La vendetta del governo sul Superbonus: aumentano le tasse per chi vende una casa rifatta col 110 percento
Non è un mistero che il governo consideri il Superbonus 110 percento una vera e propria sciagura, per le casse pubbliche. "Un disastro, la più grande truffa ai danni dello Stato", lo ha definito Giorgia Meloni. Adesso, nella legge di bilancio che sta per arrivare in parlamento, l'esecutivo prova a riprendersi almeno una minima parte dei soldi che – secondo la lettura dei detrattori – il governo Conte bis avrebbe sperperato, con il maxi incentivo per la ristrutturazione green degli immobili.
Nelle bozze della manovra circolate nelle ultime ore, infatti, si trova una misura che potrebbe colpire il portafoglio di molti, tra coloro che hanno sfruttato il Superbonus. All'articolo 18 del testo, infatti, vengono inseriti, nell'elenco delle plusvalenze soggette a imposta sul reddito, i guadagni realizzati dalla vendita di "beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020". Cioè i lavori fatti, usando il 110.
Le plusvalenze da Superbonus
In pratica, quando la manovra sarà approvata, se il prezzo della vendita di un immobile ristrutturato con il Superbonus sarà superiore al suo valore, la differenza sarà considerata una plusvalenza e tassata con l'imposta sostitutiva del reddito, attualmente fissata al 26 percento. Ci sono però alcuni importanti paletti: la norma non coinvolge le prime case, né per quelle ricevute in eredità. Inoltre, affinché si applichi, la cessione deve avvenire entro cinque anni dalla conclusione dei lavori.
L'imposizione quindi dovrebbe valere solo dalla seconda casa in poi e solo in caso di cessione a stretto giro, per colpire soprattutto quanti hanno usufruito del 110 percento, senza averne reale necessità, almeno secondo la valutazione del governo. Tuttavia, la principale novità, si trova poco più avanti nel testo, sempre all'articolo 18 della legge di bilancio.
Il nuovo calcolo delle plusvalenze
Già oggi infatti, le cessioni ‘vantaggiose' di beni immobili – acquistati, costruiti o ricevuti in donazione da non più di cinque anni – sono considerate plusvalenze e sottoposte a tassazione del 26 percento. Ma come si valuta se una transazione rientra in questa categoria? Si considera la differenza tra il corrispettivo ricevuto per la vendita della casa e quello che era stato il prezzo di acquisto o di costruzione (rivalutato secondo l'inflazione). A quest'ultimo parametro, però, viene aggiunto "ogni altro costo inerente al bene medesimo".
Detto in altre parole, normalmente se una casa è stata ristrutturata, ha subito interventi di efficientamento energetico etc… questi costi vengono conteggiati, per calcolare il valore complessivo dell'immobile, facendo chiaramente diminuire o annullare la differenza, con il prezzo di vendita. Ecco, per gli immobili coinvolti nell'operazione Superbonus, i costi dei lavori invece non sarà così. O meglio, varranno soltanto se il proprietario ha detratto l'incentivo dalle proprie imposte. Ma non si considereranno, se invece ha scelto lo sconto in fattura o la cessione del credito, opzione preferita dalla gran parte degli italiani.
Le conseguenze sono abbastanza semplici da comprendere. Se, nel caso di cessione, ai fini fiscali il peso dei lavori del 110 percento non contribuisce a determinare il costo dell'immobile, è maggiore la probabilità che questo sia più basso, rispetto al prezzo di vendita. È chiaro infatti che se ho ristrutturato una casa con il centodieci percento, il suo peso sul mercato aumenterà. Ma se dal punto di vista fiscale, quest'intervento non conta, il valore storico dell'immobile rimarrà lo stesso, aumenterà la differenza con il prezzo di vendita, e la conseguente possibile plusvalenza.
Su questa base ‘artificiale', sarà considerato l'imponibile della plusvalenza, soggetto a tassazione. Per rimarcare l'aspetto redistributivo della misura, nella manovra si stabilisce che le eventuali maggiori entrate derivanti dalla sua attuazione saranno destinate al fondo per la riduzione della pressione fiscale. Il tesoretto dedicato ad abbassare le tasse, asciugato dopo che vi si è attinto per avviare la riforma dell'Irpef.