Le famiglie italiane si sentono sempre più povere e hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni
Il ceto medio è sempre più povero. "L'impoverimento delle famiglie – ormai costante da qualche decennio – non è solo un dato economico, ma rappresenta una sfida alla tenuta del tessuto sociale e democratico del nostro Paese, con importanti conseguenze politiche", ha dichiarato il senatore Pd Marco Meloni, introducendo il convegno ‘Questione sociale, questione democratica: le conseguenze politiche dell’impoverimento delle famiglie', che si è tenuto due giorni fa al Senato, e a cui hanno partecipato anche il presidente Ipsos Nando Pagnoncelli, la statistica, già direttrice Istat, Linda Laura Sabbadini, e il direttore Svimez Luca Bianchi.
Secondo Marco Meloni, "La conseguenza è la crisi del tessuto democratico: quando le disuguaglianze si acuiscono, il divario tra cittadini e istituzioni cresce, alimentando sfiducia, rabbia e senso di abbandono. Questo crea terreno fertile per populismi e movimenti estremisti, che spesso sfruttano il malessere sociale per erodere i principi democratici e promuovere politiche divisive", ha proseguito il parlamentare, invitando il centrosinistra e il Pd a ripensare le politiche da mettere in campo "per riconquistare la fiducia e il consenso di chi, sentendosi a rischio, in qualche modo ‘tradito' dalle istituzioni, ritiene maggiormente responsabili della situazione le forze politiche democratiche ed europeiste".
Questo senso di smarrimento e delusione verso la classe politica emerge chiaramente dall'analisi di Ipsos sul Disagio economico nella società italiana, secondo cui è calata nell'ultimo ventennio (dal 2006 a oggi), sia la fiducia nelle istituzioni, sia la fiducia nell'Unione europea. Se si paragona infatti la percentuale di quanti avevano fiducia nelle istituzioni nel 2006 (61,7%) con il dato odierno (49,8%), pubblicato nel 2025, si evince come ci sia stato un calo progressivo e costante. E il dato della fiducia del 2024 risulta anche in calo rispetto all'anno prima.
Stesso discorso vale per la fiducia nell'Unione europea: al diminuire negli ultimi 20 anni della fiducia notiamo una progressiva crescita di chi non ha fiducia nelle istituzioni di Bruxelles. Oggi la fiducia nell'Ue è al 44%, un dato in risalita rispetto all'anno della pandemia, il 2020, quando la fiducia era data al 36,4%. Ma se paragoniamo queste percentuali con il primo decennio del secolo, ci accorgiamo che la fiducia nell'Unione europea ha fatto un vero e proprio tonfo: nel 2006 era al 72,4%, nel 2009 era scesa al 70,9%, per poi calare al 58,8% nel 2023, e precipitare al 38,9% nel 2017.
In generale, secondo la stessa analisi, è peggiorata negli ultimi anni la percezione della propria situazione economica da parte dei cittadini. Se infatti, in base al reddito e alle condizioni di vita, nel 2022 il 6% si percepiva appartenente alla cosiddetta upper class, nel 2024 dichiara di appartenere a questo ceto il 5%. Cala anche la percentuale di chi di sente di appartenere al ceto medio: la percentuale in questo caso è del 30%, contro il 33% della media del 2022.
Al cosiddetto ceto ‘middle in fall', in cui rientrano persone la cui posizione sociale è in discesa e il cui reddito non consente lussi, dichiara di appartenere il 36% (in questo caso la percentuale è in calo rispetto al 2022); al ceto fragile, ovvero quello delle persone che arrivano a fine mese con difficoltà, appartiene il 17% (dato invariato rispetto alla stima del 2022, e in crescita rispetto al dato del 14% rilevato a fine 2020); a preoccupare in questo quadro è la percentuale di cittadini che si colloca nella lower class, categoria in cui rientrano le persone che hanno meno del necessario e che si sentono povere: sono il 7%, dato in salita rispetto al 6% della media 2022 e del 3% registrato a fine 2020. Una fotografia desolante.
Ipsos ha domandato agli italiani in quale direzione stia andando il Paese: solo il 24% ha dichiarato che sta andando nella direzione giusta; il 58% ha detto l'Italia sta andando nella direzione sbagliata.
Secondo il sondaggista Nando Pagnoncelli, "C’è uno sguardo molto negativo rispetto al Paese, la stragrande maggioranza degli italiani pensa che il Paese stia andando nella direzione sbagliata. Molto spesso questo giudizio negativo tiene conto di una situazione oggettiva di aumento delle diseguaglianze, di una crescita economica che fatica a rassicurare la maggioranza dei cittadini, e di tanti altri elementi. Però dobbiamo anche considerare che c'è anche una percezione che va al di là di quelli che sono i dati reali".
"Quello che voglio dire – ha aggiunto il presidente di Ipsos – è che molto spesso le persone interpellate sui diversi temi tendono a enfatizzare la portata degli allarmi sociali. Molto spesso si pensa che, per esempio, la quota dei disoccupati sia esponenzialmente più elevata rispetto a quelli che sono i dati che ci fornisce abitualmente l'Istat. Come si spiega tutto questo? Si spiega in ragione del fatto che siamo un Paese dove il livello di istruzione è ancora molto basso. Se facciamo i confronti con i paesi OCSE vediamo che il numero di laureati è decisamente molto contenuto, ci collochiamo al quartultimo posto nella graduatoria dei paesi OCSE. Non che laureati siano onniscienti però possono avere più strumenti per leggere la realtà".
