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Elezioni europee 2024

La Vardera (Libertà): “Giovani sardi e siciliani stanchi di essere isolati. Salvini e Meloni mi hanno deluso”

L’ex Iena Ismaele La Vardera corre nella lista Libertà di Cateno De Luca: “I giovani delle isole chiedono di essere isolani e non isolati. L’Europa dovrebbe garantire la libertà di movimento a tutti alle stesse condizioni, e non sarà il ponte sullo Stretto che ridurrà questo divario”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Giornalista, ex inviato de Le Iene, oggi vicepresidente vicario della Commissione antimafia siciliana e capogruppo all’Ars di Sud chiama Nord, Ismaele La Vardera, 30 anni, è il candidato più giovane nella circoscrizione Isole, e corre nella lista Libertà di Cateno De Luca per le elezioni europee che si terranno l’8 e il 9 giugno.

Lei è il candidato più giovane della circoscrizione “Isole”. Quali sono le politiche per i giovani che intende portare avanti per la Sardegna e la Sicilia? Quali sono le urgenze?

I giovani delle isole chiedono di essere isolani e non isolati. Chiedono alla politica il diritto di restare nella terra in cui sono nati. Anche io a 20 anni sono stato costretto a lasciare la Sicilia per andare a vivere a Milano con la beffa che per tornare a casa dovevo pagare salassi di aerei. Ecco l’Europa dovrebbe garantire la libertà di movimento a tutti alle stesse condizioni, e non sarà il ponte sullo Stretto che ridurrà questo divario. Bisogna parlare di corridoio Berlino Palermo. Sia la Sicilia e la Sardegna hanno bisogno di cose normali. Infrastrutture, trasporti, e soprattutto sanità efficiente.

Ha cominciato a fare politica da giovanissimo. Ha iniziato come rappresentante d’istituto in un liceo palermitano, poi è passato alla consulta provinciale studentesca. E a 23 anni è arrivata la candidatura a sindaco, sostenuto dal centrodestra, da Fratelli d’Italia e Lega. Come mai dopo quell’esperienza si è avvicinato a Sud Chiama Nord di Cateno De Luca, che ha individuato proprio in Salvini il suo principale avversario? 

Si, ho iniziato a 16 anni a fare il rappresentante del liceo Dolci di Brancaccio, il quartiere di padre Pino Puglisi, rappresentare le istanze dei ragazzi è stata una ottima scuola per imparare a fare rappresentanza democratica, poi a 19 anni mi sono candidato a Villabate in provincia di Palermo, ottenendo tantissime preferenze. A 23 anni dopo diverse esperienze di attivismo sociale, sono stato notato da Matteo Salvini e dall’attuale premier Giorgia Meloni e proposto come candidato sindaco della quinta città d’Italia, Palermo. Ho avuto a che fare con due big della politica nazionale, rimanendo completamente deluso. A volte penso che se fossi rimasto con loro oggi probabilmente avrei un ruolo di governo, visto che sono stato scelto in un momento storico in cui Fratelli d’Italia era al 3% nazionale. Ma ho deciso di cambiare completamente aria, ho trovato soprattutto in Salvini una maschera di assoluta e becera propaganda.

Durante la usa campagna elettorale a sindaco nel 2017 è stata molto contestata la sua scelta di documentare quell’esperienza per farne un docufilm. La accusarono di aver preso in giro gli elettori, le dissero che la sua candidatura era stata solo un bluff. Come si concluse quella vicenda? Lo rifarebbe oggi?

Contrastato da chi? Da quelli che avevano qualcosa da nascondere. Ricordo che la stampa internazionale e parte di quella nazionale hanno apprezzato il film come una grande forma di trasparenza della politica. Un documento unico dove sono riuscito perfino a documentare il voto di scambio propostomi da un boss della mafia che grazie ad una mia denuncia è stato arrestato. Realizzare un film sulla mia candidatura a sindaco raccontando i meccanismi occulti dalla politica è stato un servizio che ho reso ai cittadini, ma soprattutto ricordo che la mia candidatura era assolutamente autentica così come ha confermato un giudice in una sentenza. A rendere la politica una scatola trasparente che male c’è?

Lo spettro dell’astensionismo agita queste elezioni. Secondo un sondaggio Piave Digital Agency realizzato per Fanpage.it la percentuale di affluenza sarà del 51%. Molto bassa. Secondo lei una candidatura come la sua, un volto televisivo, ex inviato delle Iene, potrebbe essere attrattiva per le fasce più giovani di elettori? Vuole fare un appello?

Ricordo che oltre ad essere una ex iena, oggi sono deputato al Parlamento siciliano vicepresidente della commissione antimafia, ma soprattutto tra i deputati più produttivi in termini di atti parlamentari e presenza in aula. In buona sostanza ho dimostrato che oltre ad aver avuto un passato da giornalista che rivendico con orgoglio, sto onorando il mandato affidatomi da oltre 7mila elettori. Il mio elettorato è assolutamente giovanile, grazie alla capacità di raccontare la politica con un linguaggio semplice e smart che arriva immediatamente anche a chi capisce poco di politica. Molti ragazzi mi scrivono che non vanno a votare da anni e che andranno a farlo grazie a me, questo già per me è una vittoria in un momento così drammatico per la democrazia in termini di partecipazione elettorale e di credibilità.

Ha mandato una lettera alla presidente del Parlamento europeo Metsola, per segnalare la situazione dell’eurodeputato Milazzo, che ha assunto tra i suoi collaboratori un condannato in via definitiva a 5 anni per mafia, Carmelo Frisenna. Ha ottenuto risposte?

No, martedì l’ho annunciata alla stampa, ieri è partita la missiva ufficiale. Ma c’è da dire che sia dal Parlamento europeo, che da Fratelli d’Italia, che dallo stesso Milazzo c’è un preoccupante silenzio. Mi auguro che una cosa così grave venga chiarita immediatamente da Milazzo. Questa storia però apre un altro tema importantissimo: come mai un organo come il Parlamento europeo non chiede i casellari giudiziari della gente cui dà i soldi, anche se scelti dagli stessi deputati? Possiamo permetterci di dare soldi pubblici a condannati per mafia? Siamo al paradosso più totale. Mi auguro che qualcuno dia delle risposte a queste domande.

Dopo l’indagine aperta per peculato, truffa aggravata ai danni dell’Ars e false attestazioni sulla presenza in servizio di un dipendente pubblico, l’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè ha rinunciato all’auto blu. Perché la considera una sua vittoria?

Perché posso dimostrare che da quando è scoppiato il caso Migliorisi e auto blu, sono stato uno dei pochi che ha chiesto a gran voce di togliere l'auto blu ai past president. Un inutile privilegio che poi nel caso di Miccichè, si è mostrato veniva usato per trasportare persino i gatti, parenti e suppellettili. Una vergogna. La considero però una vittoria a metà, perché probabilmente sotto pressione dei media e del sottoscritto Miccichè ha consegnato auto blu, sarebbe stato un bel gesto se fosse stato l’attuale presidente del Parlamento a togliere l’auto blu. Veda, questo non è solo populismo ma è un fatto dirompente e attuale; inutile chiedersi perché la gente non va più a votare se poi accadono fatti come quelli di Miccichè. La moralizzazione della politica dovrebbe essere un fatto assolutamente urgente nell’Agenda politica di questo Paese.

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