Nel momento di massima espansione del Movimento 5 Stelle, come del resto è abbastanza naturale, si moltiplicano anche le critiche, le richieste di chiarimenti, le pressioni, le insinuazioni e le "adesioni non richieste". Un processo già noto e del tutto coerente con la storia politica italiana, anche quella recentissima, con improvvise "apparizioni" e repentini tracolli, con entusiasmi smorzatisi presto e tantissime meteore. Anche per questi motivi pregressi, però, l'esperienza del Movimento 5 Stelle sembra estremamente interessante e meritevole di considerazioni ulteriori. In particolare, centrali restano i temi del collocamento politico – ideologico della creatura di Beppe Grillo, la prospettiva a medio – lungo periodo e la questione della democrazia interna. Ma non solo. Ed è anche per questo che, quando ad intervistare Beppe Grillo è un giornalista del calibro di Marco Travaglio, sarebbe lecito attendersi qualcosa di più delle solite domande di circostanza, del metodo Socci per dire. Una intervista lunga e piatta a dirla tutta, che regala un'immagine ovattata del "portavoce del Movimento" già proiettato all'indomani del trionfale risultato delle politiche del 2013, che è stata letteralmente fatta a pezzi da analisti, commentatori, blogger. Perché da uno come Travaglio era lecito attendersi di più. Perché sono ben altre le domande cui Grillo dovrebbe dare risposta (e il bel post di Fabio Chiusi ne suggerisce alcune).
Ecco da dove partono le nostre domande, un modo diretto per andare oltre propaganda e retorica e cercare di definire meglio un "fenomeno" che potrebbe cambiare la fisionomia politica del nostro Paese (ed in parte lo sta già facendo). Insomma, a Grillo avremmo voluto chiedere anche:
- Il Movimento 5 Stelle non è un partito e non deve diventarlo. Non crede che la crescita in termini di consensi porterà necessariamente a cambiare questa impostazione?
- Davvero pensa di poter "gestire" una macchina complessa con persone senza alcun tipo di esperienza politica, formatesi in maniera rapida e "generalista" sul suo forum? Sul serio considera una pregiudiziale per la candidatura di un cittadino i suoi impegni precedenti in un partito? Insomma, meglio i menefreghisti e gli indifferenti di quelli che hanno sempre cercato di impegnarsi direttamente?
- Non esistono tessere, né sezioni. Uno vale uno. Una perpetua forma assembleare. Eppure lei ha conservato finora una sorta di diritto di veto, scegliendo a chi assegnare il "simbolo". Che senso ha?
- Beppe Grillo è solo il megafono del Movimento. Non si sente un po' limitato nel ruolo di "mero comunicatore" di istanze? E soprattutto, se non si candiderà direttamente a guidare il Paese, non crede che sia giusto almeno cominciare a dare spazio ad altri volti?
- Ma sul serio ritiene che un programma in cui mancano temi centrali come fisco, giustizia, cittadinanza solo per dirne alcuni, è sufficiente a governare un Paese così complesso? E davvero pensa che online troverà in pochi mesi le competenze, gli equilibri, la forza per mettere in piedi un programma che non sia raffazzonato e improvvisato? Il caso Parma, con tanto di annuncio "di lavoro" non le ha insegnato nulla?
- Non pensa che la sua valutazione manichea dell'operato dei partiti sia un po'una forzatura? Ritiene di avere le competenze per operare un giudizio così netto sui partiti, anzi sulla totalità dei partiti politici? Non è che sta prendendo un'altra cantonata, come in passato sui computer ad esempio?
- Cosa rimprovera in questa fase all'Italia dei Valori e perché il Movimento ha di fatto rotto con Di Pietro?
- Casaleggio conta come uno? E nel caso il Movimento guidasse il Paese, come regolerebbe il conflitto di interessi? C'è una parte molto interessante proprio nel suo programma che parla di azionariato diffuso e via discorrendo: varrebbe anche per Casaleggio?
- Davvero crede che l'impegno politico di un cittadino possa limitarsi ad un click sul web? Non pensa che la cyber-utopia abbia al momento dei limiti enormi e rischi di essere la vetrina del qualunquismo e della demagogia? Insomma, ci sono dei punti fermi, dei principi non negoziabili che vanno oltre la "dittatura della maggioranza"?
- Su che basi ideologiche pensa di collocare il Movimento? In poche parole, lei da che parte sta nelle grandi questioni ideali e culturali? Davvero pensa di potersi rifugiare in eterno nella frase "non siamo né di destra né di sinistra"? E davvero non le preoccupa l'idea che nel suo Movimento possano "infiltrarsi" un po' tutti, dai neo-fascisti ai meridionalisti d'assalto, dai forconi ai (perennemente) indignados?
- Nello specifico, ci spiega una volta per tutte cosa pensa "il Movimento" sui temi della cittadinanza (davvero secondo voi i figli degli stranieri, nati in Italia, non meritano di essere considerati italiani?), immigrazione (voi confermate l'allarme? cioè siete davvero preoccupati da un'invasione, in stile maroniana, di rom, extracomunitari e rifugiati?), questione di genere, coppie di fatto?