UPDATE: Il Ministro Lupi si dimetterà domani. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, si dimetterà domani venerdì 20 marzo. Ad annunciarlo è stato lui stesso al termine di una giornata convulsa fatta di numerosi incontri nel governo e tra i leader della maggioranza. "Domani rassegno le dimissioni, al termine dell'informativa mi dimetto da Ministro" ha confermato infatti Lupi questa sera durante la registrazione di una puntata di Porta a Porta. L'addio al governo da parte dell'esponente del Nuovo centrodestra arriverà dopo l’informativa che terrà alla camera alle 11. La decisione era nell'area da alcune ore e dallo stesso governo avevano spiegato che la decisione sarebbe arrivata in alcune ore. "Quando ti vedi tirato in ballo, non so per che cosa, la decisione migliore è questa" ha spiegato Lupi, assicurando però che il suo gesto "rafforzerà l'azione del governo". Come ha rivelato lui stesso, nelle scorse ore ha avuto colloqui diretti sia con il premier, Matteo Renzi, sia con il leader del Ncd, Angelino Alfano sia con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A pesare sulla scelta però non sarebbe stato il Premier. "Non ho visto Renzi garantista perché io non sono indagato, dunque non c’è da essere garantista. Mi ha detto: Io non ti ho mai chiesto né chiederò le tue dimissioni perché non posso chiederle, dico che è una tua decisione" ha raccontato Lupi, assicurando: "Lo ripeto, né il segretario del partito, né il presidente del Consiglio mi hanno chiesto le dimissioni". Ad ogni modo le dimissioni Enon vuol dire ritirarmi alla politica, perché non c'è bisogno di una poltrona per fare politica" ha tenuto a precisare Lupi. Il gesto del Ministro ha ricevuto l'immediato apprezzamento di tutta la maggioranza e del Premier che ha commentato: "La scelta di Maurizio è una scelta saggia, per sé, per il Ncd e per il governo".
Martedì prossimo si discuteranno le mozioni di sfiducia individuale nei confronti del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, in relazione alle vicende che hanno portato all’arresto del “super-burocrate” Incalza, collaboratore del ministero fino al 31 dicembre dello scorso anno. Lupi, che non è indagato, ha spiegato di voler chiarire la sua posizione in Parlamento (facendo solo qualche breve cenno nel question time di qualche ora fa), ma difficilmente riuscirà ad evitare le mozioni di sfiducia individuali. Che, addirittura, potrebbero essere tre: dal Movimento 5 Stelle, da Sinistra Ecologia e Libertà (non è escluso che i due gruppi realizzino una mozione unitaria) e dalla Lega Nord. Domani, dunque, il ministro dei Trasporti riferirà in Parlamento sulla vicenda che lo vede coinvolto, mentre nella giornata di oggi ha incontrato Matteo Renzi ed Angelino Alfano a Palazzo Chigi.
Sono in molti a ritenere che, nel corso del colloquio, Renzi abbia fatto capire a Lupi che il suo tempo nell'esecutivo fosse terminato: troppo rischioso continuare a sostenerlo "senza se e senza ma", troppo difficile chiudere un occhio su vicende così delicate, soprattutto nel momento in cui infiamma la polemica sulla legge anticorruzione. Così, anche per depotenziare la mina della mozione di sfiducia (che spingerebbe i parlamentari del Pd a rinnovare pubblicamente la fiducia a Lupi), la strada sembra essere tracciata: le dimissioni dalla carica di ministro e l'assunzione dell'interim da parte dello stesso Renzi.
Che cos’è la mozione di sfiducia individuale
La mozione di sfiducia è un istituto che caratterizza le democrazie parlamentari e, sebbene non espressamente sancito dalla Costituzione, risponde al rapporto fiduciario fra parlamentari e Governo. Come spiegato dal Centro Studi della Camera dei deputati, infatti, “una parte della dottrina ammette la possibilità di siffatte mozioni con le quali dovrebbe essere fatta valere la responsabilità individuale sancita dal secondo comma dell'articolo 95 della Costituzione, contestualmente a quella collegiale in cui tutti i ministri incorrono congiuntamente per gli atti del Consiglio dei ministri” (mentre, ad esempio, il Presidente del Consiglio non può direttamente revocare un ministro, dal momento che sia la nomina che la revoca si attuano con un decreto del presidente della Repubblica).
