“Renzi non ha il consenso delle persone oneste” è uscita infelice, offensiva ed inutile. Landini probabilmente avrebbe fatto meglio a scusarsi chiaramente, piuttosto che prodursi in un triplo salto mortale carpiato: “Mai pensato – come mi viene attribuito da alcuni mezzi di informazione – che Renzi non ha il consenso degli onesti, ho detto – e ribadisco – che il premier non ha il consenso della maggioranza delle persone che lavorano o che il lavoro lo cercano e che sono nella parte onesta del paese che paga le tasse”. Scuse che avrebbero probabilmente contribuito a stemperare i toni e a spuntare l’arma dell’indignazione a comando e del vittimismo di cui renziani di ogni tipo si stanno servendo per depotenziare le stesse rivendicazioni dei sindacati. Secondo un canovaccio ormai consueto ed utilizzato anche in occasione della decisione della Cgil di proclamare lo sciopero generale per il 5 dicembre (a proposito, dove sono le scuse ed i mea culpa per gli insulti al Sindacato, ora che la mobilitazione è stata spostata al 12 dicembre?).
Certo è che sulla deriva del dibattito politico si è detto fin troppo, anche se è singolare notare “la memoria corta” di commentatori ed analisti. Non serve ritornare ai tempi del Cavaliere e del suo “non credo ci siano in giro così tanti coglioni che votino a sinistra”, basta fermarsi alle ultime settimane, fatte di “salvinate”, “grillismi”, ma anche di “gufi, rosiconi”, di uova usate per fare le crepes, di sindacalisti che pensano solo “a trovare ragioni per scioperare” e via discorrendo (a meno che non intendiate fare una classifica della gravità dell'insulto eh). Il punto è che si è accettato, anche con un certo compiacimento, di trasformare il dibattito politico in uno scontro fra tifoserie; un’arena in cui (quasi) tutto è concesso, in cui è possibile liquidare questioni complesse con una battuta, uno slogan, una slide, magari. E lo specchio di tale situazione è un Parlamento continuamente marginalizzato da fiducie e decretazioni d’urgenza, che è ormai un palcoscenico per le (rare) passerelle di ministri e sottosegretari e per le (frequenti) sceneggiate leghiste e grilline.