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Lassini, dopo i manifesti di Milano: ”Se mi arrabbio ho tanto da raccontare”

Lassini ha messo la firma sui manifesti “Via le Br dalle procure”. E’ in corsa per il Consiglio comunale del capoluogo lombardo per il PdL e fa sapere di non volere rinunciare alla sua candidatura, nonostante gli sia stato chiesto dalla stessa Moratti.
A cura di Biagio Chiariello
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Ex sindaco democristiano di Turbigno, paese dell'hinterland milanese. Presidente dell’Associazione “dalla parte della democrazia”. Candidato alle elezioni comunali di Milano per il PdL. E' questo l'identikit di Roberto Lassini, salito alle cronache nazionali, per aver messo la firma sui manifesti "Via le Br dalle procure" che hanno tappezzato il capoluogo lombardo, e in particolare i muri nelle vicinanze del palazzo di giustizia milanese, la scorsa settimana. Il risultato di questa bravata? Un indagine dalla procura di Milano per vilipendio dell’ordine giudiziario, che vede coinvolte anche altre due persone. Agli atti dell'inchiesta sono finiti anche altri manifesti che recitavano: "toghe rosse. ingiustizia per tutti", oltre all'intervista che Lassini ha concesso domenica a Il Giornale nella quale, l'ex sindaco ha rivendicato il gesto ("una provocazione. Esagerata, ma tale"). Sulle pagine del quotidiano di Belpietro si legge di "un uomo", appena sposato con un bambino di pochi mesi, "che ha vissuto sulla sua pelle la violenza dei Pm politicizzati, arroganti intoccabili" ("eversivi" avrebbe detto Berlusconi). Lassini “venne arrestato nel 1993 nel pieno di Tangentopoli dai Pm della Procura di Milano. Era un giovane sindaco dell’hinterland. Subì 50 giorni di carcerazione e cinque di calvario giudiziario. Una vita rovinata sul piano politico e personale. Risultato :assolto, era completamente innocente”.

Nell'intervista, però, Lassini non chiarisce dove ha reperito il contante, parecchie di migliaia di euro (c’è chi parla di 70mila), per affiggere i manifesti. Ieri l'ex sindaco di è detto "esterrefatto" dell'intervento del Presidente della Repubblica, Napolitano sul caso ("Si sta toccando il fondo"). Tuttavia ci tiene a precisare che non ritirerà la sua candidatura elettorale. Ciò nonostante l'invito ad uscire di scena sia giunto direttamente dal Popolo della Liberta, nella persona di Letizia Moratti e del coordinatore regionale del partito, Mario Mantovani. "Non mi ritiro dalla lista del Pdl di Milano" ha annunciato Lassini subito dopo la notizia delle indagini. "Lassini non è iscritto al Pdl" ha chiarito da parte sua Mantovani.

Stamane Repubblica ha riportato le nuove, rabbiose dichiarazioni di Lassini sull'accaduto: "Sono pronto a resistere. Se mi arrabbio ho tanto da raccontare". E ancora: "Mi escludono perché sono indagato per un presunto reato di opinione mentre in Parlamento ci sono ladri condannati. Non parlo solo del PdL, ma di tutti i partiti. Io sono stato assolto dopo cinque anni di processo ai tempi di Mani Pulite e vengo messo alla gogna". Ma ci tiene a precisare di non volere fare "un passo indietro" come suggeritogli da Mantovani.

Anche per Daniela Santanché, Lassini può continuare la sua corsa per il Consiglio comunale a Milano. Del resto "ci sono cose più gravi per cui scandalizzarsi" di una provocazione come quella sulle Br, dice al Corriere della Sera il sottosegretario all'attuazione del programma e fedelissima del Premier. Alla fine "se la vicenda è così grave prenderà zero voti e non sarà eletto in Consiglio comunale" aggiunge la Santanché.

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