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Opinioni

Le cifre sballate della Boschi e dello spot PD sui risparmi dalla riforma del Senato

Anche lo spot del Pd quantifica in 500 milioni i risparmi annui dalla riforma della Costituzione. Una cifra che ha ben poco fondamento, per la verità. Una piccola guida per orientarsi nella guerra di cifre tra Governo e opposizioni sui risparmi del Senato, derivanti da una eventuale approvazione della Riforma della Costituzione.
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Uno dei punti di forza della campagna per il Sì al referendum sulla riforma della Costituzione è costituito dai “risparmi” che si realizzerebbero con le modifiche impostate dalla maggioranza. Un aspetto che, con ogni probabilità, sarà ulteriormente enfatizzato nelle prossime settimane di campagna elettorale. Lo testimonia anche lo spot del Pd per il Sì alla riforma, in cui tale cifra compare in bella evidenza.

Che poi si dia tutta questa rilevanza a un aspetto del tutto secondario, stante la complessità della riforma e la rilevanza delle modifiche alla Carta, non dovrebbe sorprendere. Almeno non nel tempo della politica da stadio e degli slogan che divengono programma politico. Ma questo, ovviamente, è un altro discorso.

Per ora, dunque, diamo un’occhiata ai dati, ai numeri veri. Ovviamente consideriamo i risparmi certi, contabilizzabili, al netto di proiezioni o ricostruzioni più o meno fantasiose (vero, Confindustria?).

La versione della maggioranza l’ha fornita il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi in un intervento alla Camera dei deputati:

Per quanto riguarda la riduzione del 30 per cento, anzi 33 per cento per essere esatti, delle indennità parlamentari – perché avremo una riduzione sostanziosa del numero dei senatori: è la prima riforma democratica che porta una riduzione del 30 per cento delle indennità – avremo un risparmio di circa 80 milioni l’anno, che derivano dalle indennità e dai rimborsi dei senatori, a cui si aggiungono circa 70 milioni l’anno per il funzionamento delle Commissioni, per esempio, d’inchiesta, e per la riduzione dei rimborsi ai gruppi del Senato. A questo possiamo aggiungere ovviamente la progressiva riduzione nel tempo di funzionari che saranno necessari grazie al ruolo unico, all’unificazione di Camera e Senato per quanto riguarda la gestione del personale.

Le cifre date dal ministro in Aula, corrispondono al vero? Secondo Lucio Malan, di Forza Italia, si tratta di numeri gonfiati e di una ricostruzione non veritiera. Il senatore parte dalla questione dei compensi e smonta parzialmente la ricostruzione del ministro:

Indennità: il Bilancio del Senato (p 19) ci riferisce che la spesa per le indennità dei senatori attualmente ammonta a 42.185.000 € per 321 senatori.Con la riforma si eliminerebbero i 315 senatori elettivi: risparmio lordo 41.396.000 €. L’imposta sull’indennità media pro capite (calcolata su un residente a Roma) è 49.679€. Con la riforma ci sarebbe dunque un mancato di introito Irpef di 15.649.000€ (49.679 x 315). Il risparmio netto sarebbe perciò 25.746.000 €.

Rimborsi ai senatori: attualmente 37.266.000 € per 321 senatori (Bilancio del Senato p 19). Il risparmio sarebbe proporzionale alla riduzione di 215 senatori, poiché resterebbero 100 senatori “regionali”, cui occorrerebbe in ogni caso pagare diaria e supporto per il mandato, e 6 (o anche 7) a vita, il cui status è garantito dal comma 5 dell’articolo 40 della riforma (“Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale”) : il risparmio lordo sarebbe perciò di 24.690.000€. Una parte considerevole di tale somma è spesa per i collaboratori dei senatori, dove l’incidenza dei contributi e delle imposte è molto alta. Prudenzialmente valutiamo che un quarto di tale somma sia spesa in personale, il che darebbe luogo a minori entrate fiscali e contributive per 3.339.000 €. Il mancato gettito in termini di sola IVA sulle altre spese va valutato dunque in 3.292.000 €. Il risparmio netto è pertanto 18.058.000 €.

Spese di viaggio dei senatori: attualmente 6.445.000€ (Bilancio del Senato p 22). Anche qui, il risparmio sarebbe proporzionale ai 215 senatori in meno e cioè 4.317.000. Al netto dell’IVA il risparmio è perciò 3.538.000€.

