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Le parole della Sereni: la versione di Bersani e quella di Grillo

“Il Pd non ha mai voluto un Governo con il Movimento 5 Stelle”, così Marina Sereni a Porta a Porta e la dichiarazione diventa un caso. Ma in realtà: cosa ha detto di nuovo l’esponente del Pd?
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Ha destato grande scalpore ed indignazione la dichiarazione di Marina Sereni, esponente del Partito Democratico e bersaniana della prima ora, rilasciata durante la partecipazione alla trasmissione televisiva Porta a Porta. In pratica la democrat ha chiarito che "non c'è mai stata l'ipotesi di un Governo Pd – M5S", spiegando come Bersani avesse sempre chiesto ai 5 Stelle di consentire la nascita di un Governo e mai di aprirsi ad una alleanza organica. Da qui è partito il solito treno dell'indignazione a comando, con il filmato della Sereni che è stato rilanciato sui social network e postato con convinzione anche dallo stesso Vito Crimi, uno dei pochissimi ad aver avuto modo di parlare direttamente con Pier Luigi Bersani.

In pratica le parole della Sereni vengono viste come la conferma all'assunto formulato da Beppe Grillo nei momenti successivi all'elezione del Presidente della Repubblica. Quando cioè era ormai chiaro che la scelta del Partito Democratico sarebbe stata quella del Governo delle larghe intese ed era tramontata, tra mille polemiche, la possibilità di una convergenza con il Movimento 5 Stelle. A chi gli rinfacciava di aver gestito male il consenso ottenuto alle urne, facendo fallire ogni ipotesi di alleanza con il Pd, Grillo aveva risposto con un secco: "Il Pd non ha mai voluto un'alleanza, Bersani ci ha solo chiesto i voti. Ha fatto lo scouting…". La tesi dei grillini, rilanciata a gran voce anche da editorialisti come Travaglio e Scanzi, è sostanzialmente questa: i democratici non hanno mai voluto un accordo col M5S puntando all'inciucio fin dall'inizio e il teatrino messo in piedi da Bersani prevedeva condizioni volontariamente improponibili ed un aggravamento della crisi politica proprio per giustificare l'inciucio di fronte all'opinione pubblica. La stessa soluzione cercata dall'inizio per l'elezione del Capo dello Stato testimonia la volontà di una convergenza con Pdl e montiani, poi solo parzialmente (e non convintamente) accantonata dopo la rivolta della base e "l'obiezione di coscienza" di tanti grandi elettori di Pd e Sel. Insomma, Bersani avrebbe "finto" di aprire al Movimento, creando nel frattempo le condizioni per l'inevitabilità dell'inciucio.

Dall'altra parte l'interpretazione diverge completamente. Dalla prospettiva democratica, infatti, le parole di Marina Sereni non aggiungono poi molto alla "storia" della convergenza possibile tra Pd e M5S. In effetti, una vera trattativa per un'alleanza organica non c'è mai stata. E questo non è in discussione. All'inizio a pesare è stato il veto, netto, indiscutibile, dei grillini ("Mai un'alleanza con il Pd", "nessun accordo con i partiti"), successivamente (nel corso dell'elezione del Capo dello Stato) è stata decisiva l'indisponibilità a votare per Rodotà da parte dei democratici, chiudendo le porte timidamente aperte da Grillo. Insomma, per i democratici la Sereni ha semplicemente esplicitato un processo svoltosi alla luce del sole, senza retroscena o dietrologie.

Il punto è che la proposta di Bersani di "un Governo del cambiamento" non ha mai implicato un diretto coinvolgimento del Movimento nella formazione della squadra o nella proposta politica. Il segretario democratico ha in effetti provato a caratterizzare la propria piattaforma di Governo (i famosi 8 punti) accogliendo istanze vicine al Movimento, ma lo ha fatto senza mai rimettere in discussione alcuni punti centrali del programma democratico e, a ragione o a torto, senza mettere in discussione concretamente la guida di Governo e partito. Il tutto chiedendo al M5S di avallare la nascita del suo esecutivo "non impedendo" il voto di fiducia al Senato (come ribadito a Crimi e Lombardi in diretta streaming) e rinviando ad una generica collaborazione sui temi (sul modello Sicilia, tanto decantato fino al mese scorso e tanto "evidentemente fallimentare" adesso). Si trattava di un governo di minoranza basato sulla formula della non – sfiducia, una formula insolita ma teoricamente possibile. In questo senso la frase "Bersani ci ha chiesto solo i voti" ha senso e coerenza. Così come il "cui proderat" con cui ora si analizzano le mosse di Bersani e dei dirigenti democratici in effetti autorizzerebbe a pensare che si sia trattato di una strategia volta a concretizzare l'inciucio.

E però ci sono altre cose che, con la stessa onestà intellettuale, non possono essere taciute. In primis che la pretesa di accantonare l'idea che a guidare il Governo nascente non dovesse essere il segretario del Pd, o un diverso esponente del partito, era effettivamente un azzardo (fino a prova contraria l'esponente della coalizione che ha la maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato ha la legittimazione per guidare l'esecutivo). A maggior ragione senza aver proposto nessun nome alternativo o una ipotesi di altro tipo. Poi, sulla volontà del M5S di un'alleanza organica con il Pd, non crediamo sia necessario aggiungere altro, dal momento che non è mai stata nemmeno presa in considerazione ed è ben riassunta nella formula "mai nessuna fiducia a nessun governo" circolata fin dal post elezioni. Va riconosciuta certo al M5S la stessa coerenza, impostando da subito l'asticella su "legge elettorale subito, via i finanziamenti ai partiti, massimo due legislature e fuori tutti quelli che hanno più di due legislature": richieste da sempre considerate irricevibili o quasi dai democratici. Ma fingere ora il rimpianto per il mancato governo Pd – M5S è oltremodo ridicolo. C'era la possibilità, è vero ed è fin troppo evidente che si sarebbe trattato di una svolta epocale. Ma la volontà è mancata da entrambe le parti, per la gioia dei falchi del M5S e di quella parte del Pd che si è presa il Governo del Paese e probabilmente anche il futuro del partito. E che è l'unica ad averci davvero guadagnato e che ora porterà il Pd "il più lontano possibile dal M5S". E, purtroppo, alla fine conta solo questo.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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