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Le 10 misure per cambiare i finanziamenti pubblici ai partiti

Più controlli e meno soldi pubblici ai partiti politici: sarebbero questi i punti centrali della riforma del sistema di finanziamento proposta dall’ex ministro Giuliano Amato. Come si muoverà il Governo?
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Giuliano-Amato

Come vi raccontavamo, quello del finanziamento pubblico ai partiti resta un ambito sul quale il Governo si è riservato di intervenire in autunno, nell'ambito delle (ulteriori) misure per il contenimento della spesa pubblica. E da qualche ora circolano anche le indiscrezioni del Corsera sul contenuto del dossier al riguardo presentato al Presidente del Consiglio da Giuliano Amato. Come ricorderete, infatti, Mario Monti aveva incaricato l'ex ministro (nonché premier) amato di redigere un rapporto sulla delicata questione delle sovvenzioni statali ai partiti, suggerendo tagli e misure in grado di ottenere un doppio obiettivo: restituire credibilità complessiva alla politica (agendo sulle leve della trasparenza e dell'informazione) e razionalizzare la ripartizione dei fondi contenendo la spesa.

Amato dunque parte da una considerazione di fondo: "Una qualche forma di finanziamento pubblico della politica esiste in ogni democrazia […] non esiste ordinamento realmente democratico che non preveda un accettabile finanziamento pubblico del momento elettorale".  Una constatazione di fondo che però non costituisce una giustificazione per sprechi, raggiri e comportamenti nella "zona grigia" del lecito, con trucchetti per aggirare le leggi vigenti ed una gestione "discutibile" dei fondi (nonché una declinazione su misura della parola trasparenza). Ed ecco quindi i 10 punti del piano Amato, riportati dall'approfondimento di Enrico Marro:

  1. È necessaria «una legge che disciplini e regoli i partiti politici», anche al fine di assicurare che tutte le contribuzioni siano «ancorate a garanzie minime di democrazia interna dei partiti». Bisogna insomma attuare l'articolo 49 della Costituzione, perché solo in Italia i partiti sono semplici associazioni di fatto sottratte a vincoli e controlli.
  2. Vanno «ridotti i rimborsi elettorali, in ragione di tetti di spesa da determinare con rigore per le campagne elettorali, anche ove i rimborsi siano poi parametrati ai voti».
  3. Il finanziamento diretto «è ammissibile solo in ragione percentuale a quanto ottenuto dai partiti con erogazioni liberali», anche per evitare che si formino piccoli gruppi politici al solo scopo di prendere soldi pubblici.
  4. Consentire i finanziamenti privati «non solo da persone fisiche, ma anche da persone giuridiche, entro limiti quantitativi e in regime di massima trasparenza».
  5. Aumentare lo spazio di «accesso ai servizi». Per esempio, le «sale per riunioni ed incontri» in sedi pubbliche al fine di «ridurre il finanziamento diretto».
  6. Ogni forma di contribuzione «deve cessare con lo scioglimento» del partito.
  7. Il controllo sui rendiconti e sulla gestione finanziaria va affidato alla Corte dei Conti.
  8. Le modalità di erogazione devono «evitare il formarsi a beneficio dei partiti di significative liquidità».
  9. Regolamentare le lobby.
  10. Come negli Stati Uniti va aperto un sito internet che renda obbligatoriamente trasparenti e conoscibili i donatori e i finanziatori per ciascun partito e per i candidati ad ogni livello
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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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