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Il caso Cospito

L’anarchico Cospito continuerà lo sciopero della fame: “Mi opporrò al Tso, mi legheranno al letto”

L’anarchico Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis, proseguirà lo sciopero della fame cominciato tre mesi fa fino alla fine: “Saranno costretti a legarmi nel letto – scrive al suo avvocato – mi opporrò con tutte le forze all’alimentazione forzata”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Lo stato di salute di Alfredo Cospito, in sciopero della fame dallo scorso 19 ottobre, è sempre più precario. L'anarchico detenuto al 41 bis, che ormai da mesi ha riportato – almeno parzialmente – al centro del dibattito pubblico la questione della proporzionalità della pena e del carcere duro, ha parlato oggi con il proprio avvocato, lanciando un messaggio molto chiaro: andrà avanti con la sua protesta fino alla fine, costi quel che costi. "Il sottoscritto Alfredo Cospito comunica al proprio avvocato Flavio Rossi Albertini che in pieno possesso delle mie capacità mentali mi opporrò con tutte le forze all'alimentazione forzata", scrive l'anarchico in un messaggio.

"Saranno costretti a legarmi nel letto – continua – Dico questo perché ultimamente mi è stata adombrata la possibilità di un trattamento sanitario obbligatorio". E attacca: "Alla loro spietatezza e accanimento opporrò la mia forza, tenacia e la volontà di un anarchico e rivoluzionario cosciente". Cospito promette: "Andrò avanti fino alla fine. Contro il 41 bis e l'ergastolo ostativo. La vita non ha senso in questa tomba per vivi".

Oltre a ricevere questo messaggio, il legale di Cospito oggi ha anche parlato con la dottoressa Angelica Melia, medico di parte, che ha visitato il detenuto in carcere a Sassari: "Siamo al bivio, da un momento all'altro può crollare, siamo sull'orlo del precipizio – ha riferito la dottoressa – Gli ho sconsigliato di camminare nell'ora d'aria perché consumando ulteriori energie potrebbe far precipitare la situazione".

Ieri il Garante dei detenuti, Mauro Palma, ha ribadito: "Il 41bis nasce come una modalità per interrompere le comunicazioni con le organizzazioni criminali di appartenenza e in questo senso non è solo giusto, ma addirittura doveroso". Ma "quando diventa una modalità carceraria meramente afflittiva, il cosiddetto ‘carcere duro', allora non è più accettabile". Il punto di partenza è "il rispetto della dignità delle persone – ha continuato – e il ‘carcere duro', le privazioni dei diritti, non hanno nulla a che vedere con le finalità iniziali del 41 bis".

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