C’è una strategia ben definita dietro la scelta di Elly Schlein di non replicare ai “dubbi” espressi da Giuseppe Conte su un percorso comune fra Partito democratico e Movimento 5 stelle. È una questione di priorità e di tempistiche, soprattutto. La segretaria del Pd ha scelto infatti di non entrare in quello che considera un dibattito prematuro e privo di reale interesse per i cittadini, per concentrarsi su aspetti che ritiene invece centrali.
Schlein ha la necessità di compattare il partito, di trovare un nuovo equilibrio fra esigenze e orientamenti diversi, in modo da concentrare le energie sull’opposizione al governo guidata da Giorgia Meloni. Non avrebbe senso, ragionano i suoi fedelissimi, gettarsi ora in una polemica tutta politicista su alleanze, equilibri di potere e guerre di posizionamento interne all’opposizione. Tanto più perché in vista non ci sono scadenze elettorali di fondamentale rilevanza e il primo vero test elettorale, le Europee, non richiede alcun tipo di accordo o di alleanza.
Insomma, c’è tempo per discutere con Conte e ci sarà modo per ragionare su una piattaforma programmatica comune con il Movimento 5 stelle. Affrontare ora la questione significherebbe agitare le acque anche in casa propria, dove non tutti sono disponibili a intraprendere un percorso che porti all’alleanza organica con i 5 stelle e le altre formazioni di sinistra.
C’è invece un punto su cui tutti nel Pd sembrano d’accordo ed è quello che Schlein intende stressare: l’opposizione senza sconti al governo di Giorgia Meloni, soprattutto su alcune questioni di grande impatto sociale e culturale. Non ci sono più le condizioni per ragionare in termini di alleanze larghe, di responsabilità collettiva e di approccio costruttivo (aka mortificazione delle proprie istanze in ragione di non meglio specificate emergenze). Nel Partito democratico tutti invece sono convinti che sia il tempo di un chiaro e netto posizionamento all’opposizione del governo di centrodestra. E che forse è il tempo di tornare a far sentire la propria voce su temi cari al proprio elettorato, dopo il lungo letargo lettiano e una campagna elettorale condotta con i giri del motore al minimo.
È esattamente il progetto di Elly Schlein, che pure ultimamente si è dedicata principalmente a un faticoso lavoro di ricucitura interno (che probabilmente non è ancora finito e che richiederà una certa e non scontata dose di "buona volontà" da tutte le parti in causa), schivando telecamere e taccuini, nella consapevolezza di essere già percepita come l'alternativa a Giorgia Meloni. Una linea che, almeno a giudicare dai sondaggi politici, sembra aver premiato e che è stata apprezzata anche dai suoi "avversari" interni al partito. Non è un caso che la risposta dei democratici sia stata compatta non solo sul 25 aprile e sul revisionismo spicciolo della destra, ma anche sui contenuti del decreto Lavoro. È il vero banco di prova per la segretaria democratica: mettere in campo un’azione efficace e profonda contro gli interventi del governo su un terreno dove il Pd ha la necessità di recuperare credito e consenso. Si tratta di un passaggio cruciale per ricostruire non solo l’immagine del partito, ma anche quella cinghia di trasmissione con la Cgil che si è sfilacciata negli ultimi anni.
La difesa degli interessi dei lavoratori e la contestazione radicale alle ricette della destra dovranno poi sposarsi con quell’investimento nel campo dei diritti civili e sociali che Schlein intende fare nella sua reggenza al Nazareno. È un raccordo che sarà cruciale per continuare ad alimentare quel dualismo con Giorgia Meloni che è il vero problema di Giuseppe Conte. Insomma, più che dichiarazioni di principio, l'idea è quella di ricercare un posizionamento netto sui temi, con scelte e dichiarazioni decise e precise, per coltivare credibilità come vera alternativa alla destra al governo. Con chi ci starà, dentro e fuori al Pd.