Pochi mesi dopo la riforma del lavoro targata Matteo Renzi, di lavoro sui media e nell'agenda politica non si parla quasi più. Scomparse le proteste degli operai, come quelle delle partite Iva, o chi si affida ai nuovi contratti – e i mille assunti interinali in Fiat che fine hanno fatto? No, ora è il momento dell'Europa, della Grecia, dei rifugiati e – udite udite – il governo ha deciso di tagliare le tasse, e questo sarà probabilmente il tormentone dell'estate.
Ma è cambiato in meglio il mondo del lavoro? Proprio no. La disoccupazione giovanile è sempre al 43%. C'è la dura realtà dei supermercati. Ci sono le finte partite Iva negli uffici. E i contratti a progetto cancellati da Matteo Renzi, che fine faranno? Quali sono i rischi dei nuovi contratti indeterminati senza più articolo 18? Nell'Italia del 2015, dopo la riforma del lavoro di Matteo Renzi, la domanda sembra essere la stessa: "Come possono difendere i propri diritti sul lavoro i giovani oggi?"
È una domanda che i giovani non sanno a chi rivolgere. I tre sindacati di maggioranza, Cgil, Cisl e Uil, hanno subito nell'ultimo anno le più pesanti sconfitte da sempre. C'è stata la riforma dei contratti, la cancellazione dell'articolo 18. Le recenti disposizioni sul controllo a distanza dei lavoratori. Ora la riforma della scuola, mentre i primi dati dell'avvio di nuovi contratti indeterminati – quelli, appunto, senza più articolo 18 – mostrano una crescita nell'utilizzo di questa modalità.
Insomma, sembra che il tempo dei sindacati sia definitivamente tramontato. Dopotutto le fabbriche, le mense aziendali, le catene di montaggio, non esistono più – almeno secondo Sergio Marchionne – assieme al sogno di una casa, una macchina e le vacanze al mare d'estate. Viviamo in un mondo diverso, veloce, connesso e flessibile, dove non c'è più alcuna certezza. Dove per i giovani non c’è lavoro, e in cui tantissimi emigrano ogni anno. In questa realtà i sindacati coi loro leader sessantenni e le bandierine, perdono facilmente lo scontro con Renzi sul terreno della modernità.
Eppure, con o senza sindacati in gioco, la domanda rimane: "Come possono difendere i propri diritti sul lavoro i giovani oggi?". A cercare di dare una risposta, di recente, sembrano essere in tanti. A cominciare dal leader della Fiom, Maurizio Landini, che ha fondato il movimento Coalizione Sociale, in cui un assemblea il 6 e il 7 giugno scorso ha raccolto 800 partecipanti, 300 organizzazioni aderenti e 200 interventi.
Il sindacalista dei metalmeccanici sembra aver bene individuato il cuore del problema fra giovani e sindacati: "Serve un ritorno alle origini, quando, nell'800, i lavoratori strapparono il diritto a coalizzarsi", ha detto sul palco dell'evento. "Rispondere ai problemi che le persone oggi hanno e che sono quelli di non avere lavoro, non avere casa, il problema di non potersi curare e non poter studiare. E questo non è richiudibile dentro una dimensione di destra, centro o sinistra".
L'affermazione, detta da un leader sindacale, è coraggiosa. Insomma, l'idea è che serva una rottura definitiva col vecchio sistema dei sindacati, per poter intercettare i giovani, e anche per poter capire come "curare" i loro mali in un mondo del lavoro molto difficile da comprendere rispetto alle fabbriche. Per questo, forse, Landini ha anche chiuso la porta alla recente proposta della leader della Cgil Susanna Camusso, alla ricostruzione di un'unità sindacale: "Non è sommando semplicemente Cgil, Cisl e Uil che i sindacati usciranno dalla crisi come negli anni '70", ha affermato Landini. "Serve una riforma profonda delle organizzazioni sindacali perché il mondo del lavoro oggi è frantumato e non ha rappresentanza".
Riformare i sindacati, certo, non sembra un'impresa semplice. Se in Cgil si consuma la guerra fra Landini e Camusso, la Uil è totalmente scomparsa dai radar. La Cisl è stata travolta dallo scandalo della pensione d'oro del suo ex leader Raffaele Bonanni, costretto alle dimissioni. I sindacati di base, invece, che negli ultimi anni hanno portato avanti alcune fra le più importanti battaglie sindacali, faticano a fare quel passo in più verso le dimensioni maggioritarie.
Fuori da questi recinti, nel mondo del lavoro giovane, c'è la solitudine. "Bisogna rompere le solitudini non solo di chi rischia di perdere l'assemblea sindacale, ma anche di chi, come me, con la partita Iva che lavora da casa ha bisogno di spazi di discussione collettiva… abbiamo bisogno di quei 5 minuti per dire qualcosa". Queste parole, che spiegano bene il rapporto fra giovani e sindacati, è tratto dall'intervento di Claudio Riccio, membro di ATC (agire, trasformare, costruire) di Bari, sul palco di Coalizione Sociale.
Riccio è un esponente non da poco dei giovani precari, lui che fu candidato (prendendo la bellezza di 20.000 voti) alle scorse elezioni europee nella lista l'Altra Europa per Tsipras, diventata nota per il bikini di Paola Bacchiddu, ma soprattutto per la scelta della leader Barbara Spinelli di accettare il seggio europeo dopo avere promesso il contrario. Già, perché se è vero che ripensare le organizzazioni sindacali deve uscire fuori dai recinti di destra e sinistra, come ha affermato Landini, è anche vero che per movimenti e partiti di sinistra questa è la questione fondamentale.
Può esserlo, ad esempio, per il movimento "Possibile" creato di recente da Pippo Civati, parlamentare fuoriuscito dal Pd in collisione con Matteo Renzi. A lui, ora, potrebbero affiancarsi altri due fuoriusciti celebri dal Pd: Stefano Fassina, che dell'area lavoro era responsabile nel Pd, e Sergio Cofferati, ex leader della Cgil di cui si ricorda la manifestazione a Roma del 2002, contro l'abolizione dell'articolo 18, che portò in piazza tre milioni di persone. Le premesse perché "Possibile", che si ispira al "Podemos" spagnolo, possa occuparsi concretamente anche di lavoro sono dunque buone, anche se finora il testo di Civati ne parla solo in riferimento alle pari opportunità.
La strada per la riforma dei sindacati sembra ora più tortuosa che mai. Non manca Matteo Renzi, la cui affermazione sulla necessità di un “sindacato unico” ha suscitato molte polemiche. Ma allora dove deve andare il sindacato? Perché il paradosso, oggi, è che abbiamo i sindacati più deboli di sempre, assieme a un’enorme quantità di persone, a una generazione, che di essere difesa sul lavoro ha un bisogno disperato.
Basta pensare al nuovo contratto indeterminato, senza articolo 18, che apre scenari ancora impossibili da prevedere. Garantirà davvero un mutuo? E quanti verranno licenziati nei primi tre anni di lavoro? Garantisce stipendi migliori? Tutte queste domande sono senza risposta, e questo dovrebbe rappresentare una grande opportunità per i sindacati.
Insomma, forse è il caso di smettere di pensare a cosa serve al sindacato per trovare i giovani, o per battere Matteo Renzi. La vera domanda è: cosa serve ai giovani per essere difesi sul lavoro? Nella speranza che qualcuno, sia Coalizione Sociale, Possibile, i sindacati di base o i vecchi Cgil, Cisl e Uil, riesca a capirlo.