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L’App Immuni compie un anno: meno di 100mila notifiche, solo 10 milioni di download

L’applicazione, lanciata a inizio giugno 2020, era stata annunciata come uno straordinario strumento per circoscrivere i focolai di contagi. Dopo dodici mesi il bilancio è deficitario: 10 milioni e mezzo di italiani l’hanno installata sul proprio smartphone. Ma i messaggi sulle esposizioni sospette sono troppo pochi.
A cura di Stefano Iannaccone
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Un compleanno senza troppe feste, con i download a rilento e un numero di notifiche inviate, inchiodate sotto quota 100mila. L’applicazione Immuni celebra il primo anniversario dal suo lancio, sancendo un bilancio deficitario. Era l’1 giugno 2020, infatti, quando il governo comunicava la possibilità di scaricare l’app dagli appositi store online. L’obiettivo era ambizioso: dotare il Paese di un sistema di tracciamento digitale in grado di circoscrivere i focolai di Covid-19. Superati i dubbi sulla privacy, il meccanismo è stato lanciato con tanto di campagne di comunicazione. Per mesi l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, chiedeva agli italiani di installare sugli smartphone l’applicazione.

Dopo dodici mesi, i numeri sono tutt’altro che lusinghieri: i download sono stati, in totale, quasi 10 milioni e 500mila, il 19,6% della popolazione, secondo le cifre ufficiali. E non è certo questo l’unico problema: in un Paese, dove ci sono stati oltre 4 milioni di contagi accertati, quelli segnalati su Immuni si fermano sotto la soglia dei 19mila. Un dato che fa riferimento a chi ha caricato le proprie chiavi nel sistema. Ancora più significativo il fatto che siano state meno di 100mila, esattamente 98.569, le notifiche inviate sugli smartphone per esposizioni sospette. Nemmeno la pubblicità di Immuni ha spinto la diffusione dell’app. A novembre 2020, il governo Conte bis – attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria – ha stanziato oltre 34mila euro per stimolare l'utilizzo dell'app. Ci sono stati anche spot con testimonial, che hanno lanciato messaggi a favore del download. L’allora commissario all’emergenza, Domenico Arcuri, ha cercato in tutti i modi per potenziare lo strumento. Salvo poi ammettere: “Non ha sortito gli effetti sperati”.

Ma tra dubbi e vari malfunzionamenti, la sfiducia popolare non è mai diminuita. Anzi. A dicembre scorso veniva celebrato il traguardo dei 10 milioni di download. Sei mesi dopo, a giugno, il ritmo è stato inferiore a 100mila al mese, visto che non è stato raggiunto il target dei 10 milioni e mezzo. Senza dimenticare un aspetto: tanti utenti hanno deciso di rinunciare all’applicazione, disinstallandola dai propri dispositivi. Basta fare un giro tra la recensioni sugli store online per capire la delusione dei cittadini, che in molti casi etichettano l’app come inutile. Così, settimana dopo settimana, anche i ministri più interessati alla questione hanno lasciato cadere lo strumento nel dimenticatoio. Così si spiegano i dati sulle notifiche delle ultime settimane, sempre più orientate verso il basso. È pur vero che la curva del contagio rallenta, ma d’altra parte le notifiche inviate per esposizioni sospette sono sotto le 50 giornaliere. Davvero poche: si parla di un Paese, in cui, nonostante la flessione, ci sono almeno 3mila casi al giorno.

Viene dunque da chiedersi che fine abbia fatto l’app. “È una buona domanda, alla quale dovrebbe rispondere il ministro dell’Innovazione tecnologica, Vittorio Colao, che ha preso il posto di Paola Pisano”, dice a Fanpage.it Leda Volpi, ex 5 Stelle, e ora deputata di L’Alternativa c’è, che si era già interessata della questione. “Più in generale – ragiona la parlamentare – possiamo dire che come esperienza si è trattata sicuramente di un’occasione persa. In particolare le Regioni non hanno investito in maniera adeguata nell’assunzione di personale che si occupasse del tracciamento, né hanno voluto formare adeguatamente il personale medico”. Uno dei problemi, infatti, è che “molto spesso gli operatori delle Asl o non chiedevano niente sull’app Immuni ai pazienti o non sapevano caricare il codice sulle piattaforme informatiche”.

Una questione per cui è stata individuata una soluzione: da aprileè possibile segnalare la positività in autonomia”, riferisce la pagina Facebook di Immuni. In come modo? Basta aggiornare “l’app all'ultima versione e utilizza il Cun (Codice univoco nazionale, ndr), associato all’esito positivo del tampone molecolare”. Un ulteriore tentativo di rilanciare lo strumento. Volpi ricorda anche che, rispondendo a una sua interrogazione alla Camera, il ministro della Salute, Roberto Speranza, annunciò la creazione di un call center. Ed effettivamente il decreto Ristori ha messo a disposizione 4 milioni di euro per il contact center: uno per il 2020 e i restanti 3 per il 2021. Così, a marzo 2021, sul sito del governo è stato pubblicato un bando, dal valore di 234mila euro per l’assegnazione dei “servizi di assistenza utenti App Immuni mediante adesione alla Convenzione Consip per servizi di contact center in outsourcing”.

Di fronte a questa situazione non proprio soddisfacente, si parla ora di una sorta di restyling di Immuni. Sull’app sarà inviato, salvo problemi, il certificato per viaggiare, attestando l’avvenuta vaccinazione o la negatività a un tampone 48 ore prima del viaggio. Una prospettiva che viene accolta con soddisfazione da un altro deputato, il dem Gian Mario Fragomeli, molto attivo sulla questione: “Spero che Immuni venga utilizzata per la green card”. La novità, tuttavia, non cancella le criticità passate e presenti: “Abbiamo usato autocertificazioni cartacee – osserva il parlamentare del Pd – da mandare al macero ogni volta che uscivamo di casa. L’app sarebbe stata utile per portare con sé le autocertificazioni, in formato digitale, ma avrebbe potuto fungere anche da collettore per ricevere informazioni sui decreti. Non aver digitalizzato le procedure non ci consente di avere una banca dati digitale, che sarebbe stata utile per attivare adeguate politiche di contenimento”.

In questo senso, ragiona Fragomeli, “il Covid, nonostante tutto, rappresentava un’occasione per sviluppare strumenti digitali. Invece continuiamo a sommare dei ritardi, che impattano in maniera negativa sulla qualità della vita delle persone, ancora di più in tempi di pandemia”. E il motivo è rintracciabile nell’eterna incomunicabilità tra strutture: “In questo Paese si ragiona per Ministeri e non per servizi ai cittadini. Bastava che ogni Ministero indicasse come poter sviluppare i servizi su Immuni, la Salute per i contagi, i Trasporti per gli spostamenti e così via. Praticamente tutti i cittadini avrebbero scaricato l’app, che di conseguenza avrebbe ottenuto ben altri risultati diventando uno strumento fondamentale”. Invece, un anno dopo, bisogna reinventarsi qualche modo per tenere in vita Immuni.

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