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Covid 19

L’approccio di Meloni e Salvini ai vaccini è irresponsabile e non c’entra nulla col pensiero critico

Fino a che punto è tollerabile un comportamento ambiguo rispetto a uno strumento che può salvare decine di migliaia di vite? Fino a che punto due fra i maggiori leader politici del Paese possono continuare ad avere posizioni ambivalenti e strumentali sulla vaccinazione, in spregio a ogni evidenza scientifica? È il momento di dire che un politico dovrebbe mostrare maggiore responsabilità.
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Se anche un leader propenso alla mediazione e al compromesso come Mario Draghi perde la pazienza, davvero è il segno che la misura è colma. C’è evidentemente un limite oltre il quale nessun leader politico dovrebbe andare ed è rappresentato dalla sicurezza collettiva, dalla tutela della salute di milioni di cittadini. Con il loro atteggiamento ambiguo e superficiale sulla questione delle vaccinazioni, Salvini e Meloni sono a un passo dal superarlo e il Presidente del Consiglio ha scelto un modo piuttosto diretto di sottolinearlo, ribadendo che ogni appello a non vaccinarsi è “sostanzialmente un appello a morire” e che in gioco vi sono migliaia di vite umane.

Dopo un anno e mezzo di sofferenze e privazioni, è il tempo della responsabilità e dell’onestà intellettuale. Continuare a giocare una partita per il consenso, strizzando l’occhio ai tanti italiani confusi e spaventati, è irresponsabile e gravissimo, una vera e propria scommessa elettorale sulla vita delle persone. Sono mesi che Matteo Salvini e Giorgia Meloni si muovono su un crinale pericoloso, che alimenta insicurezza e ambiguità. Mesi di utilizzo parziale e semplicistico delle informazioni scientifiche, di dichiarazioni poco chiare e spesso allusive, mesi di gestione improvvida dell'enorme consenso di cui godono, che si traduce in una grande responsabilità che stanno scegliendo di non esercitare. Non rendendosi conto che c'è grande differenza fra le osservazioni sulla gestione della campagna vaccinale (o le critiche sul green pass) e la continua delegittimazione dell'operato delle istituzioni sanitarie e della comunità scientifica.

Formalmente i due leader della destra italiana sono favorevoli alla vaccinazione contro la Covid-19, anche se ancora non hanno ricevuto la prima somministrazione. (Aggiornamento: Matteo Salvini ha ricevuto questa mattina la prima dose di vaccino a Milano, a quanto si apprende da fonti interne della Lega). La loro, però, è una comunicazione ambigua e ipocrita, attenta più a preservare le simpatie del fronte No Vax (che immaginano piuttosto consistente, evidentemente) che non a esercitare un non meglio specificato pensiero critico. Entrambi parlano della vaccinazione come una scelta personale, contribuendo nei fatti al ridimensionamento del valore di un gesto che è sia individuale che collettivo. Non si tratta di proteggere noi stessi, non si tratta di “scegliere se rischiare o meno” di prendere la Covid-19, non si tratta di usare il bilancino per determinare il singolo rischio di infezione, ospedalizzazione o morte. Siamo in una fase in cui vaccinarsi è un atto individuale e collettivo al tempo stesso, è cura di se stessi e dell’altro, è un gesto di responsabilità sociale che protegge la comunità e soprattutto i più deboli e a rischio.

Peraltro, le “perplessità” espresse più volte da Salvini e Meloni su sicurezza ed efficacia della strategia vaccinale tradiscono un utilizzo strumentale ed errato delle evidenze scientifiche. La leader di Fratelli d’Italia, ad esempio, continua a battere su un punto: vuole sapere se i vaccinati continuano a essere in grado di trasmettere l’infezione o meno. Una questione certamente fondamentale dal punto di vista della gestione dell’epidemia e su cui non abbiamo ancora una risposta definitiva (gli studi pre Delta dimostrano comunque che la vaccinazione riduce la carica virale nelle persone infettate), ma che nulla c’entra con la decisione di vaccinarsi o meno, proprio perché non siamo ancora nella fase del liberi tutti, della riconquista della libertà dalle misure di contenimento del contagio (tutt’al più l’incertezza sulla contagiosità dei vaccinati dovrebbe consigliare maggiore prudenza nei comportamenti, ad esempio continuando a usare la mascherina al chiuso). Discorso simile per quel che riguarda le percentuali dei contagi fra i vaccinati in relazione al totale, frutto di un approccio "rivedibile" alla matematica e alla logica in generale.

Insistere su questo punto, però, significa anche instillare il dubbio che i vaccini non servano perché non in grado di prevenire i contagi: una falsità, dati alla mano, che aumenta la sfiducia nei confronti di uno strumento che diventa vitale con la variante Delta, che ha altissimi livelli di trasmissibilità. E che può impattare in maniera seria anche sulle giovani generazioni, malgrado le minimizzazioni di Matteo Salvini sullo stile “mio figlio non rischia la terapia intensiva”, oppure “dai 60 anni in su è sicuramente conveniente vaccinarsi”. È molto discutibile pensare che la vaccinazione sia uno strumento utile solo alle categorie più fragili, non solo perché si lascerebbe il virus libero di circolare, ma anche per ragioni oggettive e, per così dire, "individuali". Il professor Shane Crotty lo ha spiegato nel modo più chiaro possibile: “A questo punto, o sei vaccinato oppure prenderai la Delta. E che tu sia adulto o anziano, quando prendi la delta da non vaccinato, la probabilità di finire in ospedale è la più alta rispetto a qualunque altra malattia tu abbia mai preso in tutta la tua vita”. Nello specifico, lasciare milioni di giovani senza protezione vaccinale li espone al rischio di contrarre la malattia e di subire gli effetti della cosiddetta long Covid, che la dottoressa Gurdasani riassume in questo thread che dovreste leggere:

Ci sarebbe molto da dire poi sull’atteggiamento e sulle esternazioni degli altri esponenti di Lega e Fratelli d’Italia, che provano a seguire la linea di Salvini e Meloni senza averne le capacità dialettiche e l’equilibrismo concettuale. La questione è però molto più semplice: al punto in cui siamo e per le evidenze scientifiche accumulate, mettere in dubbio direttamente o indirettamente la sicurezza e l’efficacia dei vaccini è pericoloso e irresponsabile. Rallentare la campagna vaccinale di massa, peraltro chiedendo la cancellazione delle restrizioni sulla scorta dei dati "attuali" di occupazione delle terapie intensive (come fa improvvidamente Salvini), significa rinviare anche la data di uscita dalla pandemia, rischiare che il virus muti ancora e mettere in pericolo non solo la sicurezza degli italiani, ma anche quella di chi vive in nazioni con minore possibilità di accesso ai vaccini.

Le mistificazioni, la disinformazione e le strumentalizzazioni politiche non hanno nulla a che vedere col “pensiero critico” o con la libertà di scelta, anzi inficiano alla radice il sacrosanto diritto di autodeterminarsi, anche per quanto concerne la tutela della propria salute. Non c'è libertà di scelta senza consapevolezza e conoscenza, non c'è pensiero critico nella tossicità della disinformazione e delle strumentalizzazioni. Non è dissenso, è negazione della realtà, è interpretazione errata delle evidenze scientifiche. Un politico dovrebbe essere più responsabile e avere cura del suo ruolo, specie se in gioco vi sono milioni di vite.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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