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Elezioni europee 2024

Laureti (Pd) a Fanpage.it: “La Bossi-Fini va totalmente superata, da sempre è una legge criminogena”

L’eurodeputata del Pd, Camilla Laureti, candidata nella circoscrizione Centro, contesta la visita di Meloni in Albania: “La presidente del Consiglio ha organizzato una nuova passerella elettorale. Come raccontato dai parlamentari del Pd che si sono recati in Albania poche settimane fa, questo centro non esiste. Meglio: è solo un centro di propaganda elettorale per la destra, che investe risorse che potevano essere destinate al Servizio sanitario e non alla violazione dei diritti per un piano cinico”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Camilla Laureti, eurodeputata del Pd, responsabile dem per le politiche agricole, è candidata alle elezioni europee dell'8 e 9 giugno nella circoscrizione Centro. Al Parlamento europeo è entrata per la prima volta nel gennaio 2022 dopo la scomparsa di David Sassoli. L'anno scorso, in occasione delle primarie del Pd, ha appoggiato la mozione di Elly Schlein. Laureto considera una mossa da propaganda elettorale la presentazione di un esposto alla Direzionale nazionale antimafia, che Meloni ha annunciato ieri, per denunciare irregolarità nei decreti flussi: "Le dichiarazioni di Meloni sono evidentemente frutto della contingenza: siamo a tre giorni dal voto, questa è la verità. Come ricordato oggi dalla nostra Segretaria, stiamo lavorando da tempo, insieme alle associazioni, ad una riscrittura totale della Bossi-Fini".

Meloni ha presentato ieri un esposto alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, per evidenziare storture emerse negli ultimi decreti flussi, che secondo il governo sono una forma di ingresso illegale per migliaia di migranti. Secondo lei è un sistema “fallito”, come ha detto Meloni?

Il primo punto è che la legge Bossi-Fini va totalmente superata. L’Italia ha bisogno di una nuova complessiva politica sulle migrazioni, che favorisca l’accoglienza diffusa, che garantisca l’integrazione, che chiuda i Cpr, che approvi finalmente una legge sulla cittadinanza. Il secondo punto è considerare le migrazioni fenomeno strutturale che va affrontato in Europa. Attenzione: un’Europa che deve muoversi nel solco del principio della solidarietà fra paesi, rendendo obbligatoria l’accoglienza, perché chi sbarca a Lampedusa sbarca nell’Unione, e che superi veramente il Regolamento di Dublino, che lascia soli i paesi di primo approdo come il nostro. Questa doveva essere la battaglia di Meloni a Bruxelles e, invece, l’Italia ha pagato l’incapacità e la scarsa credibilità del Governo a livello europeo, dove è stato approvato un Patto che danneggia il nostro Paese e calpesta i diritti umani, compresi quelli dei minori. Dobbiamo puntare a chiedere canali di accesso legali e sicuri, efficaci anche per contrastare la tratta di esseri umani, e dobbiamo chiederli a livello europeo, così come a livello europeo dobbiamo pretendere una missione di soccorso in mare.

In che modo secondo lei deve cambiare la legge Bossi-Fini?

Una legge datata, farraginosa e che, dall’inizio, dimostrava di essere una norma criminogena capace solo di produrre irregolarità. Le dichiarazioni di Meloni sono evidentemente frutto della contingenza: siamo a tre giorni dal voto, questa è la verità. Come ricordato oggi dalla nostra Segretaria, stiamo lavorando da tempo, insieme alle associazioni, ad una riscrittura totale della Bossi-Fini. Sicuramente dobbiamo puntare ad un sistema che si basi sulla gestione degli ingressi regolari e a introdurre permessi temporanei per garantire a chi è in Italia in cerca di lavoro – e direi anche in Europa – di poterlo fare.

Secondo lei è una mossa per il rush finale della campagna elettorale, per coprire magari i ritardi nell’avvio dei centri in Albania?

Assolutamente sì. La presidente del Consiglio ha organizzato una nuova passerella elettorale, dopo quella di ieri col provvedimento farsa sulle liste d’attesa nella sanità. Come raccontato dai parlamentari del Pd che si sono recati in Albania poche settimane fa, questo centro non esiste. Meglio: è solo un centro di propaganda elettorale per la destra, che investe risorse che potevano essere destinate al Servizio sanitario e non alla violazione dei diritti per un piano cinico.

Il governo ha anche approvato nuove misure per lo smaltimento delle liste d’attesa. Le Regioni però non solo si sono lamentate per non essere state consultate, ma hanno detto che senza coperture è praticamente un libro dei sogni. Cosa ne pensa?

Un provvedimento senza un euro. Se il Governo avesse voluto sostenere il Servizio sanitario, di cui fino ad oggi si è disinteressato per favorire una strisciante privatizzazione, bastava che sostenesse la proposta di legge Schlein, che non è un intervento bandiera come il loro, avanzato per tentare di inseguirci su questo tema, ma un vero e proprio provvedimento strutturale. Noi chiediamo di portare, in cinque anni, al 7.5% del Pil l’investimento nella sanità, in media con l’Europa, e eliminare il tetto di spesa per il personale, perché servono nuove assunzioni. E poi vogliamo che sia speso fino all’ultimo euro per la medicina territoriale, come previsto dal Pnrr. C’è un limite a tutto, anche alla campagna elettorale. E questo limite la destra lo ha superato, usando a fine di propaganda un tema così delicato come quello della salute e della cura.

