La settimana calda del governo Draghi tra l’incognita M5S sul decreto Aiuti, cannabis e ius scholae
Sarà una settimana complicata per il governo di Mario Draghi. C'è chi dice che siano solo rumori di sottofondo, i "teatrini" della politica, ma ad ogni modo le tensioni e le minacce di crisi popolano le prime pagine dei giornali da giorni. Dovrebbe essere al massimo giovedì il voto in Senato sul decreto Aiuti, che il governo ha blindato con la fiducia. Questa volta i Cinque Stelle non possono fare come alla Camera, cioè votare la fiducia e astenersi poi sul provvedimento. Anche senza i voti del Movimento il governo avrebbe comunque i numeri per incassare la fiducia, ma chiaramente si aprirebbe un problema politico non da poco.
Dopo la scissione di Luigi Di Maio, il governo Draghi può stare in piedi anche senza l'appoggio del M5s. Questo almeno per quanto riguarda i numeri in Parlamento. Ma chiaramente è molto più complicato di così. Già lo stesso Draghi aveva escluso l'ipotesi di un bis, mettendo in chiaro di non aver intenzione di guidare alcuna altra conformazione di governo in questa legislatura. Insomma, non c'è governo senza i Cinque Stelle, aveva messo in chiaro. Ora Giuseppe Conte però aspetta risposte, dopo il faccia a faccia tra i due, da cui potrebbe dipendere la permanenza tra i banchi del governo. Sul decreto Aiuti le criticità sono tante. C'è la questione dell'inceneritore di Roma, quella del reddito di cittadinanza, il Superbonus.
Ma i guai per Draghi non finiscono qui. In settimana devono anche riprendere gli esami delle proposte di legge sulla cannabis e sullo ius scholae, temi che continuano a essere divisivi per la maggioranza, con la destra che ha annunciato barricate. "Non mi interessano le dinamiche degli altri partiti di maggioranza. II governo va avanti se riesce a soddisfare le aspettative per cui è nato, e certamente non è nato per la droga libera o per dare la cittadinanza facile agli immigrati", ha detto Matteo Salvini.
Il Partito democratico da parte sua ha messo in chiaro: "È inopportuna ogni discussione su qualunque modifica della squadra di governo o del profilo della maggioranza: appoggi esterni, partiti che passano all'opposizione, tutto questo sancirebbe probabilmente la fine anticipata della legislatura", aveva detto Enrico Letta. Tra i dem, però, c'è chi è più netto del segretario. Il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini ha infatti detto che se Conte deciderà di uscire dal governo sarà la fine dell'alleanza giallorossa. Luca Zingaretti ha invece affermato che il leader M5s non sia più un "riferimento del progressismo".
Per l'opposizione, infine, è solo tanto rumore per niente: "Giovedì non accadrà nulla. Siamo di fronte a un'altra commedia degli inganni. Il M5s abbaierà molto, morderà un poco ma alla fine il governo andrà avanti più ammaccato di prima. Il vero problema è che i guai del M5S si riversano sul governo ed alla fine rischiano di scaricarsi sull'Italia", ha detto il capogruppo di Fratelli d'Italia Luca Ciriani.