Referendum giustizia, quesito n.1: la spiegazione del testo e perchè votare Sì o No
La spiegazione del quesito n.1 sull'abrogazione della Legge Severino al Referendum sulla giustizia di oggi, domenica 12 giugno 2022: seggi aperti dalle 7:00 alle 23:00. Al voto oggi anche 1000 comuni in tutta Italia per le elezioni amministrative. Il referendum abrogativo sulla giustizia dovrà raggiungere il quorum del 50%+1 degli elettori per considerarsi valido. Il testo di ogni quesito, come di consueto, sarà presente su ciascuna scheda. Tuttavia non basterà per comprendere fino in fondo cosa si sta votando, data la natura tecnica del voto in questione, motivo per cui è importante arrivare al seggio ben preparati.
In particolare il primo quesito riguarda l'abolizione del Decreto Severino (il decreto legislativo n.235 del 2012), che prende il nome dall'allora ministra della Giustizia del governo Monti che lo firmò. Il testo che i cittadini devono decidere se abolire o meno riguarda le norme che ad oggi impediscono la partecipazione alle sfide elettorali per il parlamento europeo e italiano e alle elezioni locali di chi è stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri reati gravi. Sempre per queste condanne, se si è già stati eletti, si decade, perdendo il ruolo. Qualora si raggiungesse il quorum del 50%+1 degli aventi diritto e vincesse il "sì", quindi, verrebbe eliminato l’automatismo tra la condanna e il provvedimento amministrativo. Tornerebbe così in mano ai giudici, in ogni caso, la possibilità di decidere se applicare o meno l’interdizione dai pubblici uffici.
Primo quesito al referendum 12 giugno, la spiegazione del testo
Il testo del quesito referendario recita:
Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?
Si tratta quindi di decidere se abolire o meno il Decreto Severino. Quest'ultimo fa scattare il divieto di ricoprire incarichi di governo e di essere candidato o eletto alle elezioni per chiunque viene condannato in via definitiva per corruzione o altri reati gravi. Ha valore retroattivo, cioè scatta per ruoli assunti anche prima della condanna e prevede la sospensione della carica. Se la persona ha un ruolo in un ente territoriale (in pratica sindaci e consiglieri comunali o regionali), poi, basta anche una condanna in primo grado (e quindi non definitiva) per far scattare la sospensione. Quest'ultima può durare fino a 18 mesi.
I pro e i contro del Sì e del No
Per i promotori del referendum, che ovviamente sostengono il "sì" a questo quesito, il Decreto non avrebbe funzionato e risulterebbe immorale per sindaci e amministratori locali. "Nella stragrande maggioranza dei casi in cui la legge è stata applicata contro sindaci e amministratori locali – si legge sul sito della campagna referendaria per il "sì"– il pubblico ufficiale è stato sospeso, costretto alle dimissioni, o comunque danneggiato, e poi è stato assolto perché risultato innocente. La legge Severino ha esposto amministratori della cosa pubblica a indebite intrusioni nella vita politica".
Con l'abrogazione, però, verrebbe cancellato l'intero testo. Chi viene condannato con sentenza definitiva potrebbe andare avanti con il mandato e addirittura ricandidarsi. Sarebbe allora la magistratura a stabilire, caso per caso, se applicare o meno la pena dell'interdizione dai pubblici uffici, sospendendo i politici eletti o facendoli decadere direttamente dal loro ruolo.
Secondo il parlamentare del PD Stefano Ceccanti, esperto di costituzione, si tratta del "quesito intimamente più contraddittorio". Chi sostiene il "No", infatti, sottolinea che non viene abrogata solo la parte relativa alle sospensioni per sentenze non definitive (ritenuta problematica sia da centrodestra che centrosinistra), ma tutto il Decreto, determinando future ingiustizie. Se questo Decreto non ci fosse mai stato, viene ricordato, Silvio Berlusconi non sarebbe mai decaduto da parlamentare nel 2013 dopo la condanna definitiva per frode fiscale.