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Opinioni

Le elezioni che non cambieranno nulla (o quasi)

A pochi giorni dal voto, il bilancio di una campagna elettorale deludente si interseca con le aspettative per il prossimo Governo. E mentre i 3 litigano ed il quarto incomodo riempie le piazze e sogna il colpo grosso, è sempre più concreto lo spettro dell’ennesimo “governicchio di transizione”.
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Verrebbe da chiedersi che campagna elettorale è stata, cosa fosse lecito aspettarsi da una politica sull'orlo di una crisi di nervi e cosa invece poteva essere questo confronto magari con altri attori. Considerazione che, per quanto interessanti e rivelatrici di un malessere diffuso tra gli italiani, non centrerebbero però il vero problema: che Paese sarà quello del post 24 e 25 febbraio. Dilemma che ha, allo stesso tempo, una sola ed infinite risposte. Perché se è vero che il voto delle politiche determinerà la composizione del Parlamento, che gli equilibri risulteranno fondamentali al fine della composizione del nuovo Governo, che l'ingresso in Parlamento della pattuglia a 5 stelle è un evento radicalmente nuovo, che la propaganda sulle liste pulite ha già sgombrato il campo dagli impresentabili (questa è una speranza, più che una certezza), restano alcuni nodi irrisolti, una serie di tare originarie che graveranno in maniera forse decisiva sull'esecutivo che verrà. Dal punto di vista strettamente tecnico, appare evidente che il cammino verso la stabilità di Governo sarà molto accidentato. Quandanche la coalizione guidata da Pier Luigi Bersani dovesse riuscire ad ottenere una risicatissima maggioranza al Senato bisognerebbe capire in che modo riuscirebbe a sopravvivere per un arco ampio di tempo e soprattutto a reggere alla prova delle vere riforme. Discorso simile circa eventuali accordi con Monti: in che modo raggiungere mediazioni sui programmi e trovare convergenze su temi cruciali (lavoro, diritti civili, politica fiscale)?

Questioni che, al tirar delle somme, rimandano ad una sola considerazione: dalla prossima legislatura non è lecito aspettarsi cambiamenti radicali. Né riforme in grado di incidere a lungo termine sull'architettura istituzionale del Paese. Comunque vada, si tratterà di una legislatura di passaggio, di un governo di scopo. Nella speranza di raggiungere qualche risultato e di continuare sulla strada del rinnovamento della classe dirigente del Paese, la vera emergenza politica degli ultimi anni. Costretti a sperare nelle piccole cose, insomma. Una legge elettorale decente, per cominciare. Un accordo per governare e contenere i colpi di coda della crisi, puntellando qualche riforma (pensiamo a quella delle pensioni, con il caos esodati, ad esempio) e cercando di dare un minimo di respiro alle famiglie. Un piano per ampliare diritti civili e colmare lacune evidenti nella legislazione. Una intesa per abbattere gli sprechi della politica e razionalizzare le spese, secondo linee tutto sommato condivise. Poco altro, però.

Quello che manca è un progetto articolato e legittimato da un consenso costruito nel tempo, non solo raccolto nel periodo pre – elettorale. Un progetto trainato da una classe dirigente all'altezza ed in grado di imporsi (lo ripetiamo, con tutti i limiti di una legge elettorale improponibile), magari anche grazie ad una figura carismatica (e si spera non autosufficiente). Tutte cose che mancano, ad essere onesti fino in fondo. Non resta che accontentarsi, magari con la consapevolezza che il cammino verso la stabilità e la maturità della classe politica è ancora lungo e chiedendo ad eletti e nominati uno sforzo di responsabilità ed un vincolo di onestà: mettere da parte promesse e propaganda e dire chiaramente come stanno le cose. Onestà e trasparenza. Il minimo sindacale, proprio.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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