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Opinioni

La tagliola della Boldrini e la guerra “incivile” che non serve a nessuno

La scelta di Laura Boldrini è grave e gravida di conseguenze. E porta al muro contro muro in Parlamento e nel Paese: una guerra incivile che non serve a nessuno. E che copre i limiti di Governo, maggioranza e partiti.
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La decisione di applicare la ghigliottina, o tagliola che dir si voglia, per la prima volta nella storia repubblicana costituisce ovviamente uno dei punti più controversi dell'intera legislatura. E Laura Boldrini ha deciso di assumersi una responsabilità enorme, consentendo al Governo di portare a casa un provvedimento decisamente discutibile, relegando l'opposizione a "mero soprammobile della democrazia parlamentare" e creando un precedente che potrebbe avere conseguenze enormi sul futuro della dialettica parlamentare. Infine, la Presidente della Camera ha evidentemente accelerato un processo di contestazione radicale e violenta della politica nel suo complesso, conoscendo ovviamente le conseguenze di una lampante forzatura procedurale. Insomma, di fronte alle difficoltà del Governo, alla lentezza della maggioranza, alle oggettive difficoltà di digerire un provvedimento controverso (ci limitiamo a questo aggettivo) e all'organizzazione dell'opposizione, la Boldrini ha operato una scelta. Chiara, netta. Una scelta di campo della quale deve assumersi ogni responsabilità.

Da qui, le interpretazioni divergono ed i due estremi sono ben rappresentati, a parere di chi scrive, dalle considerazioni di Salvatore Merlo su Repubblica e di Andrea Scanzi sul Fattoquotidiano. Per il primo, "la presidente Boldrini ha sconfitto l'ostruzionismo grillino con le regole, con l'orologio della democrazia, con la velocità del diritto"; per il secondo, "del comunismo, evidentemente, la gentil signora pare aver imparato unicamente il veterofemminismo caricaturale e l’intolleranza zdanovista per il dissenso". In mezzo c'è tutto il resto: dal vittimismo esasperato dei grillini ("regime", "dittatura", "fascisti" sono le parole più frequenti), al paradossale orgoglio dei democratici (pensate cosa sarebbe successo se al posto della Boldrini ci fosse stato Schifani e se invece del Bankitalia – Imu una legge ad personam), dai deliri di onnipotenza di chi invoca nuove marce su Roma o la difesa della patria minacciata dal regime, alla crisi di identità di Sinistra Ecologia e Libertà (manifesta nel post pubblicato su fb dal profilo ufficiale in cui si parla di "gravi responsabilità del Governo nell’imporre un calendario ingestibile per la conversione del decreto Imu-Bankitalia").

Ma soprattutto in mezzo c'è stato un dibattito parlamentare che ha toccato livelli minimi di decenza e che rappresenta una ferita altrettanto grave alla credibilità stessa delle istituzioni. Dopo il "Napolitano boia" di Sorial, abbiamo assistito ad interventi tra il farneticante ed il provocatorio, abbondantemente conditi da insulti di ogni tipo, a "dotte citazioni" come il "boia chi molla" di Tofalo, a gesti ridicoli più che scandalosi (il "s…" alla presidenza dell'improponibile Segoni), ad assalti ai banchi del Governo, a sit in e cartelli sventolati ad ogni occasione, all'intonazione di Bella Ciao da parte di deputati Sel – Pd (ma "resistenza" a cosa?), al clima da guerriglia nelle Commissioni, ai "presunti insulti sessisti" verso deputate del Pd con repliche deprecabili da parte di democratici e centristi. Su tutto e tutti spicca ovviamente il gesto di Dambruoso, che ha sdoganato anche il "contatto fisico", lo schiaffo, lo spintone: una vergogna cui rispondere con provvedimenti seri. Sempre ammesso che il deputato centrista non scelga di fare l'unica cosa onorevole: chiedere scusa e dimettersi.

Un clima figlio dell'esaurimento nervoso della politica, più che della fin troppo citata "esasperazione del Paese". E, del resto, ci sarebbe da meravigliarsi se le cose procedessero nella normalità, considerando le condizioni complessive del Sistema – Italia. Un Governo praticamente senza maggioranza nel Paese, al quale non credono nemmeno quelli che in teoria sarebbero gli azionisti di maggioranza. Una maggioranza parlamentare dal futuro incerto e dalle ambizioni insesistenti; un Parlamento esautorato di fatto e all'interno del quale coesistono spinte contrapposte ed inconciliabili; un evidente spostamento della sovranità all'esterno dei palazzi del potere politico (è fin troppo banale constatare come i 3 principali leader politici non siano parlamentari); una opposizione divisa come non mai, tra arrabbiati, giacobini, vandeani e comparse. E davvero dovremmo meravigliarci di ciò che accade quotidianamente a Palazzo Madama e Montecitorio?

Poi c'è il Movimento 5 Stelle, che merita decisamente un discorso a parte. È innegabile che la presenza dei grillini ed il loro (sacrosanto) iperattivismo abbia provocato l'affioramento delle mille contraddizioni del sistema politico tradizionale. Così come non ci sono dubbi sul fatto che la capacità di mobilitazione dei 5 Stelle, o meglio la loro volontà di trasferire il dibattito dalle aule alla pubblica opinione, sia un valore aggiunto di questa legislatura, oltre che base di ampliamento della pratica democratica. Però nei fatti sono state alcune scelte insensate ad aver causato una loro evidente marginalizzazione all'interno delle istituzioni e a perderci sono sostanzialmente i cittadini (un discorso lungo, approfondito qui). E però resta soprattutto il discorso della credibilità. Legata, come abbiamo avuto modo di scrivere, maniera indissolubile alla scissione dei due piani, quello della rappresentanza politica e della propaganda. Perché se questa classe politica e questo Governo non sono più credibili (e nella lettura di tanti italiani è già così), allo stesso tempo non si capisce il senso che abbiano richiami strumentali, interventi indecenti e sempre più livorosi, rabbiosi, accuse farneticanti e qualunquiste, demagogia e propaganda continua. Che hanno il solo risultato di legittimare la sindrome della riserva indiana e di contribuire a regalare l'immagine di uno "stato d'assedio" della politica. Con battaglie francamente velleitarie e buone solo a soddisfare l'impazienza di una parte dell'elettorato (ogni riferimento all'impeachment di Napolitano è voluto). Che si traducono in "incidenza zero" dell'operato dei 5 Stelle. Un lusso che il Paese non può permettersi.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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