Sulle foto in intimo di Liliane Murekatete si sta scatenando l'ennesima campagna mediatica sessista, riflesso di una radicata cultura patriarcale che in Italia fatichiamo a scrollarci di dosso. La moglie di Aboubakar Soumahoro, finita al centro delle polemiche nelle ultime settimane per le indagini sulle coop che accoglievano i migranti gestite dalla sua famiglia, ora viene attaccata anche con la peggiore delle strumentalizzazioni: quella sul suo corpo. Delle immagini in biancheria intima vengono ora utilizzate per delegittimare una donna, come se una foto di quel tipo potesse dare o togliere valore a una persona.
Come se uno scatto senza veli potesse avere qualcosa a che fare con le vicende di cronaca che riguardano Murekatete e la sua famiglia, o addirittura le potesse chiarire in un senso o in un altro.
È un cliché visto e rivisto: il corpo e l'immagine della donna vengono utilizzati per invalidarne la persona. L'aspetto fisico non è certo sinonimo della serietà dell'individuo, della sua correttezza o di qualsiasi sua vena caratteriale, ma in un Paese dove sessismo e stereotipi arcaici sono ancora radicati nel substrato culturale, le donne vengono molto spesso giudicate per come appaiono, piuttosto che per ciò che fanno.
Nemmeno della loro immagine, però, sono davvero padrone. Questa deve infatti ricalcare le definizioni maschili: per cui le foto in biancheria intima vanno bene finché il soggetto è una donna giovane, bella, che si presta all'occhio maschile per essere guardata e nulla più. Ma se poi la donna in questione vuole uscire dal prototipo che ha costruito l'uomo, quella stessa immagine diventa un problema.
Una foto sensuale di una manager d'azienda, o di una donna in politica, piuttosto che di una professoressa, non è più accettabile. Di certo non sono i vestiti che una donna indossa, il suo rapporto con la sua sessualità o con la sua immagine a determinarne la capacità sul lavoro, però per una società sessista come la nostra questo non è sempre accettabile.
Lo dimostrano le polemiche sui profili social di Chiara Ferragni: le foto in intimo andavano bene finché era "solo" un'influencer, ma nel momento in cui ha avuto un figlio quelle stesse foto sono finite al centro di durissimi attacchi dai parte dei suoi stessi follower. Come se, appunto, scattarsi una foto in cui ci si vede belle e sensuali potesse stabilire se una donna è una buona o una cattiva madre.
Ovviamente questo rapporto malsano con l'immagine, questa strumentalizzazione del corpo, riguarda prettamente le donne. Le azioni di un uomo difficilmente saranno giudicate in base al suo aspetto e raramente questo viene chiamato in causa quando si stanno dando giudizi morali sulla persona. Quando si sta parlando di una donna, invece, campagne mediatiche sessiste sono purtroppo all'ordine del giorno.
Quelle foto in intimo di Liliane Murekatete sono state scattate dieci anni fa. In tutto questo tempo sono sempre rimaste pubbliche. Sono state riproposte di colpo solo ora, pubblicate prima da Dagospia e poi riprese anche da Mowmag e Striscia la Notizia, nonché stampate in prima pagina da La Verità e Libero, nonostante non abbiano ovviamente nulla a che fare con il caso Coop in cui è coinvolta la famiglia di Soumahoro. È l'ennesima strumentalizzazione del corpo femminile, la colpevolizzazione della sua femminilità e sensualità all'occorrenza, il sessismo più spiccio che non sopporta l'autodeterminazione delle donne e ciò che sono libere di fare con la loro immagine.
Ogni donna è liberissima di farsi fotografare come meglio crede, il suo corpo e la sua immagine appartengono a lei soltanto. E tutto questo non ha nulla a che vedere né con il suo lavoro, né con qualsiasi altro aspetto della sua vita, privata o pubblica che sia.
La replica di Striscia la Notizia
Pubblichiamo di seguito la precisazione arrivataci dall'ufficio stampa di Striscia la Notizia. Con una dovuta contro-precisazione: l'articolo in questione riguarda una vicenda ben precisa, che non ha nulla a che vedere con discussioni che riguardano terzi, per cui ovviamente chi scrive non può rispondere. Ma sicuramente anche questo messaggio dimostra che c'è urgenza di aprire su più livelli un serio dibattito sulla rappresentazione del corpo delle donne. Sul dove fossi all'epoca del botta e risposta tra il giornalista Gad Lerner e le veline: avevo 15 anni, avevo appena iniziato il liceo.
Abbiamo letto il suo intervento in cui fa riferimento alle foto poco vestita di Liliane Murekatete, compagna dell’onorevole Aboubakar Soumahoro e figlia di Marie Terese Mukamitsindo, quest’ultima indagata per malversazione e truffa. Volevamo dirle che siano totalmente d’accordo con lei. Evviva: finalmente una voce che si leva in difesa della libertà delle donne che vogliono usare il loro corpo come credono. Ci chiediamo una cosa, però: dov’era quando il mullah Gad Lerner e molti altri mettevano quotidianamente in un tritacarne le nostre veline solo perché erano delle ballerine in una trasmissione televisiva?
Ci teniamo inoltre a sottolineare che Striscia la notizia ha mostrato le fotografie – che la signora Murekatete ha scattato di sua volontà nel 2012 e ha fatto circolare in rete per tutti questi anni – sostituendo le stelle rosse a 5 punte che coprivano le nudità con le facce di coloro che sono la vera vergogna di questo caso. Ovvero quelli che hanno esaltato e costruito il mito di Aboubakar Soumahoro e dei suoi familiari facendo finta di non vederne le magagne, su cui il tg satirico di Antonio Ricci indaga con successo da tempo. Quegli stessi che oggi, davanti alla realtà dei fatti, fanno finta di niente o fanno scarica barile. Sono loro l’oggetto della satira di Striscia la notizia, non certo la signora Murekatete.