Lavitola in collegamento con Mentana: “Una telefonata mi scagiona”
Valter Lavitola, il faccendiere editore latitante in un luogo imprecisato dalle parti di Panama, ha deciso, ieri sera, di mostrare il suo mezzobusto in video materializzandosi nella nuova trasmissione di Enrico Mentana, “Bersaglio mobile”. Il clou della conversazione si riferisce, guarda caso, ad una telefonata che, a sentire Lavitola, lo scagionerebbe da ogni accusa mossa nei suoi riguardi. Una telefonata fatta dalla stessa utenza argentina usata con Tarantini ma della quale non vi è alcuna traccia: “Se ci fosse questa intercettazione non ci sarebbe l’indagine”.
In questa conversazione l’ex direttore dell’Avanti avrebbe detto quello che poi ha riferito a Tarantini nella telefonata intercettata. Chiedeva qui indicazioni sul da farsi al Presidente Berlusconi poiché Tarantini cercava insistentemente quei 500.000 euro. “No, no, lui deve fare un’attività, quella somma è dedicata per fare un’attività”, con queste parole avrebbe risposto Berlusconi acconsentendo alla richiesta di Tarantini. Una somma, prova a lamentarsi Lavitola, che addirittura lui stesso avrebbe anticipato vendendo due pescherecci più altri beni a Panama e che gli sarebbe stata restituita solo in parte. Lavitola mostra prepotentemente i tabulati delle telefonate di cui parla, praticamente l’unico elemento che vediamo sulla scrivania asettica dello studio dal quale interviene, invita anche il cameraman a zoomare, per mostrarli meglio.
Queste le “verità” del faccendiere che dovrebbero rimettere (è sempre il suo parere) tutto in gioco: Lavitola, indagato in origine insieme ai Tarantini per estorsione ai danni del premier e poi ricercato per un’accusa ora derubricata dal Tribunale del Riesame di Napoli a induzione a rendere falsi dichiarazioni nell’ambito dell’inchiesta sulle escort, non ci sta e ammette di non avere alcuna intenzione di tornare in Italia. Oggi forse ancor più di prima perché forte di quello che è successo a Tarantini (definito tra l’altro come “un ragazzo scapestrato, non un criminale e anche un po’ fesso”): Giampi Tarantini ha trascorso “un mese in carcere per nulla”, poi il Riesame ha deciso che si era sbagliato e ha cambiato l’impostazione delle accuse. Da che era un estorsore insomma ora lui e il Presidente Berlusconi avrebbero costretto Tarantini a mentire. Allora Lavitola si chiede perché dovrebbe consegnarsi? Magari poi per sentirsi dire dopo un mese “Ci scusi, ci eravamo sbagliati?”.
Lavitola trova una scusa anche per la storia della scheda telefonica, una scheda italiana comprata da un suo collaboratore peruviano, che lui avrebbe dato per paura di essere intercettato ma non perché contenesse conversazioni con contenuti “illegali” ma semplicemente perché parlava di “considerazioni riservate”. Dopotutto lui ha “il sacro terrore della magistratura” per cui in qualche modo bisogna pur difendersi, anche se forse non ci riesce tanto bene a cancellare questa immagine di uomo nero. Scherza, se questo termine può essere adatto, anche sulla sua iscrizione alla massoneria da quando aveva 18 anni, “Mi sembrò, leggendo un libro, che fosse il miglior apprendimento per imparare a stare zitti”.