La versione di Ruby: “Berlusconi mi ha trattata con affetto, davanti ai pm ho inventato parecchio”
Karima El Mahroug, donna di origine marocchina nota al pubblico italiano come Ruby, è stata assolta oggi nell'ambito del processo Ruby ter che ha coinvolto anche Silvio Berlusconi, e domani presenterà la sua biografia. L'agenzia di stampa Adnkronos, in anteprima, ne ha preso visione e ha pubblicato alcuni stralci.
"Ho frequentato la casa del presidente Berlusconi", racconta El Mahroug, ma aggiungendo che ha anche "fatto la ragazza immagine, la cubista, la panettiera e la venditrice ambulante – a partire dai miei 9 anni – la bagnina – senza saper nuotare, l'estetista – senza aver alcuna qualifica. Avrei potuto fare la prostituta, ma non l'ho fatto". La prima serata ad Arcore, quando incontrò l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, fu il 14 febbraio 2010. ‘Ruby' aveva 17 anni. L'aneddoto è raccontato così:
"‘Buonasera signorina, ma quanto è bella. Stasera sarà mia ospite'. Mi risolsi con un sorriso, non sapevo cosa dire, ancora non sapevo niente della serata e soprattutto non aveva idea di chi potesse essere. Non leggevo i giornali, non mi interessavo di politica. Entrammo in una sala con ragazze bellissime, super curate con capelli perfetti. Io avevo i capelli un po' selvaggi, un pantalone nero, una canottierina".
Il primo incontro con Berlusconi e l'inizio della frequentazione
L'autrice continua: "Il presidente mi offrì il posto accanto a lui e gli occhi addosso delle altre ragazze un po' mi mettevano in imbarazzo. Iniziò la cena e mi fu chiesto di presentarmi: avevo la risposta già collaudata: ‘Mi chiamo Ruby Hayek, sono metà egiziana e metà brasiliana, ho ventiquattro anni. Mia madre è una cantante famosa in Egitto'. Una cena intervallata da barzellette, canzoni cantate dal padrone di casa, tanto vociare. lo continuavo a sentirmi fuori luogo".
Il racconto prosegue spiegando che in quella prima serata ‘Ruby' se ne andò in anticipo: "Non so di che parlare, mi sento un po' a disagio e poi è San Valentino e vorrei fare una sorpresa al mio fidanzato". Alla sua richiesta, Berlusconi rispose: "‘Va bene vai pure, ci vedremo una prossima volta'. Mi chiese il numero di telefono, mi chiamò un taxi e mi diede una busta. La prima serata ad Arcore finì così. In macchina aprii la busta con quattro biglietti da cinquecento euro. Ero al settimo cielo, potevo mandare dei soldi a mia madre e stare tranquilla".
Così iniziò la frequentazione, e anche "con una certa regolarità", tanto da "ambiare radicalmente il mio tenore di vita; riuscivo a mandare dei soldi a mia madre, a mantenermi e a prendermi cura di me. Le serate ad Arcore erano tutte quasi uguali, la cena sempre con lo stesso menù a base di tricolore, il dopo cena nella sala sottostante la sala da pranzo, ormai nota a tutti come ‘bunga bunga'".
Cos'era il ‘bunga bunga' nelle serate ad Arcore
Il libro racconta che durante le cene "l'atmosfera era falsamente allegra, con un retrogusto di tristezza. Ridevano tutti moltissimo, esageratamente. Le ragazze facevano a gara per essere le più belle, le più sexy, in una competizione tutta loro dalla quale io ero esclusa; erano loro per prime a ritenermi ‘diversa', una zingara, dicevano. Gli ospiti al tavolo non erano sempre gli stessi. Alcuni andavano via subito dopo cena, altri si fermavano".
Dopo la cena, "c'erano esibizioni, balletti sexy, travestimenti, spogliarelli. Io mi sono esibita ballando la danza del ventre più di una volta, indossando un vestito regalato al presidente da Gheddafi. Ballare con un vestito così prezioso mi inorgogliva, mi faceva sentire importante. Speciale".
In alcuni casi, El Mahroug racconta di essere anche rimasta ospite per la notte ad Arcore: "Era molto piacevole rimanere, perché, al mattino, il momento della colazione era il più interessante. Il presidente raccontava la sua vita, discuteva di temi a me molto lontani, ne ero affascinata. Era un mondo così importante il suo e mi sembrava incredibile poterne in qualche modo, anche lontanamente, farne parte. Mi sentivo trattare con dignità, direi come un'interlocutrice degna. Sono stata sempre trattata con molto garbo e, credo, con affetto sincero".
Le testimonianze ai pm: "Inventavo parecchio, non pensavo mi credessero"
Un aspetto che non sopportava, dice, era "il clima di avidità che si respirava e non mi sapevo spiegare – e rimane per me un mistero anche adesso – come facesse lui a fidarsi di tutte quelle persone o a volerle solo intorno. Comprendo perfettamente che questa osservazione possa, a ben vedere, valere anche per me, ma io mi sono sempre sentita diversa. Non ho mai vissuto il mio partecipare alle cene come un lavoro. Lo trovavo un immenso privilegio. Mi ha aiutato, senza chiedere niente in cambio".
Il libro parla anche del primo incontro con i pubblici ministeri di Milano, Antonio Sangermano e Pietro Forno, che raccolsero informazioni per le indagini sulle serate ad Arcore: "Le conversazioni e le domande erano diventate spiacevoli, incalzanti; iniziai i miei racconti strampalati quando mi accorsi di non essere io il centro dei loro interessi; per un senso di sfida e anche un po' per noia". Karima El Mahroug sostiene quindi di aver inventato quelle testimonianze: "Le mie storie erano assurde e non pensavo credessero a tutte le cose che palesemente inventavo. Soprattutto, non conoscevo le possibili conseguenze di quello che raccontavo. Parlavo, a ruota libera. Inventavo. Parecchio. Coloravo, ogni volta con particolari sempre più precisi. Con nomi, cognomi, situazioni: le più fantasiose. Ho raccontato di una notte con Ronaldo e credo di aver detto anche che Brad Pitt voleva adottarmi".