La vita di Giovanni Senzani dopo le Brigate Rosse: cosa fa oggi l’ex brigatista
Giovanni Senzani, ex criminologo e docente, è stato un membro di spicco delle Brigate rosse. Al suo nome si collega soprattutto il coinvolgimento nell'omicidio di Roberto Peci, operaio di 25 anni, nel 1981. Il fratello di Roberto, Patrizio Peci, era un altro brigatista che fu arrestato e decise di diventare un collaboratore di giustizia. Si trattò del primo caso di ‘pentito' tra le fila delle Brigate rosse, il fratello Roberto fu probabilmente rapito e ucciso per ritorsione.
Senzani condusse per anni una doppia vita: da una parte lavorava al ministero di Grazia e Giustizia come consulente e conduceva incarichi accademici nelle università di Firenze e Siena, dall'altra operava ai vertici delle Brigate rosse. Fu sposato con Anna Fenzi, sorella dell'ex brigatista Enrico Fenzi, e poi restò vedovo. Ha avuto due figlie.
L'arresto di Giovanni Senzani dopo l'esecuzione di Roberto Peci
Roberto Peci fu ucciso il 3 agosto 1981 con undici colpi di mitra, dopo 53 giorni di prigionia e un "processo proletario". Sia la durata del rapimento, sia il numero di proiettili usato, sono estremamente simili a quelli dell'omicidio di Aldo Moro, risalente a circa tre anni prima. Senzani venne arrestato l'anno dopo, il 9 gennaio 1982, a Roma.
I suoi contatti con le Br erano noti, o almeno sospettabili, fin dal 1978, quando era stata intercettata una sua telefonata a un docente universitario e medico chirurgo di Genova. Nella conversazione, Senzani chiedeva informazioni su un brigatista rimasto ferito durante un'operazione a Torino. In seguito a questa telefonata, Senzani era stato arrestato, ma poi rilasciato dopo appena tre giorni ed entrato in clandestinità.
L'arresto avvenne nel covo di via Unghetti, sulla Tiburtina. Qui furono rinvenute tracce di frequenti viaggi effettuati da Senzani a Parigi, nella scuola di lingue Hyperion, sospettata di essere una copertura per attività di terrorismo o di servizi segreti. "Quando sono stato arrestato non ero convinto che fosse finita, neanche all'inizio del carcere. Non ho patteggiato, ma non ho mai detto: che bello quello che ho fatto. Non sono pentito della mia vita, ho fatto quelle cose, mi accompagneranno sempre. È una ferita che non può guarire", ha detto Senzani in un'intervista a Panorama.
Cosa fa oggi l'ex brigatista: l'editoria e il film autobiografico
Nel 1999, dopo 17 anni di carcere, Senzani ottenne la semilibertà. Tornato a Firenze, trovò occupazione nella casa editrice Edizioni della battaglia, dove curò il coordinamento editoriale. Dopo cinque anni di libertà condizionale – con il divieto di uscire di casa dopo le 23 e l'obbligo di presentarsi due volte al mese in questura – nel febbraio 2010, a 68 anni, uscì definitivamente dal carcere.
"I giudici che m'hanno esaminato negli ultimi dieci anni hanno potuto constatare che sono una persona cambiata e infatti hanno sentenziato l'estinzione della pena. Sono stato in galera 23 anni. Ho riconosciuto i miei errori davanti al tribunale di sorveglianza", dichiarò Sanzani una volta uscito. "Ora sono un uomo libero. La politica del resto l'ho abbandonata da un pezzo, ma non le mie idee di sinistra".
Nel 2013 è uscito il film Sangue, girato dal regista Pippo Delbono, di cui fa parte anche Giovanni Senzani. Il film racconta la morte della madre del regista e quella della moglie di Senzani, avvenute a pochi giorni di distanza. Gian Carlo Caselli, ex magistrato, ha definito il film "indecente".
"Non cerco con questo film di riabilitarmi o di rieducarmi", ha detto Senzani. "Anche quando racconto del momento più drammatico dell'uccisione di Peci, io vivo la mia storia con dolore".