Mi chiamo Ringhio, e di notte sogghigno. Ho un fucile sotto al cuscino, che non mi fa dormire perché l'otturatore mi preme sulla nuca e così resto sveglio, da ventidue anni, aspettando un ladro.
Mi chiamo Ringhio, e questa notte ho sentito un rumore. Ho abbracciato il fucile e mirato al rumore. Ma ho bucato il televisore, che si era acceso per un contatto. Cinquemila euro di schermo al plasma bucati dalla paura di un ladro.
Mi chiamo Ringhio, ho smesso di guardare la tv e guardo solo il buco, preciso, tondo, bellissimo.
Mi chiamo Ringhio, e questa notte è entrato un ladro a casa mia. L'aspettavo da ventidue anni. Era magro, lungo lungo, l'ho mirato che era in cucina con il mio frigo aperto. Aveva un bastone in mano. Mi ha guardato come dire: "mi spari?" E io l'ho guardo come dire: "certo che ti sparo, sei in casa mia e mi hai aperto pure il frigo". Ed è morto così, senza neanche un lamento, quasi senza fare rumore. Speravo in una battaglia, o che almeno dicesse qualcosa. Speravo che fosse più difficile uccidere un uomo.
Mi chiamo Ringhio e ho acceso la luce. Era bianco come il cadavere che era, e disteso era ancora più lungo. Non sapevo cosa fare, chi chiamare, avrei voluto accendere la tv ma era bucata.
Mi chiamo Ringhio, ho aperto il frigo e preso due birre, poi mi sono disteso accanto al ladro e la sua gliel'ho messa accanto.
Mi chiamo Ringhio e l'ho riconosciuto, il signor ladro è Michelino, il figlio drogato della vicina del piano di sotto. Mi ricordo che una volta, era un ultimo dell'anno, gli comprai diecimila lire di fumo per festeggiare, c'erano ancora le lire, erano bei tempi.
Mi chiamo Ringhio e vorrei che Michelino si alzasse e bevesse la sua birra. Solo questo, ora vorrei.