In buona sostanza, con l’approvazione della mozione di sfiducia il Parlamento obbliga il ministro a rassegnare le dimissioni (discorso simile per quel che concerne l’esecutivo). La singola mozione viene di solito discussa in Aula in tempi celeri, dopo un breve dibattito parlamentare in cui si ascolta la “difesa” del ministro messo in discussione.
Come è andata in questa legislatura
Ad aprire il valzer delle mozioni di sfiducia in questa legislatura sono M5S e Sel, che il 15 luglio 2013 presentano al Senato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’Interno Angelino Alfano in relazione al caso Shalabayeva: quattro giorni dopo, la maggioranza che sostiene Enrico Letta vota compatta contro la sfiducia, che viene respinta con 226 no.
Il 4 novembre del 2013 è la volta della mozione di sfiducia nei confronti dell’allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, cui venivano addebitate ingerenze e comportamenti non trasparenti nella vicenda della “prigionia” di Giulia Ligresti. Anche in questo caso, la camera respinge la mozione ad ampia maggioranza.
Il 17 gennaio 2014 il Movimento 5 Stelle annuncia di voler presentare una richiesta di sfiducia nei confronti dell’allora ministro per le politiche agricole Nunzia De Girolamo, il cui nome era comparso in alcune intercettazioni sullo scandalo Asl in provincia di Benevento: questa volta non si arriva alla discussione in Aula, dal momento che la De Girolamo, sfiduciata anche da parte della maggioranza, preferisce rassegnare le dimissioni.
Con il passaggio da Letta a Renzi, aumenta la frequenza delle mozioni di sfiducia individuali. Il 26 febbraio, infatti, il Movimento 5 Stelle presenta una mozione di sfiducia nei confronti di Federica Guidi, neo ministro dello Sviluppo Economico, e Giuliano Poletti, ministro del Lavoro: in questi casi, però, viene direttamente respinto l’inserimento della mozione nel calendario dei lavori. Stesso discorso per le mozioni di sfiducia (sempre del gruppo M5S) nei confronti di 5 sottosegretari in quota Partito Democratico, annunciate il 5 marzo.
L’undici marzo 2014 tocca a Maurizio Lupi, “sfiduciato” sempre dal Movimento 5 Stelle, in seguito alle inchieste sugli appalti Expo. Poche settimane dopo, i grillini torneranno a chiedere che siano discusse le mozioni nei confronti del ministro dei Trasporti e dei suoi colleghi Guidi e Poletti.
Nel novembre del 2014, invece, M5S e Sel (con il sostegno di Lega Nord e Fratelli d’Italia) presentano una nuova mozione di sfiducia nei confronti di Angelino Alfano. Il ministro finisce sotto accusa per l’operato della polizia in occasione della manifestazione degli operai della Ast di Terni: anche in questo caso l’Aula “salva” l’esponente del Governo, che ottiene 367 voti favorevoli.
La responsabilità "politica"
Da questa breve rassegna si capisce come la mozione di sfiducia sia un atto eminentemente politico, con scarse o nulle ripercussioni "pratiche". È del resto evidente come la presa di coscienza della fine del rapporto fiduciario fra un ministro ed una parte dei membri del Parlamento parta dal voto di fiducia all'esecutivo nel suo complesso: in tal senso la mozione di sfiducia individuale ha il merito di circoscrivere l'oggetto della polemica politica e di rappresentare un "messaggio" delle opposizioni alla maggioranza. Che difficilmente può assumersi la responsabilità di bocciare "in Aula e pubblicamente" un componente del Governo che sostiene, ma che altrettanto difficilmente può "rischiare" di rinnovare la fiducia ad un politico coinvolto in una vicenda assai delicata. La soluzione? Sempre la stessa, le dimissioni.