Dopo la pausa di Ferragosto (breve, brevissima, considerando l'iperattività degli ultimi giorni), per il Presidente del Consiglio sarà il momento della programmazione. Sarà cioè il momento di tracciare una linea sulle cose da fare, su quelle fatte in parte, su quelle da accantonare e su quelle da annunciare. O, come dicono gufi e rosiconi, sarà il momento di prendere atto del fallimento delle vecchie promesse e di elaborarne di nuove. Di certo, non sarà semplice tracciare un bilancio dei primi mesi di Governo. O meglio, non sarà semplice farlo "a prescindere" dal voto del 25 maggio, che ha rappresentato la legittimazione politica di Renzi, e dal patto del Nazareno, che è la condizione di agibilità politica dell'esecutivo (e non solo sul versante delle riforme costituzionali, come è abbastanza evidente).
Renzi però sa benissimo che i primi mesi di reggenza sono stati una specie di rodaggio, sia pure in condizioni complicatissime, e che la vera sfida comincerà in autunno. E il ritornello è sempre lo stesso: dimostrare, a se stesso e agli italiani, di essere in grado di fare, nonostante "questo" Parlamento e nonostante la recrudescenza della crisi economica. Già, ma fare cosa?
1 – La riforma della Costituzione e la nuova legge elettorale. In molti si sono interrogati sul perché la maggioranza avesse fretta nell'approvare al Senato la riforma della Costituzione prima della pausa estiva. La risposta è probabilmente legata a quello che è il principale interesse del Presidente del Consiglio: arrivare alla discussione al Senato dell'Italicum da una posizione di forza, mostrando ai dissidenti interni al Pd e all'opposizione quanto è forte l'asse con Forza Italia ed esplicitando la strategia di medio periodo. Con una "vera" legge elettorale, Renzi avrebbe un paracadute essenziale, un'arma di pressione fenomenale e allo stesso tempo la garanzia della "non belligeranza" di alleati di Governo e dissidenti interni. E in questo senso i suoi interessi si intrecciano con quelli di Berlusconi, che ha bisogno di depotenziare le mire di Alfano e soci, di tempo per recuperare la piena agibilità politica e di un generale clima di pacificazione (anche per "altre" ragioni). Per questo, nell'ultimo vertice i due si sono dati "garanzie reciproche", su impianto dell'Italicum (Renzi ha confermato che la trattativa con i 5 Stelle non c'è mai stata, in pratica), su data del voto (non c'è fretta, si sono detti entrambi), su successione a Napolitano (la strada è tracciata, il nome si sceglie "insieme"), su blindatura di alcuni membri dell'esecutivo "non sgraditi" ai forzisti.
2 – Semplificare, sveltire, ridurre la burocrazia. È l'ossessione della semplificazione, uno dei concetti ricorrenti nei suoi discorsi e nelle sue interviste. Al confine fra approssimazione e decisionismo, Renzi immagina un Paese più semplice, anche nella vita quotidiana delle persone. Su pubblica amministrazione, fisco e giustizia, per cominciare. E la comunicazione è diretta, più del solito:
La logica è che alla fine del percorso dei mille giorni un cittadino non farà mai più la coda a uno sportello pubblico, ma riceverà a casa – fisicamente o online – tutto ciò che gli serve: perché un certificato è un diritto, non una concessione. […] Voglio un fisco che si fida dei cittadini perbene e stanga i disonesti, senza andare a fare le sceneggiate mediatiche per un controllo in tv, ma incrociando le banche dati e facendole dialogare. […] Sulla giustizia l’obiettivo è quello di dimezzare gli arretrati del civile, portare i tempi ai livelli europei (350 giorni contro 950 per il primo grado), garantire la certezza del diritto eliminando il ricorso alle prescrizioni perché il tempo non può sconfiggere la legge e sottolineando l’etica della responsabilità nei confronti di quegli operatori della giustizia che si comportano con dolo o colpa grave (ENews del 30 luglio)
3 – Le infrastrutture (a cominciare dalle scuole). Sarà banale e semplicistica come soluzione, ma il Presidente del Consiglio tornerà a giocarsi la carta "infrastrutturale" come leva di rilancio dell'economia. A partire dal Mezzogiorno, su cui Renzi proverà ad investire molto. Vanno lette in tal senso le insistenze sulla questione dei fondi europei, alcuni report sui risultati di OpenCoesione usciti con eccezionale tempismo, le prime "proposte indecenti" di escludere le spese cofinanziate dal Patto di stabilità interno e il lavoro costante sui territori di Delrio in particolare. Si partirà dalle scuole, con l'edilizia scolastica e con il miliardo di euro messo in cantiere: ma l'obiettivo è decisamente più ambizioso e la partita si gioca intorno alla "profonda revisione delle metodologie di lavoro del Cipe".
