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La stessa destra che difende i bambini ora vuole che crescano in carcere

In nome della sicurezza nazionale, che a quanto pare dipende da una manciata di furti, 24 bambini e chissà quanti altri in futuro non potranno avere un’infanzia normale. I bambini che la destra chiama in causa come vittime del gender, delle famiglie omogenitoriali, della gestazione per altri, del Genitore 1 e del Genitore 2, improvvisamente finiscono in secondo piano quando sulla loro pelle si può fare una bella legge demagogica che spinge sulla paura ingiustificata e sugli stereotipi contro l’etnia rom.
A cura di Jennifer Guerra
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Ben 24 bambini dovranno trascorrere la loro infanzia in carcere in nome della sicurezza nazionale. È questo il sottotesto della proposta di legge della Lega sul destino dei figli di 21 detenute negli istituti penitenziari italiani, dopo che il Pd ha ritirato una proposta sul tema presentata nella scorsa legislatura ma boicottata proprio dalla Lega. La legge, arrivata in commissione Giustizia della Camera, è stata infatti fortemente snaturata dalla nuova maggioranza, ad esempio prevedendo che una donna incinta possa essere detenuta in carcere in caso di recidiva.

Secondo la normativa vigente, le donne incinte o le madri con bambini di età inferiore ai tre anni possono essere detenute in istituti a custodia attenuata, gli Icam, che somigliano più a case-famiglia che a carceri e dove non ci sono sbarre. In alternativa, le detenute e i loro figli possono vivere in sezioni allestite all’interno degli istituti penitenziari veri e propri, ma capita anche che non vi siano aree attrezzate per la permanenza di un bambino, come nel carcere di Lecce, dove vive una donna con la figlia di due anni. La permanenza dei bambini dovrebbe essere più breve possibile, ma a volte si protrae anche per più di un anno. In generale, per le donne incinte o con figli piccoli si dovrebbero preferire misure alternative.

La legge del Pd oggi ritirata prevedeva ad esempio che si ricorresse all’Icam solo in casi di particolare gravità mentre per tutti gli altri casi c’erano le case protette. Questo non significa che le donne incinte devono godere di un’impunità speciale, ma che vista anche la bassa pericolosità dei reati per i quali di solito sono condannate, l’alternativa al carcere va ricercata nell’interesse dei minori. Secondo le testimonianze delle associazioni che si occupano di diritti di detenuti, la permanenza die bambini in carcere nei primi anni di vita porta infatti a conseguenze molto importanti, come a un vocabolario limitato, scarse capacità motorie, disagio psicologico e disturbi dell’apprendimento.

Nella scorsa legislatura, sembrava che la legge fosse a buon punto e mettesse d’accordo tutti, ma ora la Lega ha fatto un notevole passo indietro, sfruttando il clamore suscitato dai video virali delle borseggiatrici sulle metropolitane. Secondo il partito di Salvini, per queste donne la gravidanza non sarebbe altro che un espediente per sfuggire alla pena e un allentamento delle misure sulla detenzione delle donne incinte rappresenterebbe un incentivo a commettere reati. Senza contare gli stereotipi antiziganisti di questo ragionamento, nessun presunto allarme sociale giustifica la detenzione in carcere di bambini così piccoli. Come era ovvio a tutti fino a poco tempo fa, il punto della proposta di legge sulle detenute incinte e i loro figli non era l’impunità (che sarebbe in contrasto con la Costituzione), ma il benessere e la salvaguardia di bambini che non sono responsabili dei reati commessi dalle loro madri.

Ma questo basilare principio di dignità umana è stato stralciato dalla Lega per poter rilanciare ancora qualche mese di propaganda securitaria. In nome della sicurezza nazionale, che a quanto pare dipende da una manciata di furti, ventiquattro bambini e chissà quanti altri in futuro non potranno avere un’infanzia normale. I bambini che la destra chiama in causa come vittime del gender, delle famiglie omogenitoriali, della gestazione per altri, del Genitore 1 e del Genitore 2, improvvisamente finiscono in secondo piano quando sulla loro pelle si può fare una bella legge demagogica che spinge sulla paura ingiustificata e sugli stereotipi contro l’etnia rom.

Non che questo approccio sia tanto diverso da quello adottato in questi giorni con la trascrizione dei figli di coppie omosessuali nati all’estero: in nome di una guerra ideologica che decide a priori cosa è meglio per “i nostri bambini”, si finisce col privarli delle tutele più elementari. E così la proposta di legge della Lega di istituire il reato universale di surrogazione di maternità, che prevede che i bambini nati con questa pratica siano dati in adozione, né al genitore biologico né a quelli intenzionali, ma a una terza coppia con cui non c’è alcun legame.

D’altronde questo è un grande classico di chi si professa tanto a favore della vita, dei più piccoli, dei più deboli, dei più fragili, ma poi non riesce (o non gli interessa) a garantire il minimo indispensabile perché quella vita sia dignitosa, come sta accadendo negli stati americani dove si obbligano le donne a portare avanti una gravidanza mentre la povertà e la malnutrizione infantile raggiungono livelli che definiremmo da “terzo mondo” se accadessero in qualsiasi altra parte del pianeta.

Quindi quei bambini sempre in bocca a Salvini devono soddisfare determinate caratteristiche per essere considerati importanti? E diritti dei genitori tanto sbandierati valgono solo per alcuni genitori? Se il vero intesse fosse quello di prendersi cura di questi bambini e non di fare engagement su Twitter ricondividendo i video delle borseggiatrici di Milano, nessuno si impegnerebbe attivamente per farli restare nella cella di un carcere.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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