Considerando tutto ciò, dunque, il risparmio “vero” non sarebbe di 80 milioni di euro, ma di 42,3 milioni di euro. È chiaro che l'operazione sul "rientro" delle somme da tasse e contributi potrebbe essere considerata strumentale, ma tecnicamente si tratta di cifre da considerare nell'ottica dei "risparmi netti".

La Boschi stima poi in 70 i milioni che si risparmierebbero per il funzionamento di Commissioni e gruppi parlamentari. Qui il problema risiede essenzialmente nella cifra destinata ai gruppi parlamentari e nella provenienza di quel 70 milioni di euro di cui parla il ministro Boschi. Il trasferimento ai gruppi parlamentari del Senato ammonta infatti a 21,3 milioni di euro (fonte: bilancio del Senato) ed è bene considerare che i gruppi non saranno cancellati con la riforma Renzi – Boschi. I gruppi resteranno, seppur in forma “ridotta”: Malan parla di un dimezzamento della spesa, ma volendo essere ancor più ottimisti, potremmo anche parlare di una riduzione dei due terzi (provando in qualche modo a legarla “aritmeticamente” alla riduzione del numero di senatori). A questi risparmi potenziali, circa 14 milioni di euro, bisogna però sottrarre il mancato introito previdenziale e fiscale. In effetti, considerando le spese dei gruppi si nota come gran parte delle uscite sia legata alle spese per il personale (fonte: bilancio 2014 PD):

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Per farla breve, dunque, ai 14 milioni di risparmio potenziale, va sottratta una quota di circa 6 / 7 milioni di mancati introiti per le casse dello Stato. Il risparmio totale sui gruppi si aggira, insomma, intorno agli 8 milioni di euro.

A questa cifra bisogna aggiungere i risparmi del capitolo “Spese per le Commissioni”. A bilancio parliamo di circa 1,4 milioni di euro (Commissioni d’inchiesta, speciali, attività di indagine e di vigilanza), ma anche in questo caso appare escluso che possano essere completamente eliminati. L’attività delle Commissioni non si fermerà, anche se è possibile immaginarne una riduzione. Anche in questo caso, volendo utilizzare il criterio “generoso” dei due terzi, il risparmio ottenuto sarebbe di circa un milione di euro.

Il totale dei risparmi per quel che riguarda la voce “Gruppi – Commissioni” si aggirerebbe, insomma, intorno ai 9 / 10 milioni di euro. Non i 70 milioni di cui parla la Boschi.

Ci sono poi altre spese, che secondo il ministro Boschi potranno essere ridotte in modo consistente grazie alla riforma della Carta. Le spese per servizi e forniture di supporto al funzionamento dell'Istituzione, ad esempio, ammontano, dopo le sforbiciate di questi ultimi anni, a circa 50 milioni di euro e comprendono una serie di voci destinate probabilmente a subire un ridimensionamento, ma non a essere cancellate. Nel dettaglio: per la comunicazione istituzionale Palazzo Madama spende ora 6 milioni di euro, per studi e documentazioni circa 3 milioni, per i servizi informatici e di riproduzione 8,5 milioni; la manutenzione, le locazioni, le pulizie e i servizi di trasporto costano invece complessivamente circa 20 milioni di euro; le spese di cerimoniale e rappresentanza valgono poco meno di 2 milioni, comunque in via di diminuzione negli ultimi anni. Capire quanto si potrà risparmiare da queste voci non è operazione semplicissima, considerando che ci sono spese fisse e non limabili (locazioni, spese di pulizia, eccetera), altre spese che potranno subire un ridimensionamento con la diminuzione del numero di senatori e della mole di lavoro complessiva, e altre ancora che potrebbero essere ridotte al lumicino (le spese di rappresentanza, peraltro già limate al ribasso negli ultimi anni).

Di certo, la propaganda sul risparmio “totale” di queste spese non ha ragione di esistere.

Per completezza, però, va anche fatto un ragionamento in prospettiva, che avalla parte della ricostruzione dei promotori della riforma. La quota più consistente delle spese del Senato è per il trattamento del personale in quiescenza (120 milioni di euro) e per quello dei senatori cessati dal mandato (82,5 milioni di euro). È evidente che con il ruolo unico dei dipendenti di Camera e Senato e con l’eliminazione di stipendi e indennità per i senatori “in prospettiva” il risparmio sarebbe più consistente. Stiamo parlando di decine di anni, ovviamente.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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