4 – Lavoro e pensioni. Dopo il soffertissimo passaggio della "prima gamba" del Jobs Act, quel Decreto Poletti che ha ricevuto critiche e bocciature a raffica, Renzi ha optato per una "pausa di riflessione" sulla questione lavoro. Tecnicamente il ddl "Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro" è fermo in Commissione al Senato, ma il fuoco di sbarramento degli alleati di Governo è già cominciato. Per ora la forma è quella della "polemica sull'articolo 18" e Renzi ha poco da preoccuparsi (polemica sterile, inconsistente e francamente superata: lo sanno tutti, anche Alfano). Ma nel gioco delle parti si tratta della prima avvisagli di ciò che potrebbe succedere quando si tratterà di intervenire su pensioni e ammortizzatori sociali. Una battaglia che produrrà un urto spaventoso ed è ferma intenzione di Renzi quella di arrivarci preparato e con le spalle coperte. In altre parole: dopo aver scongiurato il rischio di una nuova sanguinosa manovra, chiarito "l'equivoco" dei tagli alla spesa e trattato preventivamente con i sindacati. È chiaro però che il tempo gioca a sfavore, soprattutto poiché si tratta della prima vera emergenza del Paese.
5 – La politica industriale (e il sostegno alle grandi aziende). In molti hanno sottovalutato l'importanza strategica degli accordi firmati nell'ambito di "Investitalia" (derubricando la questione alle attribuzioni di merito), dei viaggi all'estero di Renzi e del rilancio del progetto di privatizzazioni di asset strategici. Blindate le partecipate dallo Stato (primo vero atto politico di Renzi da Presidente del Consiglio), l'ex Sindaco di Firenze immagina una politica di pieno sostegno alle grandi aziende e alle multinazionali "convinte" ad investire capitali in Italia. Quanto alle Pmi, da sempre al centro di polemiche politiche, non si andrà oltre la riduzione del costo dell'energia (entro il 30 settembre, pare) e qualche palliativo nella delega fiscale. Del resto il premier è convinto di aver già fatto molto con lo sblocco dei pagamenti della Pubblica Amministrazione (anche se le cifre non gli danno proprio ragione) e sa di potersi giocare la carta della "sburocratizzazione". Il taglio delle tasse? Beh, l'Europa, i vincoli, la crisi…
Qualcosina, invece, è sparita proprio dalla discussione.
1 – La legge sulla cittadinanza, lo ius soli temperato. (Qui si è fatto anche peggio, aumentando addirittura la tassa per la richiesta della cittadinanza)
2 – La discussione sui diritti civili, sulle coppie di fatto, sul fine vita, sui temi etici. (Lasciata in mano a qualche ministro che hanno fatto più male che altro con singoli provvedimenti).
3 – "Ho preso un impegno con partite Iva, incapienti e pensionati nel proseguire nel lavoro di abbassamento tasse e lo manterrò". (Le cose sono andate molto diversamente).
4 – Indulto o amnistia. Lontani i tempi del messaggio di Napolitano alle Camere, l'argomento sembra passato di moda. Certo, Renzi si era detto contrario anche allora, ma davvero qualcuno crede che il problema si risolva con 8 euro di rimborso ai detenuti per ogni giorno di violazione dei diritti umani?
5 – L'inganno della spending review (beh, non sparito, diciamo che è argomento da non toccare in presenza del premier…)