Guardando allo studio, il 46% poco meno della metà di coloro che si percepiscono benestanti o molto tranquilli riguardo al proprio reddito, pensa che il Paese stia andando nella direzione sbagliata. Fa la stessa valutazione negativa il 51% di coloro che si percepiscono tranquilli riguardo al proprio reddito; la percentuale di chi pensa che l'Italia stia andando nella direzione sbagliata salgono ovviamente nella cerchia di coloro che si percepiscono in difficoltà riguardo al proprio reddito (58%); infine tra i cittadini che si percepiscono in forti difficoltà economiche riguardo al proprio reddito, il 70% ritiene che il Paese sta andando nella direzione sbagliata.
Se guardiamo poi al giudizio sullo stato dell'Economia del Paese, soffermandoci quindi sulla percezione della situazione economica dell'Italia, il 66% si esprime in modo negativo, solo il 24% esprime un giudizio positivo (il 10% non sa). Tra chi si percepisce benestante, il 44% ha una percezione positiva dello stato dell'economia del Paese, mentre il 51% di questo blocco fa una valutazione negativa. Il 59% di chi si percepisce tranquillo rispetto al proprio reddito pensa che le cose stiano andando male dal punto di vista economico, mentre il 31% fa una valutazione positiva. Tra coloro che si percepiscono in difficoltà rispetto al proprio reddito c'è un 20% che ha una percezione positiva dell'andamento dell'economia, e un 66% che invece ha una percezione negativa. Infine una percentuale altissima di chi si percepisce in forti difficoltà economiche (il 79%) esprime un giudizio negativo sull'economia, a fronte di un 13% che invece esprime un giudizio positivo.
È interessante anche analizzare le aspettative economiche personali a breve termine. Alla domanda ‘Pensando ai prossimi mesi, Lei si aspetta che la sua situazione economia personale/familiare migliori, resti invariata o peggiori?', il 50% di chi si percepisce in forti difficoltà economiche ha dichiarato che peggiorerà; il 23% di questo blocco ha detto che resterà invariata, mentre soltanto il 18% pensa che migliorerà.
Secondo la statistica, già direttrice Istat, Linda Laura Sabbadini, "Dal 2008 si è aperta una fase turbolenta di 15 anni su cui riflettere. Tre grandi crisi, 2009, 2013, 2020, e crolli di occupazione, 2 anni di inflazione record, un raddoppio della povertà assoluta nel 2012 che non è mai stato recuperato e si è aggravato nel 2020 e nel 2022. L'impatto di ognuna delle crisi si è sovrapposto agli altri, i segmenti che usufruivano della ripresa, non erano quelli che avevano subito la crisi. Per esempio tra il 2014 e il 2019 i giovani che erano stati più colpiti sono cresciuti poco tra gli occupati e sono aumentati gli ultra cinquantenni".
"Cosi la frattura intergenerazionale è cresciuta – ha spiegato – e il disagio è diventato permanente in alcuni casi e si è diffuso a più ampi settori. Inoltre, si è verificato un evento straordinario, la pandemia, accaduto solo cinque anni fa, verso cui c'è stato un processo di rimozione collettiva che deve essere rimosso. Ha avuto come conseguenza non solo l’aumento delle disuguaglianze ma l’impoverimento delle relazioni e della partecipazione sociale, l'incremento di un disagio psicologico diffuso, specie tra i giovani. Dopo la grande resilienza sotto la pandemia, molte persone si sentono più sole, sfiduciate spiazzate. Ricostruire il tessuto sociale, delle relazioni, della solidarietà è una priorità assoluta: al centro le persone con i loro bisogni".
"Mentre governo e maggioranza si affannano a raccontare una realtà che non c’è fatta di successi e obiettivi storici, il Paese porta i segni drammatici di una enorme questione sociale – ha commentato l'ex viceministra dell'Istruzione e vicepresidente della Camera Anna Ascani Ascani.
"Sei milioni di persone costrette in povertà, più di quattro milioni che rinunciano a curarsi perché la sanità pubblica non funziona, oltre tre milioni di lavoratrici e lavoratori sottopagati: sono solo alcune delle ferite che lacerano la comunità nazionale creando sofferenza e sfiducia nelle istituzioni. E la questione sociale diventa questione democratica. La destra, con la terza legge di bilancio da quando è al governo, ha confermato sia di mancare di una visione strategica che di gettare il peso delle difficoltà sul ceto medio impoverito, ‘i penultimi', e le fasce sociali più deboli. Questa è la condizione del Paese mentre il disordine mondiale, il concreto pericolo di guerra commerciale dichiarata dagli Usa di Trump all’Europa e il rischio che l’Unione europea soffochi a causa di sconsiderati egoismi nazionalistici gettano allarmanti ombre sulla nostra economia.
"A maggior ragione per il Pd è indispensabile mettere mano ad un Progetto Paese che dalla casa al lavoro dalla crescita economica alla giustizia fiscale, dalla scuola alla sanità, dalla sicurezza alla digitalizzazione, dalle infrastrutture alla transizione ecologica sappia indicare agli italiani una strada credibile e responsabile per affrontare con successo la questione sociale e recuperare passione e partecipazione democratica", ha concluso.