere una riflessione sull'euro moneta unica). Marine Le Pen segue a ruota, proponendo un programma in 4 punti: "La fine dello spazio di Schengen, l'addio all'euro, il patriottismo economico e la superiorità del diritto nazionale sulle direttive europee".
La valutazione delle elite dominanti, in Francia come in Italia, accomuna Grillo e Le Pen. Per il capo politico dei 5 Stelle l'abbraccio pidielle-pdmenoelle ha rappresentato una costante degli ultimi anni, con la logica del "sono tutti uguali" come metro di giudizio sull'intera classe politica italiana e l'individuazione di una nuova forma di lotta di classe, quella del popolo contro la casta, dei cittadini contro un sistema escludente e alla ricerca solo della propria autoconservazione. In Francia i nazionalisti hanno coniato l'acronimo Umps per aggregare l'Ump di Copè e Fillon al Psf di Desir e Hollande, cavalcando l'ondata di scandali che ha investito prima il ministro del Tesoro socialista Cahuazac, poi lo stesso Sarkozy e mettendo la "maggior distanza possibile fra la Casta e la gente di Francia".
Ma è nel (presunto) post ideologismo che Fn e M5S camminano a braccetto. Sul senso del non essere "né di destra né di sinistra" di Beppe Grillo abbiamo ampiamente discusso, trovando anche forti contrapposizioni da parte di alcuni lettori che ci hanno più volte invitato a "contestualizzare" la lettura grillina proprio nel senso del superamento di contrapposizioni ideologiche "datate". Sulla svolta della Le Pen invece conviene dire qualche parolina in più, magari citando la sua "diffida" dall'etichettare il Front National come partito di estrema destra. "Non accetto questa definizione", ha spiegato la figlia di Jean Marie a Repubblica, "poiché è un modo di chiuderci in un angolo. Siamo un partito patriottico, gollista". Scelta singolare, soprattutto perché viene dalla leader di un partito che nasce con connotazione marcatamente ideologica. E, più che ad un serio tentativo di legittimazione politica e ad una convergenza verso un orizzonte conservatore – reazionario di stampo moderato, sembra una scelta che risponde ad un preciso calcolo elettorale e ad una lettura dei cambiamenti socio – culturali in chiave post – ideologica. Insomma, più che il modello – Fini, Le Pen ha optato per il modello Grillo.
Del resto, per citare la splendida analisi dei Wu Ming sulla collocazione ideologica del Movimento 5 Stelle (che riprende il paradosso di Quadruppani), "ci sono due modi di non essere né di destra né di sinistra: un modo di destra e uno di sinistra. […] C'è un modello riscontrabile ad esempio negli indignados spagnoli. Quelli del "non siamo di destra né di sinistra: siamo los de abajo», ovvero quelli di sotto, quelli che vengono dal basso. Di solito, in questi casi, la dichiarazione di «non-appartenenza lineare» si accompagna a pratiche egualitarie, alla presenza di interlocutori «privilegiati» a sinistra e all’ostilità verso qualunque destra. […] ’è un modo più «normalizzante» e di destra(nonché largamente maggioritario) di dichiararsi né di destra né di sinistra. Qui l’attitudine è: «rossi e neri sono tutti uguali» (cfr. la celeberrima scena di Ecce Bombo in cui Nanni Moretti attribuisce a generici «film di Alberto Sordi» la responsabilità di tale cliché). Si afferma l’equivalenza e l’indistinguibilità tra diversi percorsi e storie. Si getta tutto nel mucchio, occultando il conflitto primario – quello a cui i concetti di «Destra» e «Sinistra» continuano ad alludere, anche se più flebilmente che in passato, ossia la lotta di classe – in nome di surrogati, diversivi, conflitti sostitutivi come quello tra la «gente» e i «politici», la «casta» etc".
Ecco, Front National e Movimento 5 Stelle appartengono senza dubbio alcuno a questa seconda categoria. E solo su questa piattaforma sono riscontrabili risposte comuni a percezioni comuni di problematiche comuni. Il caso dell'immigrazione è abbastanza eclatante. Il rapporto con il complesso delle problematiche che afferiscono alla questione dei migranti e parallelamente al modo migliore per intercettare il sentimento della maggioranza dei cittadini, per capirne gli umori e rappresentarne le istanze, è paradigmatico della enorme capacità di mobilitazione che hanno Movimento 5 Stelle e Front National. La lettura è simile: responsabilità europea, no al buonismo, no all'ipocrisia, preminenza degli interessi nazionali e rimando a generiche risposte sistemiche.
"L'Europa deve scoraggiare i viaggi della disperazione. Dobbiamo dire a questi poveretti che non abbiamo più niente da offrire". La frase è di Marine Le Pen, ma nessuno si sarebbe scandalizzato se l'avesse letta in uno dei post di Grillo sulla questione Lampedusa. Senza che per questo si debba necessariamente rintracciare il germe del razzismo. Passaggio che probabilmente va fatto, ma solo inserendo una frase del genere nella critica al multiculturalismo e nel coacervo di riflessioni su "sangue e terra" che (per fortuna) non sono presenti nel Movimento 5 Stelle.
E se l'assalto alla diligenza riuscisse? Se cioè le prossime elezioni europee ratificassero l'ennesimo avanzamento del "populismo italo – francese", cosa sarebbe lecito attendersi? Il punto è che sia Grillo che Le Pen non usano più condizionali o cautele. Non dicono più "se", ma "quando" vinceremo le elezioni. Ed è l'ineluttabilità del successo uno dei tratti distintivi e allo stesso tempo dei punti di forza dei due movimenti. Ed è questo che terrorizza i partiti "tradizionali" in Francia e Italia (Germania e Inghilterra per ora ne sono immuni, ma semplicemente perché la forza ed il prestigio dei partiti conservatori non ha lasciato margine di organizzazione ulteriore a chi si muove nello stesso spazio vitale). Del resto è sì la crisi ad aver creato le condizioni per il trionfo di istanze populiste (certo) e qualunquiste. Ma sono state l'incapacità della politica di dominare i processi di un mercato folle e l'inefficienza della classe dirigente ad aver spianato la strada alla "mobilitazione" che ora rischia di travolgere un intero sistema e quell'area progressista incapace di mettere in campo quella "contromobilitazione" fondata su una lettura radicalmente alternativa della società "post – ideologica al tempo della crisi economica". E il sospetto è che il vero braccio di ferro sarà solo con l'Europa della conservazione (o della reazione). Con buona pace del progressismo.