Le misure sulle pensioni nella manovra portano verso la sostenibilità del sistema, dice l’Upb
Un sistema pensionistico più sostenibile, grazie ai tagli – tanto contestati – del governo Meloni. Tagli su cui, tra l'altro, non è detta neanche l'ultima parola, come nel caso dei medici. In audizione in Senato sulla manovra, la presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, ha giudicato positivamente – in generale – le misure dell'esecutivo sulla previdenza: "Sono volte a preservare la sostenibilità del sistema pensionistico – ha detto l'economista – Alla riproposizione, sebbene a condizioni più stringenti, dei canali temporanei di pensionamento con requisiti ridotti rispetto agli ordinari, si affiancano misure volte a incidere positivamente e strutturalmente sull'evoluzione futura della spesa pensionistica come l'anticipo dell'adeguamento alla speranza di vita dei requisiti per l'uscita anticipata e la parificazione delle aliquote di rendimento dei dipendenti pubblici".
L'Upb ha visto nella manovra Meloni un cambio di direzione rispetto agli ultimi anni: da un lato Quota 103 con le penalizzazioni è sempre più uno scivolo per lasciare prima il lavoro a patto di un ricalcolo dell'assegno interamente con metodo contributivo, dall'altro i tagli – ad esempio alle pensioni dei dipendenti pubblici – servono a garantire la sostenibilità del sistema nel medio-lungo termine. "Su orizzonti lunghi il ricalcolo della quota retributiva per alcune categorie di lavoratori pubblici ha un impatto finanziario significativo – si legge nel comunicato di Upb – da oggi al 2043 i risparmi cumulati ammonterebbero a 32,9 miliardi (21,4 al netto della fiscalità), la maggior parte dei quali si realizzeranno negli anni in cui è atteso il manifestarsi della gobba pensionistica. Tuttavia, nei prossimi anni (fino al 2028-2030) il ricalcolo richiede un sacrificio a livello individuale, parzialmente compensabile negli effetti con un posticipo del pensionamento di uno o due anni".
Sullo sfondo, però, restano i problemi pensionistici dei giovani: bassa contribuzione e discontinuità. Su questo, il governo Meloni non ha fatto sostanzialmente nulla: "Sarebbe opportuno non limitare il dibattito ai soli cambiamenti delle regole e dei parametri del sistema pensionistico, ma di abbracciare tematiche più ampie del mercato del lavoro, del rafforzamento degli altri istituti di welfare rivolti alle età più giovani, della fiscalità e della crescita, con specifica apertura inclusiva per i giovani".