Lei ha la delega alle Politiche agricole e alimentari del Pd ed è componente della Commissione agricoltura al Parlamento Europeo. Sono stati mesi caldi di proteste degli agricoltori in Europa. Come si fa a fare in modo che la transizione ecologica non spaventi e, soprattutto, che non lasci indietro i più deboli?

Le proteste degli agricoltori hanno avuto il merito di portare al centro del dibattito europeo il tema agricolo, una questione che riguarda tutti. Perché l’accesso al cibo sano e nutriente deve essere un diritto e perché gli agricoltori sono i primi custodi dell’ambiente, minacciato dal cambiamento climatico, come del resto la nostra salute. Ma il problema degli agricoltori è soprattutto il reddito. Noi dobbiamo fare in modo che sia protetto durante tutta la filiera agroalimentare. Al livello europeo, dobbiamo riformare la Pac – un terzo del bilancio comunitario – perché i finanziamenti arrivino anche ai piccoli e medi agricoltori. E dobbiamo sostenerli, poi, nella transizione, che garantisce un futuro alla stessa agricoltura. Ma la transizione deve essere sostenibile sul piano sociale. Per gli agricoltori, ma direi più in generale per le imprese e per le famiglie, soprattutto le più fragili economicamente. Per questo va accresciuta la dotazione degli strumenti finanziari europei a sostegno della transizione giusta, sulla scia di quanto fatto da altre potenze come gli Usa e la Cina.

Lei ha detto che gli agricoltori non sono contro il Green Deal. Quali sono gli errori che sono stati commessi fino ad ora e quali politiche servirebbero invece?

La destra ha soffiato sul fuoco del malessere – comprensibile – del mondo agricolo. E qui mi faccia ricordare che il Commissario all’agricoltura Wojciechowski siede nel gruppo europeo presieduto da Meloni, l’Ecr. Come dicevo le ragioni delle proteste risiedono nella questione del reddito degli agricoltori, stretto tra un costo delle materie prime crescente e le pressioni della grande distribuzione, che meriterebbe le risposte cui accennavo prima. È passata però la vulgata del Green Deal ‘nemico'
dell’agricoltura. Ma non esiste contrapposizione fra ambiente e agricoltura: l’agricoltura è la prima vittima dei cambiamenti climatici. E le misure del Green Deal ancora non hanno toccato terreno. C’è, insomma, un lavoro serio da fare: riforma della Pac, protezione del reddito agricolo, contrasto alle pratiche sleali, protezione della qualità delle nostre produzioni, sostegno a chi attua la transizione.

Tajani ancora una volta ha escluso un’alleanza con la Lega a livello europeo. Dal canto suo Ursula von der Leyen ha aperto a un accordo tra il Partito Popolare Europeo (Ppe) e Fratelli d'Italia di Meloni. Lei vede possibile un’alleanza di questo tipo? O pensa che Meloni deciderà alla fine di accogliere l'invito di Le Pen a fondere Ecr e Id in un grande gruppo di estrema destra? Cosa succederà insomma dopo il voto?

Lo sapremo solo dopo il voto. Questa discussione è comunque un ulteriore campanello di allarme sulla posta in gioco in queste elezioni: il rischio della fine dell’Europa della solidarietà e della coesione, il ritorno dei nazionalismi che hanno prodotto i drammi che ben conosciamo, il deragliamento dell’Ue verso un radicalismo di destra dal recente passato anti-europeista. Insomma il prevalere dell’idea che ciascuno stato si possa salvare da solo. Una visione antistorica e inefficace di fronte alle sfide che abbiamo di fronte. Per questo mi auguro che le elezioni europee vedano innanzitutto una grande partecipazione di cittadini e cittadine e, poi, un’affermazione netta delle forze socialiste e democratiche. In ballo c’è il nostro futuro, dell’Europa e dunque dell’Italia.

Perché nel vostro programma si parla della necessità di una Difesa comune europea? È davvero possibile che l’Europa arrivi a parlare con una voce sola per la risoluzione dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente?

Una politica estera e di difesa comuni sono necessarie se vogliamo un’Europa sempre più protagonista nel mondo come forza di pace. Pensiamo al coordinamento e quindi alla razionalizzazione delle spese militari: un modo per superare i diversi sistemi nazionali, la corsa al riarmo dei singoli stati, cioè quella impostazione figlia della terribile epoca dei nazionalismi. Questo coordinamento può essere anche un mezzo per razionalizzare appunto la spesa, liberando risorse da destinare a sanità e istruzione, ad esempio. Va poi superato il principio dell’unanimità in Consiglio: la prossima legislatura dovrà intervenire anche su questo. Sono convinta che l’Europa possa arrivare a "parlare" con una sola voce, credibile e incisiva per la risoluzione dei conflitti e per la sua stessa sicurezza. Anzi, farlo è una precisa responsabilità storica europea, perché l’Ue sia appunto la voce unitaria della pace, della coesione, del rispetto dei diritti.

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