La Sicilia sull’orlo del baratro: Monti pressa Lombardo per le dimissioni
Scenari greci per la Sicilia. La Regione degli sprechi è quanto mai vicina alla voragine del fallimento, con un debito stimato dalla Corte dei Conti per oltre cinque miliardi di euro. Ma l'ammanco consolidato sarebbe molto più alto, ha avvertito qualche giorno fa Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria. La situazione è davvero critica e rischia di ripercuotersi in primis sui "pesci piccoli", dai dipendenti regionali ai pensionati della stessa Regione che saranno i primi a trovarsi senza stipendi in caso di default. Oggi è arrivata pure la notizia del declassamento operato da Moody's (tre notches). In tutto ciò c'è un Governatore che sembra assistere ad uno spettacolo quanto mai triste e desolante, in attesa delle annunciate dimissioni. Raffaele Lombardo dovrebbe lasciare il suo incarico entro il 31 luglio. Ma manterrà il suo impegno? Se lo è chiesto anche il premier Mario Monti, come enuncia una nota di Palazzo Chigi:
Il Presidente del Consiglio Mario Monti, facendosi interprete delle gravi preoccupazioni riguardo alla possibilità che la Sicilia possa andare in default a causa del proprio bilancio ha scritto una lettera al Presidente della Regione, Raffaele Lombardo per avere conferma dell'intenzione, dichiarata pubblicamente, di dimettersi il 31 luglio.
Infatti, le soluzioni che potrebbero essere prospettate per un'azione da parte dell'esecutivo non possono non tener conto della situazione di governo a livello regionale ma anzi devono essere commisurate ad essa, in modo da poter utilizzare gli strumenti più efficaci e adeguati".
Ma da Palazzo d'Orleans respingono le voci su un presunto default. E' l'assessore regionale al Bilancio, Gaetano Armao, che prova a sminuire quella che sembra davvero una voragine. La Regione siciliana «non è a rischio default», e lo dimostrerebbe il fatto che il bilancio è stato parificato dalla Corte dei Conti qualche giorno fa, «validando un bilancio in equilibrio». Poi «c'è chi fa cattiva informazione e scambia indebitamento per buco in bilancio» si limita a dire Armao.
Ma quanto è grave lo stato di salute della Regione Sicilia? Guardando alle stime del Sole 24 Ore, viene da pensare ad un malato terminale: «Il conto unico di tesoreria è a secco: in cassa qualche giorno fa c'erano 3 milioni soltanto. Il denaro per gli stipendi scarseggia. Le imprese fornitrici sono con l'acqua alla gola perché non vengono pagate» scrive Giuseppe Oddo sul quotidiano economico. Qualche giorno fa, la Corte dei Conti ha parlato di un quadro «allarmante con un debito regionale in continua crescita che tra novembre e dicembre 2011 ha visto attivare nuovi prestiti per 818 milioni di euro, determinando una complessiva esposizione a fine anno per circa 5 miliardi e 300 milioni, un debito destinato a salire malgrado l'impugnativa del commissario dello Stato».
Uno dei problemi sarebbero le «somme inesigibili» dei cosiddetti residui attivi, secondo lo stesso Lo Bello. Per "residui attivi" si intende le somme iscritte come entrate in bilancio, ma non ancora effettivamente riscosse dalla Regione. Un miriade di entrare presunte che ammonterebbero a 15,73 miliardi di euro. Una cifra gonfiatasi anno dopo anno dal 2000 in poi. Una montagna di "danaro fantasma" ripartita in somme “di parte corrente” (circa 8 miliardi), e somme “in conto capitale” (oltre 7 miliardi). E, questo è il problema, questa cifra è il frutto dell'accumulo progressivo di somme iscritte in bilancio, ma in realtà non in cassa e che dunque finiscono per "falsificare" l'esercizio contabile.
Ma al di là di tutto, il vero problema della Regione Sicilia è il clientelismo. Altrimenti non si spiegherebbero le assunzioni allegre e disinvolte dei camminatori, dei maestri di scii e snowboard, gente in carcere. Lo scrive chiaramente il Sole 24 Ore:
Il banchetto delle risorse pubbliche è finito, ma nessuno ha il coraggio di tagliare le spese, perché in Sicilia tutti i partiti campano di clientele, indistintamente. La politica dei favori non è né di destra né di sinistra, è sistemica, e la giunta Lombardo, nonostante l'appoggio del Pd, non ha fatto eccezione. Il presidente si dimette e lascia la Regione in mutande giocando allo scaricabarile, nel tentativo di addossare le proprie colpe a chi verrà dopo.